Il parlamento di Skopje decide di rendere più complicate le procedure d'ingresso per i cittadini della vicina Albania, adottando gli stessi criteri necessari per il visto Schengen. Scoppia un vero e proprio caso diplomatico con forti reazioni di analisti e politici albanesi
Il 2008 in Albania è stato accolto con l'entrata in vigore dell'accordo con l'UE sulla facilitazione dei visti d'ingresso nei paesi Schengen ma anche con una bufera mediatica e politica scaturita da una recente legge del parlamento macedone che complica i criteri d'ingresso in territorio macedone per i cittadini albanesi. La notizia giunta come un fulmine a ciel sereno, mentre i due paesi sono sempre stati in ottimi rapporti, da alcuni definiti come i meno problematici mai avuti tra due stati balcanici negli ultimi anni, si è tradotta in un vero e proprio caso diplomatico tra Tirana e Skopje.
Tutto è iniziato quando a Skopje si è deciso che per i cittadini dei 140 paesi che necessitano dei visti d'ingresso per la piccola repubblica balcanica, verrebbero applicati gli stessi criteri necessari per i visti della zona Schengen. Lo si intende fare, secondo il primo ministro macedone Nikola Gruevski, per inviare a Bruxelles un segnale positivo dell'andamento della Macedonia, adeguandosi e applicando proprio le regole di Bruxelles, e per dare prova di avere dei confini sicuri.
Tra i 140 paesi, sparsi nel mondo, dall'Asia all'America Latina, i criteri Schengen includono anche l'Albania, traducendosi in un passo indietro nel libero movimento tra i due paesi. La mossa macedone rappresenta una politica estremamente restrittiva, basti pensare che dal 1997 i cittadini albanesi si recavano nella vicina repubblica solo con un visto ottenuto alla frontiera dal modesto costo di 10 euro, mentre i cittadini macedoni per recarsi in Albania non necessitano di alcun visto e non viene richiesta alcuna tassa di frontiera. La vicenda ha fatto scaturire immediate reazioni da parte degli analisti e dei politici albanesi tra i quali non sono mancati rancori nazionalisti.
Il ministero degli Esteri macedone ha risposto alle reazioni negative sia in Macedonia che in Albania sostenendo che "la Macedonia non sta inserendo i visti per i cittadini albanesi, ha solo modificato la procedura di ottenimento del visto, rispetto a quella vigente finora". In molti hanno definito la decisione macedone come un ritorno del concetto di confine alla balcanica che significa "recinto, che non permette al vicino di mettere piede nell'altrui territorio", quando da tempo tra Macedonia e Albania tale concetto era svanito quasi del tutto.
Invece, secondo i nuovi criteri i cittadini albanesi dovranno recarsi al consolato macedone di Tirana, muniti di un invito o di prenotazione d'albergo, dimostrare di disporre dei mezzi di sostentamento, presentare i biglietti di viaggio di andata e di ritorno, e sottoporsi alla stessa verifica cui i cittadini albanesi, macedoni e altri balcanici si sottopongono per prendere un visto Schengen.
"I politici di Skopje avranno sognato di essere entrati nell'Ue su due piedi, sfidando tutti i tempi e i criteri di integrazione, hanno iniziato a comportarsi da stati Schengen" ha commentato Mentor Kikia, editorialista del quotidiano "Shqip".
Inizialmente la decisione di Skopje è stata percepita in Albania come una semplice misura di eccessiva remissività nei confronti di Bruxelles applicata in funzione del suo status di candidato UE, nonostante i negoziati non siano ufficialmente incominciati. Ma poi si è scoperto che la decisione riguardava solo l'Albania e non riguardava nessuno degli altri vicini, stati ex jugoslavi.
Il responsabile per le questioni consolari presso il ministero degli Esteri macedone, Savo Sibinovski ha giustificato tale classificazione con il fatto che "tutti questi stati hanno già concluso l'ASA (Accordo di associazione e stabilizzazione) o stanno per concluderlo" dimenticando che anche l'Albania si trova rispetto all'UE nelle stesse condizioni degli altri vicini balcanici. Ciò ha fatto sì che la sua reazione venisse percepita come estremamente offensiva per l'Albania. Egli infatti ha definito l'Albania un paese terzo rispetto all'Unione europea e agli stati balcanici, cui la Macedonia era costretta a imporre un sistema di controlli più rigoroso, espressione che è stata per lo più equiparata alla definizione dell'Albania come uno stato del terzo mondo pur avendo una situazione complessiva non molto diversa da quella macedone. Tutti i media di lingua albanese hanno considerato l'azione di Skopje come estremamente immatura e controcorrente.
Sono state molto aspre le reazioni a sfondo nazionalista che hanno voluto ricordare ai politici macedoni il ruolo dell'Albania nel sostegno della Macedonia, definendola come il suo vicino meno problematico. Ricordando inoltre che l'Albania è stata tra i primi ad averla riconosciuta con la denominazione Macedonia, che ha offerto il porto di Durazzo quando la Grecia le ha bloccato quello di Salonicco, e che ha sempre contribuito a pacare l'animosità degli albano-macedoni in ogni crisi interna macedone. Ma sono stati numerosi anche gli analisti e politici che hanno dato la colpa a Tirana per la sua scarsa reputazione internazionale, e per lo scarso impegno nel raggiungere gli standard Schengen.
Gli esperti di economia invece hanno sottolineato l'immaturità di una tale decisione, in ambito economico e sociale, evidenziando gli scambi commerciali tra i due paesi che vedono la Macedonia in netto vantaggio rispetto all'Albania. Infatti è da anni che il mercato agricolo e dell'industria leggera in Albania sembra offrire solo prodotti macedoni, tanto da fare enormemente concorrenza ai prodotti albanesi. Il quotidiano macedone in lingua albanese "Lajm" e la tv albanese più seguita Top Channel hanno sottolineato il fatto che la Macedonia costituisce un luogo di vacanza per molti albanesi, tanto che solo nel 2007 sono stati 250 mila i turisti albanesi ad aver trascorso le vacanze sul versante macedone del lago di Ohrid.
"Sarà un'occasione per far sì che gli albanesi si ricordino dei propri prodotti e delle proprie risorse turistiche" conclude con indignazione il servizio di Top Channel, mentre si sostiene che l'impatto economico sarà molto più negativo per la stessa Macedonia. Gli esperti hanno calcolato anche enormi danni economici per l'Albania che utilizza il territorio macedone come transito per le merci provenienti dalla Bulgaria, Turchia e altri partner commerciali balcanici. I portavoce della Confindustria albanese hanno presagito conseguenze disastrose e rincari dei prodotti che passano attraverso il territorio macedone.
Potrebbe essere enormemente danneggiato anche il Kosovo per cui la Macedonia costituisce il transito più sicuro per le importazioni dei prodotti albanesi, poiché le strade di montagna lungo il confine tra il Kosovo e l'Albania sono per lo più impraticabili nei mesi invernali. "Sembra che la Macedonia abbia risposto positivamente all'intenzione della Serbia di voler applicare l'embargo al Kosovo" si è commentato sulla stampa kosovara.
E al di là dell'offesa Albania, la questione dei visti macedoni è stata interpretata unanimemente come una reazione maldestra che mira a prevenire eventuali riscontri negativi che potrebbe avere l'indipendenza del Kosovo sul fragile equilibrio interetnico della Macedonia. Il sistema dei visti non includerà i kosovari fin quando gireranno con i passaporti dell'UNMIK, ma dal momento che il Kosovo proclamerà la sua indipendenza, anche per loro sarà necessario un visto di ingresso nella vicina Macedonia.
I partiti albano-macedoni, e i politici kosovari hanno considerato la questione dei visti macedoni come un'azione anti-albanese, che si fa per indebolire o interrompere i rapporti inter-albanesi. Gli abitanti nelle zone di confine hanno legami economici e familiari molto forti, sono numerosi i matrimoni misti albano-macedoni, e in Macedonia - come si suol dire - non c'è albanese che non abbia parenti in Kosovo.
I sindaci delle città di confine hanno inviato una lettera di protesta al premier Gruevski esprimendo il dissenso per tale decisione che comporterà la "la morte del turismo e del commercio nella regione di confine", invitandolo ad annullare la modalità dei visti d'ingresso per i cittadini albanesi. Mentre i partiti albanofoni d'opposizione hanno minacciato di denunciare il caso a Bruxelles, poiché una tale politica restrittiva "va contro le tendenze a rendere possibile il libero movimento delle persone e delle merci e non fa che discriminare gli albanesi all'interno della repubblica".
Anche in Albania la situazione creatasi è stata ampiamente considerata come negativa per i rapporti interetnici in Macedonia. Mentre altri l'hanno considerato anacronistica. "A Bruxelles non ci vogliono divisi, anzi una delle condizioni è proprio la riappacificazione e la cooperazione tra gli stati balcanici" ha commentato Arben Malaj politico albanese, "circolano persino proposte per creare uno Schengen balcanico, per avvicinarci". A fronte delle numerose reazioni che invitavano il governo Berisha a rispondere con la stessa moneta al governo macedone, gli albano-macedoni e la Confindustria albanese hanno più volte pregato di non ripetere lo stesso errore.
Il governo albanese ha immediatamente inviato una nota di protesta a Skopje, chiedendo il ripristino della situazione precedente. La parte albanese ha assicurato che osserverà la politica di apertura che l'Albania mira a sviluppare con i paesi vicini, come è stato già intrapreso nell'ultimo anno rendendo possibile il libero ingresso nel territorio albanese con la sola carta d'identità per i cittadini degli stati UE e senza l'obbligo del visto per i vicini balcanici, tra cui anche la Serbia e la Macedonia.
"L'Albania sostiene la necessità che i Balcani siano aperti, e sarà sempre un portavoce di questa apertura" ha dichiarato il presidente albanese Bamir Topi. Ricevute le proteste di Tirana, a Skopje è stata rimandata al 1° marzo l'entrata in vigore del regime dei visti, anziché al 1° febbraio. E' stata istituita una commissione presso il governo che mira a superare la crisi diplomatica con Tirana. Il premier Berisha ha invitato ufficialmente il suo omologo macedone a Tirana per trattare tra l'altro anche della questione dei visti.
E' giunta alle parti anche la reazione di Bruxelles che invita a superare la crisi. L'ambasciatore UE a Skopje, Ervan Fuere, pronunciandosi sulla questione, ha considerato il regime dei visti come "un malinteso da parte della Macedonia che pur essendo interessata all'integrazione nell'UE non ha ancora raggiunto la fase Schengen, e che non vi accederà ostacolando la cooperazione con i suoi vicini". Sembra che la situazione si stia lentamente avviando a una soluzione anche se continua a rimanere all'ordine del giorno per i media e i politici di lingua albanese.
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