I programmi europei di mobilità accademica sono in vigore da oltre 20 anni. Una breve panoramica sulle occasioni di scambio universitario offerte agli studenti delle ex-repubbliche jugoslave

29/07/2008 -  Ana Ljubojević

Una volta, i versi della canzone "dal Vardar a Triglav" (i luoghi agli estremi della Jugoslavia, il fiume macedone Vardar, e la montagna slovena Triglav) risuonavano nella Jugoslavia di Tito. Erano i tempi in cui numerosi studenti lasciavano la propria città di origine per iscriversi alle università delle repubbliche vicine, spinti dalla ricerca del prestigio accademico, dalla curiosità, o soltanto dalla voglia di cambiare aria.

Negli anni novanta la "questione nazionale" non ha risparmiato nessun tipo di cooperazione intra-regionale, ed in aggiunta ha reso ben poco appetibile la prospettiva di studiare in un paese segnato dalla guerra e con un futuro assai incerto. Buona parte della classe intellettuale ha lasciato la regione ed è fuggita oltre oceano, mentre a molti studenti è apparso ragionevole lo slogan di quegli anni: "Scambio il libretto universitario per un passaporto con visto".

Oggi la situazione è cambiata, anche se la confusione e la limitata collaborazione tra i vari sistemi universitari rimangono elementi visibili. In particolare, la mobilità degli studenti della ex-Jugoslavia si scontra con due ostacoli principali: in primis, le università devono omologare i propri programmi didattici per poter essere inserite nel sistema europeo descritto dalla cosiddetta "dichiarazione di Bologna"; in secondo luogo, la maggior parte dei flussi studenteschi è controllata da accordi bilaterali tra stati che, a causa della frammentazione politica seguìta alla guerra, ha portato ad avere ben quindici accordi diversi.

Tali accordi sono quasi esclusivamente a progetto e destinati ad un numero ristretto di beneficiari. Così, ad esempio, tra la Macedonia e la Croazia esiste un accordo di assegnazione di due sole borse di studio l'anno riservate ai corsi di lingua croata e macedone, mentre tutti gli altri studenti rientrano nello status di studenti stranieri e perciò non godono di alcuna agevolazione.

La Bosnia Erzegovina in questo campo è senz'altro il paese più aperto, poiché a tutti gli studenti provenienti da Serbia, Croazia e Montenegro concede gli stessi benefici garantiti ai propri cittadini: una volta superato l'esame di ammissione, non si deve pagare la quota riservata agli studenti stranieri.

La Croazia e la Serbia, invece, sono disposte ad accogliere le domande degli studenti provenienti dai paesi vicini soltanto se essi si dichiarano "minoranza serba o croata" nei rispettivi stati. Nei fatti basta firmare una dichiarazione, tuttavia l'appartenenza nazionale deve essere ben chiara e diventa criterio discriminante.

La Croazia applica un regime speciale agli studenti provenienti dalla Slovenia, che non considera cittadini stranieri in base ad un accordo bilaterale del 2002 che, tra l'altro, prevede anche alcune borse di studio per gli studenti di entrambi paesi.

Di segno del tutto opposto è stata invece l'iniziativa del Montenegro, che il 25 giugno scorso ha ristretto la propria offerta accademica su base rigidamente nazionale. Infatti, il giorno stesso in cui si sono aperti i bandi per i corsi universitari, il Ministero della Pubblica Istruzione ha emesso una circolare secondo la quale d'ora in poi gli studenti serbi verranno trattati in tutto e per tutto come studenti stranieri. Solo tre giorni prima, il corrispondente ministero serbo aveva confermato la propria decisione di non applicare alcuna tariffa aggiuntiva agli studenti montenegrini.

Fortunatamente, il nodo gordiano sembra sciogliersi grazie ai programmi internazionali. Naturalmente, la situazione della Slovenia è di gran lunga migliore rispetto quella delle altre ex-repubbliche perché, facendo parte dell'Unione Europea, ha diritto ad accedere ai programmi comunitari di scambio, Erasmus, Michelangelo o Leonardo.

L'UE tuttavia facilita anche la mobilità degli studenti provenienti dalle altre repubbliche della ex-Jugoslavia con i programmi TEMPUS e Erasmus Mundus che in questi anni hanno dato buoni risultati.

TEMPUS si pone come obiettivo lo sviluppo dei sistemi d'istruzione nei paesi cosiddetti "partners" ed è caratterizzato da tre tipi di sovvenzioni: progetti europei comuni destinati al "curriculum development"; misure strutturali e complementari indirizzate alla ristrutturazione degli istituti universitari e, infine, le borse di mobilità individuale.

Attraverso il programma Erasmus Mundus, l'UE offre agli studenti e ai professori di tutto il mondo la possibilità di partecipare, attraverso borse di studio e facilitazioni burocratiche, ai corsi universitari e post-universitari europei di eccellenza, ed allo stesso tempo promuove la mobilità degli studenti degli stati membri verso le università dei paesi terzi.

La soluzione comunque più agevole e rivolta agli studenti iscritti ai corsi di laurea ordinaria è il programma CEEPUS (Central European Exchange Program for University Studies). Questo programma è frutto dell'accordo multilaterale sulla cooperazione accademica firmato a Budapest l'8 dicembre del 1993. Attualmente è in vigore l'accordo CEEPUS II, firmato a Zagabria nel 2003. I paesi aderenti al programma sono: Albania, Austria, Bulgaria, Montenegro, Repubblica Ceca, Croazia, Macedonia, Ungheria, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Serbia, e da settembre di quest'anno anche la Bosnia Erzegovina.

L'obiettivo principale di CEEPUS è la promozione delle specificità regionali ed il consolidamento dello spazio europeo degli studi superiori (European Higher Education Area). La dimensione multilaterale è perseguita attraverso la mobilità all'interno delle regioni dell'Europa centrale e meridionale, e soprattutto grazie alla rete dei diplomi comuni (Joint Degree Networks). Ogni rete è costituita da almeno tre partner, di cui almeno due provenienti da paesi diversi, e un'università che svolge il ruolo di coordinamento.

Questo tipo di programmi aiuta il processo di internazionalizzazione del sistema universitario di ogni paese partecipante, stimola lo sviluppo della ricerca scientifica e migliora concretamente il sistema di istruzione europeo nel suo complesso. Le nuove conoscenze e gli scambi culturali con altri paesi, altri popoli, altre lingue comportano infatti dei vantaggi inestimabili per i beneficiari, sia sul piano personale sia su quello lavorativo, agevolando inoltre la nascita di quella società civile transnazionale europea che dovrà essere garanzia di sviluppo e di pace per i decenni a venire.


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