Proteste a Shushica -  foto Nensi Bogdani

Proteste a Shushica -  foto Nensi Bogdani

In Albania, quando ormai la tutela del fiume Vjosa e dei suoi affluenti sembrava al sicuro, un progetto finalizzato allo sviluppo turistico ha rimesso tutto in discussione, minacciando un territorio in cui vivono oltre 50mila persone

È sempre più difficile, nella Tirana di oggi, essere colpiti da qualcosa in particolare. La città non dorme mai, cambia sempre, è un eterno cantiere. Ma il 25 maggio scorso, anche i cittadini della capitale albanese, ormai assuefatti a qualunque cosa, devono essere rimasti sorpresi di fronte all’arrivo di un camioncino che trasportava sul tetto un enorme tubo blu, pieno di firme, poi deposto davanti alla sede del governo albanese.

La protesta a Tirana del 25 maggio - Foto di Nensi Bogdani

Il tubo era partito dalla valle della Shushica, affluente della Vjosa, per portare ai politici della capitale le “lacrime” – come dicono i protagonisti dell’iniziativa – degli oltre 50mila abitanti dei 37 villaggi della regione attraversata dal fiume. La protesta è nata perché il governo albanese ha deciso che di tutta quell’acqua, nella valle, non sa che farsene. Con un apposito acquedotto, che attinge direttamente dalla sorgente del fiume, si preferisce rifornire le case dei turisti nella località di Himarë, uno dei simboli del boom dell’Albania, che ha registrato 10 milioni di visitatori stranieri nel 2023, in crescita del 33% rispetto all’anno prima. Tutto questo senza aver mai sentito il parere dei residenti.

Ilia è al lavoro nel suo campo, dove ogni giorno viene a lavorare la terra di famiglia quando finisce a scuola, dove insegna storia e geografia, nel villaggio di Selenicë. “Siamo una storia nella storia”, racconta. “Siamo quasi cinquemila persone della minoranza Aromuni, o rumeni d’Albania. Discendiamo da romani che passarono di qui, custodi di quella via Egnatia che ancora oggi ci unisce. E il nostro nome ci lega al destino: qui c’è tutto l’asfalto che viene usato nel mondo. I Turchi prima, poi gli italiani, che costruirono la prima ferrovia per collegare le miniere al mare, e che nel 1943 – da occupanti – vennero attaccati dai partigiani albanesi. Questa è una terra di partigiani, di gente abituata a lottare. E a essere delusa dal potere. Abbiamo il nostro asfalto esportato in tutto il mondo, ma per avere una strada asfaltata tra i nostri villaggi abbiamo dovuto aspettare le ultime elezioni”.

Ilia è uno dei leader della protesta. “Stiamo lottando, abbiamo fatto ricorso alla magistratura, perché le procedure con le quali sono state fatte le cosiddette ‘consultazioni con le comunità locali’, previste per legge, sono state falsate. Gli elenchi dei nomi dei convocati erano preparati dai dirigenti locali del Partito Socialista [che governa Tirana, ndr] e tendenzialmente erano tutte persone di Himarë. Ma è la nostra acqua che rubano, dopo essere venuti qui per anni a promettere investimenti e sviluppo, spingendoci a non emigrare, a restare nella nostra terra. Qui tutti si sono indebitati, hanno avviato aziende agricole, apicoltura, ulivi, vino. Ora come faremo? L’acqua è in calo da decenni, noi qui siamo nati e cresciuti, sappiamo come nessun altro che la portata dell’acqua è drammaticamente diminuita. Creare una deviazione dalla sorgente significa far morire questa valle e i sogni delle 50mila persone che la abitano”.

Un ricercatore raccoglie campioni alla sorgente della Shushica - Foto di Nensi Bogdani

Ilia e altri abitanti hanno lanciato la campagna Save our Shushica , come recita lo striscione che accoglie chi arriva a Brataj, altro villaggio della valle. Hysni ci attende in piedi, davanti a uno dei due bar del villaggio. In pensione da qualche anno, è un altro dei volti delle manifestazioni e delle interviste che, senza sosta, gli abitanti della valle continuano a fare per contrastare il progetto.

“I primi tecnici che sono venuti per i rilievi dell’acquedotto li abbiamo fatti scappare”, racconta ridendo. “Ero socialista, ma ora non più. La politica non c’entra nulla in questa storia. Ci accusano di essere manovrati dall’opposizione, ma non è vero. Lottiamo perché siamo stanchi di questa sudditanza con il potere. Per certi versi, sembra che il comunismo non sia mai finito. La devono smettere di fare quel che vogliono. Qui si può costruire un turismo sostenibile, questa regione è splendida, ci sono le rovine di Amantia, c’è natura. Perché togliere l’acqua a noi, per alimentare un turismo di massa sulla costa? A Himarë l’acqua basta e avanza, non ne hanno alcun bisogno per usi civili, ma solo per attrarre ancora più turisti. Non è abbastanza per rovinare le nostre vite e la storia di questa comunità”, tuona Hysni.

Manifestanti protestano nel sito di costruzione dell'acquedotto - Foto di Nensi Bogdani

Alle sue spalle iniziano ad abbassare le serrande i due bar e l’ufficio postale del borgo. “Vedete? C’è un funerale, ci andiamo tutti. Ci conosciamo da sempre, siamo una comunità vera. E siamo il nostro fiume e la nostra valle. Come è stato per la Vjosa, lotteremo e vinceremo”.

La campagna contro la costruzione di decine di piccole centrali idroelettriche lungo il corso della Vjosa, ultimo fiume “libero” d’Europa, del quale la Shushica è un affluente, ha caratterizzato anni di lotta in Albania. Come per la comunità locale del fiume Valbona, a nord, i residenti si sono opposti a progetti di speculazione che avrebbero avuto un forte impatto sui loro fiumi. “Con la proclamazione della Vjosa come parco nazionale [avvenuta a marzo 2023, ndr]”, racconta Hysni, “ci sentivamo ormai al sicuro. E invece nulla. Hanno barato, hanno detto a Tirana che nel decreto che istituiva il parco nazionale per il fiume Vjosa non erano compresi i suoi affluenti, come la Shushica. Poi hanno ritrattato, dicendo che sono compresi, ma che il progetto si può fare lo stesso perché era stato deliberato prima della creazione del parco nazionale. Un po’ come hanno fatto a Valona, dove l’aeroporto lo stanno costruendo nel cuore del parco, sostenendo che ci fosse una variante al progetto del parco naturale. Mentono, mentono sempre. Anche sulla portata dell’acqua della Shushica mentono: utilizzano vecchie rilevazioni, che abbiamo già sconfessato grazie a consulenti privati. Chiediamo che la portata dell’acqua venga calcolata da esperti indipendenti. E non smetteremo di lottare”, conclude Hysni, prima di salutare e unirsi al corteo funebre.

Ai comitati dei residenti si sono uniti attivisti di Tirana e di altre zone dell’Albania, oltre alla rete internazionale nata dalla campagna Save the Blue Heart of Europe, che ha unito le battaglie regionali contro le centrali idroelettriche. Il finale non è scontato, ma i lavori sono iniziati: di notte, prima che la giustizia si pronunci. È una corsa contro il tempo, ma la gente della Shushica non si fermerà.

 

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Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito della Collaborative and Investigative Journalism Initiative (CIJI ), un progetto cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina progetto


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