Anche per il Caucaso meridionale è tempo di creare un patto di stabilità che tenga conto delle esperienze maturate nei Balcani
Di Sina Frank*, per Transitions Online, 30 gennaio 2008 (titolo originale: "Bring Back the Stability Pact").
Traduzione per Osservatorio sui Balcani: Carlo Dall'Asta
Armenia, Azerbaijan e Georgia sono spesso viste come un ponte ed un'area di transito tra Europa ed Asia. Ma questi Stati del Caucaso meridionale formano una fragile catena di regioni contraddistinte da un radicato separatismo, esposte a conflitti irrisolti, a livelli endemici di crimine e corruzione, all'estremismo, e al propagarsi dell'instabilità che incombe sul Medio Oriente, l'Iran e l'Afghanistan. Questi Paesi nel mondo dell'economia rimangono vie di passaggio piuttosto che soggetti economici di rilievo.
Al summit di Istanbul del 1999 dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, gli allora leader della regione iniziarono a premere per un'idea di cooperazione regionale per il Caucaso che aveva forti analogie con il Patto di stabilità per l'Europa Sud-orientale, che era stato ratificato a Sarajevo precedentemente in quello stesso anno. Non era chiaro che cosa i politici intendessero in termini operativi, eccetto per la formula del 3-3-2 che prese piede: tre rappresentanti per gli Stati del Caucaso meridionale, tre per i Paesi confinanti (Russia, Iran e Turchia), e due per i grandi attori esterni: Stati Uniti e Unione Europea.
Autorevoli think tank si schierarono a favore del piano, proponendo schemi più specifici e suscitando un certo interesse.
Dopo alcuni anni, però, da tutte le parti sembra essersi raffreddato il sostegno all'idea. Che sia già obsoleta? O i tempi sono maturi per incominciare a lavorare seriamente sul piano?
Per rispondere a questa domanda è utile esaminare la concezione del Patto di stabilità per l'Europa Sud-orientale e le esperienze fatte. Le lezioni già imparate e le migliori pratiche sono certamente un utile punto di riferimento per sviluppare un'iniziativa di stabilità per il Caucaso meridionale. Ci sono numerose similitudini tra le regioni. I Balcani e il Caucaso meridionale hanno all'incirca le stesse dimensioni ed entrambe le regioni, in preda ai conflitti, sono sommerse dalle difficoltà della transizione al post-comunismo, inclusi i problemi che sorgono dai mosaici etnici.
Ma bisogna tenere presente che ci sono importanti differenze.
I cosiddetti conflitti "congelati" in Georgia (quelli per l'Ossezia del Sud e l'Abkhazia) ed il conflitto sul Nagorno-Karabakh tra Armenia e Azerbaijan, rimangono irrisolti. Diversamente dai Balcani, dove il possibile accesso all'UE è stata la "carota" che ha indotto gli Stati a stemperare situazioni di conflitto, gli Stati caucasici non hanno questa prospettiva.
Anche se l'Europa oggi è maggiormente coinvolta nella regione, essa rimarrà solo uno dei numerosi importanti attori internazionali - Stati Uniti, Turchia, Iran e Russia - che attribuiscono una grande importanza strategica al mantenere il Caucaso meridionale nella propria sfera di influenza.
Di conseguenza la comunità internazionale è molto più divisa sul Caucaso che sui Balcani, rispetto allo status internazionale e al futuro politico di questi differenti Paesi.
Il Patto di stabilità fu un complesso tentativo di considerare i Balcani come una regione, riconoscendo che tutte le unità politiche della regione e i conflitti tra di esse erano componenti di un insieme più vasto. L'idea base del patto era creare un processo graduale, che portasse da strutture disgregate e disorganizzate a strutture stabili.
Il patto si è anche dimostrato essere un tentativo di "europeizzare" i Balcani, fino al punto in cui "la guerra diventa inimmaginabile", come ha osservato l'analista Srdjan Vucetic. Quindi il patto fu concepito come la prima organica strategia della comunità internazionale per la prevenzione dei conflitti. Si fonda sulla premessa che, per costruire un sistema duraturo di prevenzione dei conflitti, occorre dedicarsi contemporaneamente alla democratizzazione, allo sviluppo economico e alla sicurezza, di modo che esse si rafforzino mutuamente.
Rompere il ghiaccio
Il maggior successo del patto fu il creare un nuovo spazio geopolitico e promuovere un sincero spirito di partenariato e di impegno comune verso gli obiettivi tra i beneficiari e i donatori. Ciò ha contribuito a diffondere la massima, ora ampiamente condivisa, secondo cui problemi regionali richiedono soluzioni regionali. Un'atmosfera cooperativa e costruttiva, combinata con le nuove capacità sviluppatesi attraverso il lavoro del patto, hanno spianato la strada per lo sviluppo nella regione di una cultura positiva, del "si può fare". In questo senso, uno dei principali risultati del Patto di stabilità è stato quello di aiutare a riportare i Paesi belligeranti al tavolo delle trattative, e di rompere il ghiaccio tra avversari.
Il Caucaso meridionale rimane una regione frantumata, che può essere riparata solo in un contesto più ampio. Un patto di stabilità per il Caucaso meridionale costituirebbe un utile appoggio per una varietà di iniziative di cooperazione regionale. Chi stilerà il patto dovrà esaminare attentamente le esperienze maturate nei Balcani per definire gli obiettivi e le strutture del piano.
Un primo passo sarebbe quello di identificare quell'insieme di iniziative che già stanno favorendo i contatti tra i popoli del Caucaso meridionale. L'obiettivo è quello di incoraggiare la regione ad utilizzare effettivamente e ad elaborare ulteriormente gli strumenti già esistenti di cooperazione regionale, come pure quello di facilitare nel lungo periodo l'incorporazione delle iniziative individuali in una più ampia visione istituzionale.
Sono in corso diverse iniziative che incoraggiano i Paesi della regione a collaborare. Per esempio nel 1998 la Fondazione Eurasia ha avviato il Programma di cooperazione nel Caucaso meridionale per promuovere e rafforzare il partenariato transfrontaliero tra attivisti civici, imprenditori, giornalisti, associazioni professionali e altri gruppi di cittadini. Un altro promettente sviluppo è stato la fondazione della Rete del Caucaso per gli affari e lo sviluppo, che ha gettato le basi perché gli uomini d'affari potessero lavorare insieme.
Azione europea
L'UE ha anche invitato i Paesi del Caucaso meridionale a collaborare per migliorare la cooperazione regionale e transfrontaliera, e a condividere la responsabilità nella prevenzione e risoluzione dei conflitti. Fino ad oggi, l'UE ha firmato con i tre Paesi dei "piani d'azione" e la promozione della cooperazione regionale è un priorità in ognuno di questi piani.
Gli sforzi, però, sono venuti tutti da fuori. Benché ci siano interazioni economiche tra Armenia e Georgia, e cooperazione economica e sulla sicurezza tra Azerbaijan e Georgia, non ci sono stati seri tentativi di collaborazione fra i tre Paesi.
Le aree tematiche che si prestano più facilmente ad un coordinamento trilaterale includono il commercio, la sanità, il crimine transfrontaliero e la droga, così come l'ambiente, l'istruzione, l'energia e la ricerca scientifica. La regione, in coordinazione con partner chiave come la Russia, gli Stati Uniti, l'UE e le istituzioni finanziarie internazionali, dovrebbe esaminare la fattibilità di un ulteriore sviluppo o dell'istituzione di iniziative congiunte in queste aree.
Un patto di stabilità per la regione potrebbe agire da catalizzatore per l'istituzione di nuove iniziative di cooperazione inter-governative, commerciali e della società civile. Potrebbe diventare un punto di riferimento e una fonte d'ispirazione se costruito nel giusto modo. La struttura del patto per i Balcani non può essere semplicemente fotocopiata. Un processo graduale, che costruisca passo dopo passo su esistenti aree di cooperazione e che assicuri il sostegno dei partner, sembra essere il modo migliore per progredire.
La mancanza di desiderio di nuovi confronti, un clima di fiducia e la disponibilità di Armenia, Azerbaijan e Georgia ad intraprendere riforme politiche ed economiche, a prevenire conflitti nella regione e a promuovere un'ulteriore cooperazione regionale sono i primi passi necessari per il successo di una qualsiasi iniziativa del genere. La misura del sostegno dei tre Stati verso la cooperazione regionale sui temi dell'economia, dell'energia e dei trasporti dipenderà anche in un certo grado dal sostegno unitario di Stati Uniti e Russia. Entrambi hanno significativi interessi nella regione: Washington vuole restarci a causa dell'importanza della regione in quanto corridoio tra l'Europa e l'Asia centrale, in quanto testa di ponte per controllare e mettere sotto pressione l'Iran, nonché per le sue risorse energetiche. La Russia, d'altro canto, guarda al Caucaso meridionale come ad una sua tradizionale zona d'influenza e si oppone al crescente coinvolgimento dell'Occidente nell'area.
Gli intenti sono chiari: tanto l'Occidente quanto la Russia hanno l'ambizione di essere gli attori principali nel Caucaso meridionale. La Russia, però, lentamente ma sicuramente è costretta a ritirarsi da questa regione. Un Caucaso meridionale in pace e integrato regionalmente favorirebbe la democratizzazione e porterebbe quest'area più vicina agli standard occidentali. Per contrastare questo sviluppo, una possibile tattica della Russia sarebbe quella di rallentare l'avanzata occidentale tenendo attivi i cosiddetti "conflitti congelati", e mantenendo così tutti e tre gli Stati in una condizione di debolezza e di dipendenza politica ed economica.
*Sina Frank è assistente al Coordinatore speciale per il Patto di stabilità nell'Europa sud-orientale, Erhard Busek. Le opinioni espresse in questo articolo sono quelle dell'autrice e non coincidono necessariamente con la linea politica del Patto di stabilità.
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