Da Parma all'Albania i ricordi corrono su due ruote. Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Tempo fa tornando a casa dal lavoro passai a fianco di un parco giochi del mio quartiere, a Parma. La mia attenzione venne catturata da un gruppo di ragazzini che se la rideva, tutti rivolti verso una zona del parco con un campo da basket.
La scena che causava tanta ilarità era in effetti un po’ buffa: una signora di mezz'età stava imparando ad andare in bicicletta. Veniva aiutata nell'impresa da un uomo, che teneva stretto il sellino per aiutarla a stare in equilibrio.
Nell'ascoltare il dialogo tra i due capii che venivano dalla Moldavia, anzi la signora la riconobbi subito, accudiva una signora anziana, mia vicina di casa.
Parma ha instaurato con la bicicletta ormai da generazioni un rapporto abituale e familiare e quest’ultima è usata da grandi e piccoli. Per quei ragazzini, con le loro biciclette sistemate tutte in fila nella griglia di ferro del parco, risultava inconcepibile il fatto che una signora, in età adulta, imparasse solo ora ad usare la bicicletta. Non per me, albanese cresciuta negli anni ’80.
Io non conosco il trascorso della Moldavia e della signora moldava – forse il suo rapporto con la bicicletta è un caso prettamente individuale – ma so che in Albania, negli anni ’80, in pochi imparavano ad andare in bicicletta fin da piccoli.
A differenza dei bambini di oggi, circondati da monopattini, tricicli, motorini, macchinine e biciclettine, adatti ad ogni fase della loro età, per noi la bici era una cosa estranea, un sogno.
Innanzitutto perché vivendo sotto un regime e con limitate possibilità economiche in pochi se la potevano permettere.
Inoltre, se c’era una bicicletta era “formato famiglia” e veniva trattata con grande attenzione e caricata sulle spalle, ogni volta che si rientrava a casa, per riportarla nel proprio appartamento, anche se era ai piani alti. I condomini non erano circondati da cancelli e non esistevano cantine. E la bici in strada non si poteva lasciare.
Quelle poche biciclette per adulti che qualcuno dei nostri genitori o parenti aveva la fortuna di possedere, le adoperavamo poi noi per imparare ad andare in bici, chiaramente in età adolescenziale, quando eravamo alti a sufficienza per usare una biçikletë da grandi.
I genitori con scetticismo ed a fatica ci permettevano di “sperimentare” con la loro bici, anche perché, non esistendo molte automobili, la bicicletta per loro costituiva l’unico mezzo di locomozione per andare a lavorare e per muoversi.
Molti tra noi però non impararono nemmeno da adolescenti ad andare in bici. E c'è chi, più tardi, imparò ad andare in macchina senza mai nemmeno aver provato una volta ad andare in bicicletta.
Ed ecco perché ho guardato alle prove di guida della signora moldava con una certa malinconia. A ricordare questa seppur piccola – comparata ad altre ben più gravi - privazione che abbiamo dovuto subire noi ragazzi albanesi cresciuti negli anni '80.
Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!