L'Albania rischia di diventare la nuova pattumiera d'Europa. In un paese dove l'emergenza rifiuti è all'ordine del giorno da più di vent'anni il governo sta tentando di aprire le porte all'importazione di rifiuti. Ma come è possibile far conciliare tutto ciò con le aspirazioni turistiche del paese?

31/12/2010 -  Marjola Rukaj Tirana, Albania

L'Albania apre le porte ai rifiuti d'Europa. È quanto deciso con una delibera dell'esecutivo approvata nelle ultime settimane. “Il nostro paese non riesce a fornire materia prima per la nostra industria del riciclo, quindi siamo costretti a importare rifiuti e a riciclarli qui” è stato il commento del premier Sali Berisha. La delibera proposta per iniziativa del ministero dell'Ambiente, prevede l'ingresso, senza alcun dazio doganale, per una lunga lista di circa 50 tipi di rifiuti che finiranno come materia prima nell'appena nata industria del riciclo albanese.

Il governo albanese, coinvolto da più di un anno in una grave crisi istituzionale con l'opposizione, ha presentato improvvisamente agli albanesi una questione che non era mai stata dibattuta prima. È per questo che alcuni analisti di Tirana hanno interpretato l'accaduto come un trucco per distogliere l'attenzione dai problemi politici con cui il Paese sta facendo i conti. Ma l'infinita crisi politica, che blocca i lavori parlamentari, implica anche lo spostamento di fatto all'esecutivo di molte delle competenze del legislativo. Il caso della delibera sull'importazione dei rifiuti ne è l'esempio più recente.

Rifiuti nocivi?

“Non importeremo materie prime nocive, radioattive o non riciclabili” ha rassicurato il ministro dell'Ambiente. Ma la realtà non sembra purtroppo dargli ragione. Gli stessi giorni infatti, al porto di Bari, veniva sequestrato un carico di 69 frigoriferi e 92 lavatrici, diretti verso le coste albanesi. Tutta merce da riciclare, nonostante le sostanze radioattive che conteneva. Il carico è stato considerato di contrabbando. Inoltre i fatti dimostrano che il carico sarebbe arrivato in Albania ancor prima che la delibera dell'esecutivo entrasse in vigore. Ulteriore questione: la legislazione albanese rimane estremamente lacunosa in materia di classificazione dei rifiuti in base ai criteri del riciclo. Attualmente tale classificazione non avviene neanche per i rifiuti prodotti all'interno del paese.

29 Ong ambientaliste hanno organizzato varie manifestazioni di protesta. “L'Albania non ha ancora adottato una legislazione e standard europei in questa materia – ha affermato l'ambientalista Lavdosh Ferruni – forse è proprio questo il motivo per cui i paesi ricchi intendono portare da noi i loro rifiuti. A quanto pare, dopo i paesi africani, anche all'Albania tocca la sorte di diventare pattumiera dei paesi ricchi”.

Quanto affermato dagli ambientalisti è solo la punta dell'iceberg di un problema che affligge l'Albania da più di 20 anni. I rifiuti vengono accumulati senza criterio nelle periferie e la la loro gestione all'interno delle città è pessima. In base a quanto dimostrano le statistiche delle maggiori Ong ambientaliste internazionali, questo problema fa dell'Albania uno dei paesi più inquinati d'Europa.

“Non abbiamo le strutture adeguate per poter monitorare l'importazione dei rifiuti in Albania. Manca una legislazione specifica e manca il personale specializzato presso le dogane” ha sottolineato Ardian Klosi durante una manifestazione nella capitale. Neanche gli addetti al riciclaggio sembrano essere pronti: Bardhyl Balteza, rappresentante dell'associazione nazionale della categoria, ha dichiarato ai media albanesi che “in Albania non esistono né le strutture necessarie né le infrastrutture per classificare i rifiuti da riciclare”.

Turismo albanese in pericolo

Sono stati inoltre in molti a sottolineare i rischi di tale iniziativa per le prospettive turistiche del paese, evidenziando il paradossale comportamento di Berisha, che più volte ha affermato che il turismo è una priorità assoluta per l'economia albanese. Dato che, già ora, anche i turisti più benevoli, lodando le bellezze dei paesaggi e della cultura albanese, non dimenticano mai di menzionare la cattiva gestione dei rifiuti, visibili persino nelle aree più protette del paese, la prospettiva non può che rendere pessimisti.

“E' una mossa politica che porterà vantaggi economici solo ad un ristretto gruppo di persone, che si occuperanno del riciclo” afferma Lavdosh Feruni a capo della rete delle associazioni ambientaliste albanesi. E ovviamente ne approfitteranno i paesi che attraversano ciclicamente emergenze in questo settore, come l'Italia. Non è un caso infatti che l'Albania apre le porte ai rifiuti europei proprio ora. In passato Berisha non ha mai fatto mistero delle sue intenzioni di importare i rifiuti italiani in Albania. In uno dei recenti incontri, il premier albanese ha anche apertamente menzionato la questione al suo omologo italiano, Silvio Berlusconi.

L'ambiente non sembra stare molto a cuore all'attuale governo: molti i progetti messi in cantiere a rischio di forte impatto ambientale: basti pensare alla promessa di fornire sabbia albanese per le coste di Lecce, al progetto di costruzione di un impianto eolico nel parco nazionale di Karaburun – la cui energia andrebbe tutta all'Italia –, ai progetti di diverse centrali idroelettriche e di una centrale a carbone in costruzione nei pressi di Durazzo, anch'esse costruite per fare comodo ai vicini d'oltre Adriatico, e alle ambizioni nucleari italo-albanesi che dovrebbero fare dell'Albania “una piccola superpotenza energetica”.

“Gli ambientalisti albanesi sono d'accordo, e infatti chiederemo loro di monitorare il processo d'importazione" ribatte il premier albanese "quelli che manifestano in piazza contro la delibera dell'esecutivo, sono dei no global, dei nemici dell'ambiente - gentaglia che collabora con la mafia”.

L'eredità di Hoxha

Ma la storia dei rifiuti importati non è una novità in Albania. Già ai tempi del regime di Hoxha, c'è chi afferma che era costume diffuso quello di importare rifiuti all'insaputa del grande pubblico; questi infatti costituivano un'ottima fonte di guadagno per un paese isolato e con le finanze al verde quale l'Albania degli anni '80. Interrogato dai media albanesi, un ex funzionario di Hoxha ha dichiarato di essere a conoscenza di diverse quantità di alimenti scaduti e di tabacco che venivano importati e interrati nel territorio albanese. Più recentemente, nel 2004 il governo di sinistra di Fatos Nano aveva tentato di aprire le porte ai rifiuti d'importazione esattamente come sta facendo ora Berisha. Il premier di destra, che all'epoca si trovava all'opposizione, aveva manifestato il suo dissenso con fermezza.

I sospetti

Mero Baze, uno dei giornalisti più coraggiosi del paese, che in passato è stato molto vicino al premier Berisha, utilizzando le sue conoscenze e diversi documenti di cui è entrato in possesso, ha provato a costruire uno schema di interessi che spiega perché il governo sia ritornato sui propri passi rispetto alla posizione del 2004. In Albania, l'industria del riciclo è una novità degli ultimi anni, ma alcune società hanno già ottenuto i permessi per costruire degli impianti di riciclaggio. Sulle pagine del suo giornale, Baze ha denunciato la partecipazione di soci e parenti di Genc Ruli, ex-ministro dell'Energia, come azionisti della società MA&D Power Engineering, una società italiana che dovrebbe costruire un impianto di lavorazione dei rifiuti al fine di produrre energia elettrica.

Come già accaduto in passato, la questione dell'importazione dei rifiuti è stata trattata in maniera antidemocratica, aggirando persino il legislativo, mentre per questioni ambientali del genere, come recita la convenzione di Aahrus, ratificata anche dall'Albania, il governo dovrebbe prendere in considerazione anche l'opinione della cittadinanza. Ma dato il numero delle manifestazioni, i vari sondaggi e soprattutto dato il fatto che l'emergenza rifiuti è un problema all'ordine del giorno dalla caduta del regime in poi, difficilmente i cittadini esprimerebbero un parere positivo rispetto al recente decreto.

L'opposizione non è invece riuscita a sfruttare la questione dei rifiuti, le proteste si sono limitate alla normale retorica quotidiana in parlamento, senza però intraprendere nulla di concreto. Riconfermando in tal modo che la sinistra albanese ha poco da condividere con la sinistra europea soprattutto per ciò che riguarda i temi ambientali.

Riciclo in alto mare

In Albania il riciclo dei rifiuti rimane sporadico e spesso si usa accumulare i rifiuti nelle periferie delle città, in cui i rom e i poveri si immergono letteralmente per individuare i pochi materiali che vengono riciclati, perlopiù lattine e oggetti di metallo. La raccolta differenziata sembra fantascienza persino per i più sensibili alle questioni ambientali. Finora si è riusciti ad implementarla solo nelle città di Fier e di Lezha, nell'ambito di un progetto finanziato con la collaborazione del governo olandese. L'iniziativa ha prodotto scarsi risultati, poiché i cittadini non sono stati informati sulle modalità di differenziazione.

A riportare alla ribalta l'emergenza rifiuti albanese sono stati niente meno che i vicini croati. Una quantità di rifiuti di ogni tipo con etichette albanesi sono giunti, a causa del maltempo delle ultime settimane e delle correnti dell'Adriatico, sulle coste croate. In Albania tale notizia non ha stupito nessuno, mentre i giornalisti sono corsi a mostrare sugli schermi nazionali lo stato dei fiumi e dei laghi ampiamente utilizzati come discarica per i rifiuti urbani, ma anche per quelli organici e tossici ospedalieri. Le autorità croate hanno dichiarato di aver intenzione di inviare una nota di protesta all'Albania.

L'importazione dei rifiuti rimane all'ordine del giorno, e gli ambientalisti avvertono che l'Albania rischia di diventare la pattumiera d'Europa. Il premier per contro, incoraggiato anche dalla promozione che recentemente la Lonely Planet ha fatto all'Albania, ha definito il piccolo paese balcanico una “Miss Mondo del turismo”, e continua a ribadire l'importanza prioritaria del turismo nell'economia albanese.


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