Nessun incontro tra i leader di Armenia e Azerbaijan al vertice di Granada dello scorso 5 ottobre. Dopo il ricorso alle armi da parte azerbaijana, con il quale si è decretata la fine del Nagorno Karabakh come entità autonoma, numerose questioni restano ancora aperte
Dopo l’offensiva militare dell’Azerbaijan dello scorso 19 settembre che ha portato allo scioglimento dell’entità separatista e non riconosciuta del Nagorno Karabakh, abitata principalmente da armeni, si sperava che il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e il presidente azerbaijano Ilham Aliyev si potessero incontrare in occasione del vertice della Comunità politica europea a Granada, in Spagna.
Tuttavia, alla vigilia dei colloqui del 5 ottobre, Aliyev si è tirato indietro, citando come motivo il fatto che al previsto incontro multilaterale, oltre al cancelliere tedesco Olaf Scholz e al presidente del Consiglio europeo Charles Michel, sarebbe stato presente il presidente francese Emmanuel Macron.
Ad ogni modo, non c’è mai stata alcuna certezza che un incontro [tra Pashinyan e Aliyev] potesse avere luogo. Nonostante Armen Grigoryan, segretario del Consiglio di sicurezza armeno, e Hikmet Hajiyev, consigliere del presidente azerbaijano, si siano incontrati lo scorso 26 settembre con i consiglieri di Macron, Scholz e Michel, il Consiglio europeo aveva menzionato solo “un possibile incontro” a Granada.
A spingere Baku a cambiare idea all’ultimo momento è stata con ogni probabilità una visita in Armenia della ministra degli Esteri francese Catherine Colonna due giorni prima del vertice di Granada. Oltre a criticare nuovamente l’Azerbaijan, Colonna ha annunciato la disponibilità della Francia a fornire armi all’Armenia, pur specificando che si tratterebbe solo di armi difensive.
Colonna ha anche affermato che la Francia si impegnerà a presentare una nuova risoluzione al Consiglio di sicurezza della Nazioni Unite per chiedere una missione internazionale in Karabakh ora che la regione è passata sotto il pieno controllo di Baku, svuotandosi quasi completamente della sua popolazione.
A infastidire ulteriormente Baku è stato il fatto che la Francia e la Germania non abbiano voluto coinvolgere nell’incontro di Granada anche il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan come contrappeso alla Francia, paese che Baku considera filo-armeno.
Al vertice della Comunità politica europea non hanno partecipato né Aliyev né Erdoğan: quest’ultimo si è giustificato affermando di avere “un raffreddore”. La loro assenza è bastata a mettere in discussione il processo di dialogo facilitato dall’UE, lasciando intendere che i negoziati potrebbero essere sull’orlo del fallimento.
D’altra parte, Mosca è sempre più preoccupata per quella che considera un’ingerenza occidentale nel Caucaso meridionale finalizzata ad allontanare la Russia dalla regione. Anche alcune azioni intraprese da Pashinyan, come la ratifica dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, vengono percepite da Mosca come rivolte contro la Russia, mandando su tutte le furie Vladimir Putin.
“L’Azerbaijan non ha bisogno di tale formato. Baku non ritiene necessario discutere dei problemi della regione con i paesi lontani. Baku crede che queste questioni possano essere affrontate e discusse all’interno della regione”, hanno riferito i media azeri citando le autorità del paese.
Baku ha comunque rassicurato Bruxelles sul fatto che continuerà a partecipare ai negoziati nel formato trilaterale Aliyev-Pashinyan-Michel. Ora che la questione del Karabakh è sostanzialmente risolta, seppur ricorrendo all’uso della forza, due grandi questioni da affrontare riguardano la demarcazione della linea di confine e la riapertura di tutti i collegamenti commerciali e vie di comunicazione nell'area.
In questo contesto, il ripristino di quello che Baku e Ankara chiamano “il corridoio di Zangezur”, ossia di una via di collegamento tra l’Azerbaijan e la sua exclave di Nakhchivan attraverso l’Armenia, si impone come un problema di fondamentale importanza. Non è ancora chiaro se le persistenti divergenze sulla questione siano state superate con la vittoria di Baku in Karabakh.
La scorsa settimana tre ex presidenti de facto dell’entità non riconosciuta – Arkhadi Ghukasyan, Bako Sahakyan e Arayik Harutyunyan – sono stati fermati dalle autorità di Baku e sottoposti a custodia cautelare con diverse accuse, tra cui quella di terrorismo.
Yerevan, come anche diversi analisti della regione, teme che Baku possa cercare di aprire una via di collegamento con la sua exclave ricorrendo alla forza, anche se il presidente turco lo scorso 27 settembre ha dichiarato che un collegamento stradale e ferroviario potrebbe passare anche attraverso l’Iran.
In una conversazione telefonica intrattenuta il giorno del vertice di Granada, Aliyev ha rassicurato Charles Michel che l’Azerbaijan non ha pretese territoriali sull’Armenia. Non è infatti la prima volta che tali rassicurazioni arrivano da Aliyev, il quale in precedenza aveva affermato che le modalità di funzionamento del “corridoio di Zangezur” sarebbero state reciproche a quelle del corridoio di Lachin che collega l’Armenia al Karabakh.
Lo scorso 4 ottobre Elchin Amirbeyov, rappresentante del presidente azerbaijano per gli Affari speciali, ha nuovamente sottolineato che Baku è consapevole che “il corridoio di Zangezur” ricadrà sotto la sovranità dell’Armenia. Yerevan invece si è dimostrata riluttante ad accettare i termini del cessate il fuoco del 2020 che prevedono che “il corridoio di Zangezur” venga sorvegliato dalle guardie di frontiera russe.
Anche l’Iran ritiene inaccettabile qualsiasi modifica dei confini nella regione. Lo scorso 5 ottobre Ali-Akbar Ahmadian, segretario del Consiglio supremo per la sicurezza nazionale dell’Iran, ha nuovamente espresso contrarietà a qualsiasi “cambiamento geopolitico” voluto da attori esterni.
Nonostante l’assenza di Aliyev, a Granada si è tenuto un incontro quadrilaterale tra Macron, Michel, Scholz e Pashinyan. Al termine dell’incontro, in cui si è discusso della risoluzione del conflitto tra Baku e Yerevan, i quattro leader hanno rilasciato una dichiarazione congiunta, riconoscendo esplicitamente l’integrità territoriale dell’Armenia e dell’Azerbaijan, “lo spostamento di massa” della popolazione armena del Karabakh e il suo diritto di ritornare con la creazione di un meccanismo di monitoraggio internazionale per garantire “il dovuto rispetto della storia, della cultura e dei diritti umani” degli armeni del Karabakh.
Nella dichiarazione congiunta si invita anche ad una maggiore cooperazione regionale e alla riapertura di tutti i confini, compreso quello tra Armenia e Turchia. Inoltre, si sollecita il ripristino dei collegamenti regionali “sulla base dei principi di equità e reciprocità e nel pieno rispetto della sovranità e giurisdizione di ogni paese”.
Al summit di Granada Pashinyan ha ricevuto garanzie sul fatto che l’UE sostiene l’Armenia e che si impegnerà al massimo per mantenere la promessa di fornire a Yerevan un pacchetto in investimenti di svariati miliardi di euro.
Dopo i colloqui di Granada, Charles Michel ha annunciato che Aliyev e Pashinyan hanno accettato di incontrarsi a Bruxelles entro la fine di ottobre. Nel frattempo, Teheran e Baku hanno iniziato a lavorare ad un primo progetto di realizzazione di un corridoio verso l’exclave azerbaijana di Nakhchivan che passi attraverso il territorio iraniano, rischiando così di escludere l’Armenia da un’altra iniziativa regionale.
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