I comuni del Carso italiano e sloveno inaugurano una Consulta transfrontaliera per una gestione integrata dell'area di confine. Nuovi strumenti per tempi nuovi
Nerio Nesladek, sindaco di Muggia, mi indica la carta del Comune che si trova nel suo ufficio: «Vedi - dice mostrandomi la parte completamente bianca oltre ai limiti amministrativi del suo Comune, dove in realtà c'è la Slovenia - continuiamo a ragionare su strumenti che ci costringono a pensare come se il mondo finisse sul confine». In effetti la frontiera tra Italia e Slovenia è caduta da un anno e mezzo ma non sono ancora molti gli atti concreti di effettivo cambiamento, in direzione di una comune costruzione del futuro dell'area del nostro confine nord-orientale. Mentre l'Euroregione Alto Adriatica continua ad essere un tema che viene evocato solo in termini di principio, un segnale positivo arriva proprio dai Comuni del Carso sloveno e italiano che si trovano a cavallo del confine della provincia di Trieste, e cioè la proposta di istituire una Consulta transfrontaliera.
Nesladek, ne è uno dei promotori e dei più convinti sostenitori. La proposta nasce dalla visione della Consulta come naturale prolungamento dell'esperienza consolidata della collaborazione che in questi anni si è sviluppata sia tra comuni transfrontalieri (ad es. Muggia e Koper/Capodistria, o Komen e Duino Aurisina/Devin Nabrežina) sia tra comuni della provincia di Trieste (ad es. Muggia, Dolina e Sgonico/Zgonik). Non manca però la consapevolezza che c'è un treno da non perdere: risulta infatti sempre più opportuna una regia tra i territori a cavallo dell'ex confine per sfruttare appieno le possibilità offerte dai fondi europei.
Nesladek però parla di un'ambizione più alta, per la quale la Consulta, anche grazie ai fondi europei, deve favorire un ragionamento in termini più ampi sull'integrazione del territorio del Carso: «nasce come tavolo di coordinamento e collegamento ma deve ambire a diventare organo di governo, trovare gli strumenti di legge che possano definire una vera e propria istituzione di co-decisione transfrontaliera su alcune questioni. L'importante è che si arrivi ad una struttura che possa prendere decisioni vincolanti, con valore "legale" per le istituzioni che vi partecipano».
Di fronte a questo obiettivo molto ambizioso vengono subito a mente alcune esperienze passate che non sono riuscite ad andare oltre alle pur belle dichiarazioni di principio. La collaborazione transfrontaliera nelle province di Trieste e Gorizia è stata infatti caratterizzata nel corso degli anni da varie iniziative, più o meno concrete, come definizione protocolli, stipula di convenzioni, tavoli tematici, accordi specifici di cooperazione. C'è chi ricorda formali accordi simili alla Consulta già nel 1989 (come accade in una lettera al quotidiano di Trieste Il Piccolo pubblicata il 28.04.09). Ma il richiamo esplicito più concreto è alla recente iniziativa del Distretto del Carso, frutto di un progetto finanziato sul Programma Interreg Italia-Slovenia nella precedente programmazione: esauriti i fondi, finito il progetto.
Dall'esperienza del Distretto del Carso invita a ripartire Erik Modic, collaboratore del sindaco di Komen e co-project manager del progetto transfrontaliero "Kraski okraj - Distretto del Carso": «Il progetto può essere considerato il primo pezzo di un mosaico, - afferma Modic - che si spera porti ad una sorta di regione europea transfrontaliera, una formale istituzione dell'intero Carso. Il Distretto del Carso è servito a due livelli: il primo politico, è stato cioè utile a far radicare l'idea del Carso come area comune e quindi della necessità della cooperazione; il secondo, più bottom level, è riuscito a coinvolgere molte persone nelle azioni concrete da portare avanti. Il Carso ora si può quindi affermare con una sua identità, come una vera e propria area specifica del centro Europa».
Il passaggio ad una visione del Carso come territorio unico sembra essersi radicata e viene evocata da tutti i partecipanti. Il sindaco di Duino-Aurisina, Giorgio Ret, sostiene che la Consulta per funzionare ha certamente bisogno di un «cappello alto, politico», ma in tutti c'è la consapevolezza della necessità di cooperare: «Non ha più senso un atteggiamento concorrenziale, e abbiamo ormai capito che siamo un tutt'uno come territorio. Al di là della politica, esiste un sentire diffuso tra la gente; la caduta definitiva del confine ha sicuramente reso più facile il collegamento tra le genti di confine, ha allentato le tensioni e ha ammorbidito certi ruoli politico-istituzionali. Ora la cooperazione possono farla direttamente i cittadini, dal basso, come ad esempio sta avvenendo tra gli imprenditori. C'è gran fermento sul territorio».
Tutti i sindaci sono però altrettanto consapevoli che la vera riuscita della Consulta sarà data sia dalla sua formalizzazione, sia dalla capacità di occuparsi e di incidere su cose concrete, che riguardano la vita quotidiana del territorio e dei cittadini. Quindi c'è la necessità di darsi una struttura (e l'intento è quello di finanziare la struttura con fondi europei) e soprattutto c'è la volontà di tutti di partire da problemi concreti e valutare come trovare soluzioni comuni, utili e vantaggiose per entrambi i lati del confine. «Fino ad ora - afferma ancora Ret - il lavoro era basato sul buon senso e sull'amicizia tra enti locali, sul comune sentire di uno sviluppo condiviso, ma ora la Consulta può dare il necessario cappello istituzionale per un'effettiva operatività congiunta».
Come formalizzare la Consulta transfrontaliera e come darle efficacia operativa è la principale criticità. Al momento si sono svolte alcune riunioni preparatorie (prima di una sosta forzata per le elezioni amministrative italiane che coinvolgevano alcuni Comuni del Carso triestino) e non manca certo la volontà. Esistono però delle oggettive difficoltà date anche dalle differenze legislative e di organizzazione istituzionale tra Italia e Slovenia. Tanto che Modic ritiene che sarebbe meglio prevedere per ora più che una vera e propria istituzionalizzazione, un "semi-formal body", a causa delle differenze legislative che devono essere tenute presenti.
Il problema della diversa organizzazione istituzionale e diversa suddivisione territoriale degli enti di governo, per la quale in Slovenia non è previsto un ente intermedio tra lo Stato e le Municipalità, pone problemi di interlocuzione politica e di competenze in alcuni settori. Il processo di decentramento regionale in Slovenia aiuterebbe la collaborazione transfrontaliera, ma in questo momento è fermo. Per la Consulta appare fondamentale un'armonizzazione delle leggi che la comune appartenenza all'UE potrebbe accelerare allo scopo di attivare una vera azione europea su territori contigui, come quello del Carso.
Finché non verrà risolto in qualche modo questo nodo giuridico, si pongono diverse questioni. Ad esempio a questo problema è legato il ruolo e la possibile partecipazione della Provincia di Trieste alla Consulta, visto che non esiste in Slovenia un interlocutore istituzionale di pari grado. Il Carso è diviso in due Stati, la parte italiana è suddivisa in vari livelli amministrativi, e la parte slovena è divisa in due Regioni statistiche. E a volte, si sa, non mancano anche problemi interni, per cui può capitare che sia più facile comunicare con i vicini transfrontalieri che non con i propri vicini dello stesso Stato.
A proposito di equilibri va segnalata l'assenza ai tavoli fino ad ora del Comune di Koper/Capodistria, ritenuto invece fondamentale, come è naturale, dal sindaco di Muggia. Nella parte italiana va invece sottolineata la partecipazione del Comune di Trieste alle riunione della Consulta, che, senza dubbio, rappresenta una novità positiva, dato che tradizionalmente la città, per dimensioni e per una certa "chiusura", è stata restia a una stretta collaborazione con i piccoli Comuni del Carso, sia italiani che sloveni. Tutti sottolineano che Trieste ha un ruolo importante, anche se oggettivamente l'operatività dei piccoli comuni transfrontalieri confinanti è più diretta e quotidiana. La presenza del Comune di Trieste pone dunque due questioni: una politica, non solo di volontà rispetto al passato ma di dimensione e quindi il peso che ha la città nell'equilibrio complessivo; una pratica, perché Trieste, benché abbia una zona carsica anche ampia, è un'area urbana con i suoi specifici problemi, mentre il Carso è una realtà rurale che ha problemi diversi a cui servono risposte mirate.
A queste questioni risponde volentieri l'assessore allo Sviluppo economico del Comune di Trieste, Paolo Rovis, presente e attivo alle riunioni dei tavoli: «Trieste per dimensioni ha una sorta di diritto/dovere a partecipare. La sua partecipazione è utile per un'offerta integrata, perché per la promozione del territorio il Carso non può prescindere da Trieste e Trieste non può prescindere dal Carso. La città ha certamente alcune peculiarità proprie, che possono essere attrattive e essere messe a servizio del territorio e fare da traino, e il suo entroterra ha altrettante peculiarità che si integrano e sono complementari a quelle della città». Non manca da parte di Rovis un richiamo anche di principio, per cui «bisogna superare le barriere, pensare il territorio come qualcosa di ampio, che va al di là delle singole specificità. Allargare la visione, significa quindi favorire una partecipazione di sistema, senza escludere».
Al di là dei buoni propositi, c'è in tutti la consapevolezza di dare subito concretezza alla Consulta, e i settori su cui lavorare sono molti. Dalle dichiarazioni riportate dai giornali locali emerge la volontà di lavorare sulla promozione turistica, sulla pianificazione, sull'ambiente, l'agricoltura, i prodotti tipici, le zone artigianali, le infrastrutture. La viabilità e i trasporti appaiono, nelle interviste raccolte, come gli elementi più pressanti, sia per la gestione dei passaggi transfrontalieri tra Koper e Muggia sia per il rafforzamento dell'asse viario tra Komen e Duino-Aurisina. Viene quindi richiamata la necessità di costruzione di infrastrutture (ad esempio il sovrappasso della ferrovia presso il confine San Pelagio-Gorjansko che permetterebbe la definizione di un asse viario di categoria internazionale tra Komen e Duino-Aurisina e aprirebbe un vera e propria alternativa dal Carso sloveno verso Monfalcone a metà strada tra Trieste e Gorizia), e la costituzione di linee di trasporto pubblico transfrontaliero (ad esempio viene ritenuta utile sia sui colli sovrastanti Muggia, come circolare transfrontaliera, sia un collegamento sulla via Stanjel-Komen-Aurisina).
Oltre alla promozione turistica e alle relative infrastrutture, altro tema prioritario è la gestione dei rifiuti, che si dovrebbe fondare su ampie sinergie (a Trieste c'è l'inceneritore che al contrario non esiste nell'area slovena e in Slovenia c'è l'impianto di gestione della differenziata che non c'è a Trieste), così come l'integrazione tra i Piani regolatori (ad es. sui siti delle antenne) ma anche l'energia, e le reti e servizi comuni (come l'acqua, le fognature, etc).
«Certo serve passare dalla buona volontà alla concretezza dell'azione amministrativa», sostiene il sindaco Ret. Possiamo dire che non è ancora ben chiaro cosa sarà effettivamente la Consulta transfrontaliera, ma sicuramente, oltre a essere fin da subito un ottimo strumento per attirare fondi europei, dovrà servire a cambiare il modo di vedere quest'area di confine e il modo di lavorare degli enti locali presenti in essa. «La strategia e il dialogo - sottolinea ancora l'Assessore Rovis - sono utili per passare da visioni specifiche a una visione comune integrata del futuro del territorio». E mentre Erik Modic richiama la necessità di uno "special planning" per il Carso, il sindaco Nesladek va oltre, e afferma: «La criticità maggiore è convincere tutti i partecipanti che dare vita alla Consulta transfrontaliera è una decisione che va oltre la partecipazione a singoli progetti europei, ma è una vera e propria scelta strategica». La Consulta transfrontaliera vista quindi come uno strumento per dare risposte concrete alla svolta epocale della caduta del confine: «Bisogna governare la transizione che fa passare il Carso dall'essere una realtà di Comuni "cintura", che facevano da cuscinetto tra la città di Trieste e la cortina di ferro, a una realtà di Comuni "cerniera", di apertura e collegamento verso un territorio ben più ampio».
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