© Tim Asadov/Shutterstock

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L'assenza dell'Armenia dalla Conferenza sul clima di quest'anno in Azerbaijan evidenzia le tensioni che permangono tra Yerevan e Baku. Nei giorni scorsi a sorpresa l'attivista svedese Greta Thunberg ha visitato Tbilisi e Yerevan per sostenere i manifestanti

20/11/2024 -  Onnik James Krikorian

L'assenza dell'Armenia alla Conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici (COP 29) a Baku, nonostante l'invito ufficiale, ha infranto le speranze di un passo avanti verso la normalizzazione delle relazioni con l'Azerbaijan.

La decisione di ospitare la COP 29 a Baku aveva già creato controversie. L'Armenia aveva sostenuto la candidatura dell'Azerbaijan per ospitare la conferenza in una dichiarazione congiunta l'anno scorso, in cambio del rilascio dei prigionieri armeni detenuti dall'Azerbaijan e della promessa di un dialogo futuro. In cambio, Baku aveva rilasciato 32 soldati armeni, e Yerevan due soldati azeri. Questo gesto era stato interpretato come un segnale di maggiore cooperazione.

Tuttavia, pur senza rifiutare ufficialmente l'invito, il presidente dell'Assemblea nazionale armena Alen Simonyan aveva chiarito giorni prima dell'evento che, per lui, la partecipazione sarebbe stata moralmente sbagliata finché i prigionieri armeni fossero rimasti imprigionati in Azerbaijan. Alcuni commentatori filo-armeni hanno anche sostenuto che Yerevan avrebbe dovuto partecipare solo se l'Azerbaijan avesse preso misure concrete per liberare i detenuti. Nonostante le speculazioni sulla possibilità che il primo ministro armeno Nikol Pashinyan o il ministro degli Esteri Ararat Mirzoyan potessero partecipare, non è stata inviata nemmeno una piccola delegazione.

All'inizio della COP 29, il governo armeno ha bloccato una risoluzione parlamentare dell'opposizione che chiedeva il rilascio dei prigionieri detenuti dall'Azerbaijan, complicando ulteriormente la situazione, ma anche evidenziando come Yerevan non voglia più ostacoli nei delicati colloqui per trovare una pace duratura.

Se il governo armeno si è astenuto dal commentare ufficialmente la COP 29 a Baku, non così gli attivisti armeni della diaspora contrari alla normalizzazione con l'Azerbaijan. L'attivista svedese per il cambiamento climatico Greta Thunberg si è presentata inaspettatamente a Tbilisi, in Georgia, dove ha guidato una protesta insieme ad un piccolo gruppo di attiviste femministe azere, condannando la situazione dei diritti umani in Azerbaijan, chiedendo il rilascio dei prigionieri armeni e criticando la decisione di tenere la COP 29 a Baku.

Thunberg si è poi recata a Yerevan per parlare ad un "evento collaterale" organizzato da un gruppo di ONG ambientaliste locali. L'attenzione principale era ancora una volta sull'Azerbaijan. Thunberg ha anche organizzato una piccola protesta fuori dall'edificio delle Nazioni Unite nella capitale armena. Sebbene il governo armeno non fosse direttamente coinvolto nelle azioni di Thunberg, l'Azerbaijan le considerava comunque parte di una campagna più ampia condotta da gruppi della diaspora e altri per minare gli sforzi di normalizzazione delle relazioni.

Ciò si è verificato quando il membro del Congresso statunitense Frank Pallone è arrivato inaspettatamente a Baku per la conferenza. Amico e sostenitore di spicco della lobby armena a Washington, è uno dei politici stranieri più attivi nel dare eco alla posizione dei gruppi nazionalisti della diaspora. I media azeri lo hanno circondato e hanno ripetutamente insinuato che fosse pagato da un gruppo di lobby americano-armene. Pallone si è in seguito ritirato da una conferenza stampa programmata con altri rappresentanti del Congresso. Ci sono state anche piccole aggressioni verbali fuori dal suo hotel.

Queste azioni, pur avendo attirato una certa attenzione in Armenia, sono state poco riportate a livello internazionale, mentre i media si sono concentrati sulle più generali critiche alla situazione dei diritti umani in Azerbaijan, nonché sul controverso ruolo del paese produttore di petrolio e gas e altre questioni relative alla COP.

Tuttavia, alcune notizie positive sono emerse dalla conferenza quando l'ambasciatore statunitense a Baku Mark Libby ha annunciato inaspettatamente che idrologi e ingegneri di Armenia e Azerbaijan stavano lavorando insieme alla gestione integrata delle acque per i fiumi transfrontalieri. Sebbene non siano stati forniti dettagli, questo dimostra che, nonostante le tensioni bilaterali, ci sono aree in cui i due paesi potrebbero collaborare.

L'Azerbaijan ha affermato che i negoziati per normalizzare le relazioni con l'Armenia continueranno a dicembre, ed entrambi i paesi hanno espresso un cauto ottimismo sul fatto che un formale accordo di pace sia ancora possibile. Nonostante ciò, la speranza che la conferenza sul clima potesse fungere da piattaforma per una svolta è svanita, e il futuro del processo di pace rimane incerto.


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