Secondo i dati dell’Agenzia nazionale del lavoro, in Armenia ci sono oltre 82mila di disoccupati. Il numero di disoccupati nelle aree rurali rappresenta il 18,3% del totale, segnando un incremento del 2,66% rispetto all’anno scorso
Gayane Sargsyan, abitante del villaggio di Aygek, nella regione di Armavir, svolge ormai da dieci anni lavori stagionali nel settore dell’agricoltura. Il suo anno lavorativo dura dall’inizio della primavera fino alla metà dell’autunno.
“Non appena inizia la stagione dei raccolti, comincio a lavorare. Vengo impiegata nella raccolta di diversi tipi di colture: fagioli, fragole, albicocche… Il mio anno lavorativo inizia con la raccolta dei fagioli, poi raccolgo vari tipi di verdura e di frutta, compresi i frutti di bosco. Non è un lavoro facile, ma non ho nessuna alternativa. È molto difficile trovare lavoro nel villaggio. Se non avessi questi impieghi stagionali, sarei senza alcun reddito”, dice Gayane.
La sua giornata lavorativa dura otto ore, durante le quali ha diritto a una pausa. Guadagna 5000 dram (circa 9 euro) al giorno.
“Il mio datore di lavoro e io di solito raggiungiamo un accordo verbale, senza firmare alcun contratto di lavoro, e finora non ci sono mai stati problemi. Lavoro per la stessa persona ormai da anni. Mi ha sempre pagato regolarmente e io svolgo il mio lavoro in modo responsabile”, spiega Gayane, aggiungendo che col suo lavoro provvede al sostentamento dell’intera famiglia, composta da cinque persone.
“Nei villaggi è molto difficile trovare un altro lavoro, oltre a quello stagionale. Molti abitanti delle zone rurali, soprattutto gli uomini, vanno a lavorare all’estero. Le donne che restano nei villaggi non hanno molta scelta: possono stare a casa o trovare un lavoro stagionale, oppure eventualmente avviare un’attività in proprio, ma questo è molto difficile. Conosco davvero poche donne che ci sono riuscite (imprenditrici di successo)”, dice Gayane.
Stimolare lo spirito di iniziativa
La trentenne Hripsime Petrosyan vive nel villaggio di Krashen, nella regione di Shirak. Era considerata una ragazza molto timida fino a quando, tre anni fa, non aveva intrapreso un’attività che, oltre a permetterle di mantenersi, porta benefici anche agli altri abitanti del villaggio.
“Circa 6 anni fa avevo partecipato a un corso di formazione organizzato nel nostro villaggio dall’ong Women for Development, dopodiché avevo deciso di frequentare un altro corso, cominciando a uscire fuori dal villaggio e a impegnarmi in vari progetti. Pian piano le mie vedute sono cambiate, e di conseguenza anche la mia vita”, spiega Hripsime. Grazie alla partecipazione a diversi progetti, Hripsime ha ottenuto un contributo di 2 milioni di dram (circa 3600 euro) nell’ambito di un programma promosso dalla Fondazione KASA, decidendo di utilizzarlo per acquistare un trattore.
“Il programma prevedeva che i finanziamenti erogati venissero utilizzati a vantaggio dell’intera comunità. E io ho deciso di comprare un trattore. Molti abitanti del villaggio se ne sono rallegrati, perché prima facevano tutti i lavori agricoli a mano, e il trattore per loro era una vera salvezza. Anch’io ero felice per il fatto di essere riuscita a procurarmi un lavoro. A dire il vero, all’inizio non mi sentivo del tutto a mio agio alla guida del trattore, perché in Armenia, che è ancora un paese molto tradizionale, è opinione diffusa che il posto di una donna sia in cucina. Ma ora non riesco a immaginarmi senza il trattore”, dice Hripsime.
Il fatto che Hripsime abbia deciso di guidare il trattore non ha sorpreso molto gli abitanti del villaggio, perché già da tempo guidava un fuoristrada UAZ. “Quando ho cominciato a guidare la macchina di mio papà molti nel villaggio mi guardavano strano, perché era una cosa insolita. Ma poi pian piano si sono abituati e quando mi sono seduta al volante del trattore hanno solo sorriso”, ricorda Hripsime, che con il suo trattore fornisce servizi anche agli agricoltori dei villaggi circostanti.
Hripsime dice di essere contenta della sua vita attuale. Ha un lavoro che le garantisce un reddito fisso, cosa che prima poteva solo sognare.
“Con i soldi che avevo risparmiato ho finanziato la costruzione di un campo da gioco nel nostro villaggio. Lo sognavo fin da quando ero bambina. Anche i miei compaesani auspicavano la creazione di un campo da gioco. Adesso i bambini del nostro villaggio giocano in quel campo, e un domani ci giocherà anche mio figlio”, dice Hripsime, che non è ancora sposata, ma desidera creare una famiglia e avere un figlio.
Oltre a guidare il trattore, Hripsime è anche impegnata in diverse attività sociali. “Le donne del nostro villaggio sono molto passive. Cerco di coinvolgerle in varie attività, ma anche di portare altri progetti nel villaggio, che ci permetterebbero di creare nuovi posti di lavoro e di condurre una vita attiva. La vita nei villaggi è molto triste. Dobbiamo aggiungere un po’ di colore alle nostre vite, ma dobbiamo anche crearci nuove opportunità di lavoro”, dice Hripsime. Aggiunge inoltre che bisogna rompere lo stereotipo secondo cui le donne che vivono nei villaggi devono occuparsi solo della casa e della famiglia.
La disoccupazione come fattore di spinta all’emigrazione
La mancanza di opportunità di lavoro nelle aree rurali spinge all’emigrazione. Molti giovani uomini decidono di recarsi all’estero in cerca di lavoro. Non esistono dati certi sul numero di cittadini armeni che lavorano all’estero, ma durante certi periodi dell’anno alcune zone rurali dell’Armenia praticamente si svuotano di giovani uomini.
“Nel nostro villaggio non c’è nessun lavoro. Ogni anno, a gennaio, mio marito va all’estero a lavorare e torna a dicembre. Quindi, praticamente lo vedo un mese all’anno”, dice Rima, abitante di un villaggio situato nella regione di Gegharkunik.
Ad essere maggiormente colpite dal fenomeno dell’emigrazione sono le regioni di Shirak, Lori, Gegharkunik e Kotayk. “Ho sempre sognato che mi sarei svegliata una mattina, avrei portato i figli a scuola, dopodiché sarei andata al lavoro. E poi la sera, durante la cena, i figli ci avrebbero raccontato com’è andata a scuola e io avrei raccontato la mia giornata di lavoro. Ma quello è rimasto solo un sogno. Nella zona in cui si trova il nostro villaggio non c’è nemmeno una piccola fabbrica dove potrei trovare un impiego”, dice Rima.
Rima vorrebbe trasferirsi a Yerevan con la famiglia. Dice di averne già parlato con suo marito e lui è d’accordo.
“Invece di andare a lavorare a Mosca, mio marito lavorerà a Yerevan. Prima era molto difficile trovare un impiego nella capitale, bisognava corrompere qualcuno o avere buone conoscenze. Ma recentemente c’è stato il cambio di potere e penso che ora riusciremo a trovare lavoro”, dice Rima.
Interventi istituzionali
La disoccupazione è una delle principali preoccupazioni del governo armeno, che negli ultimi anni ha implementato una serie di interventi volti a combattere questo problema, tra cui il progetto “Dare sostegno all’agricoltura attraverso la promozione del lavoro stagionale”.
Inoltre, con l’appoggio di alcune organizzazioni internazionali, è stato avviato un programma volto a favorire lo sviluppo di piccole imprese in diverse regioni del paese, che dovrebbe contribuire ad arginare il fenomeno della disoccupazione.
Dopo il cambio di potere, avvenuto nella primavera 2018, la questione della disoccupazione è stata affrontata nel programma del nuovo governo, nel quale viene precisato: “La rivoluzione di velluto, popolare e nonviolenta, avvenuta in Armenia tra aprile e maggio 2018, ha portato alla ripresa degli investimenti e al miglioramento delle prospettive di crescita economica. Il governo intende investire nelle regioni e incoraggiare gli investimenti volti a creare nuovi posti di lavoro”.
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