Il presidente azero Ilham Aliyev ha chiesto pubblicamente la fine della "tragedia di Gaza". Nonostante le proteste che arrivano da più parti, però, l'Azerbaijan resta il principale fornitore di petrolio ad Israele, che a sua volta ha fornito un aiuto chiave a Baku per modernizzare l'esercito
Lo scorso giugno, dopo un incontro con l'omologo egiziano Abdel al-Sisi, il presidente azero Ilham Aliyev ha chiesto di porre fine alla "tragedia di Gaza". Eppure, l'Azerbaijan è tra i paesi che forniscono petrolio a Israele, alimentando così la guerra.
L'Azerbaijan fornisce a Israele circa il 40% del suo fabbisogno di petrolio. Lo scorso novembre, durante la conferenza internazionale sul clima a Baku, i gruppi di pressione hanno colto l'occasione per chiedere al governo dell'Azerbaijan di interrompere la fornitura.
Contemporaneamente, si sono svolte proteste fuori dalle ambasciate azere in varie capitali. L'attivista per il clima Greta Thunberg, che si trovava in Georgia e non è riuscita a raggiungere Baku a causa della chiusura ai passeggeri di tutti i confini di terra dall'inizio della pandemia, ha definito l'Azerbaijan complice della guerra contro Gaza a causa del costante flusso di combustibili fossili verso Israele.
A ottobre Progressive International , una piattaforma che riunisce oltre cento organizzazioni con la missione di "unire, organizzare e mobilitare", ha pubblicato un appello "ad agire e fare pressione sugli attori complici nell'alimentare il genocidio israeliano tramite l'oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan".
L'oleodotto in questione (BTC) trasporta il petrolio azero attraverso la Georgia fino ai porti del Mediterraneo in Turchia, da dove viene spedito in tutto il mondo, compreso Israele. L'appello chiede "un embargo energetico su Israele con un focus sull'oleodotto BTC e sui suoi due principali attori aziendali: British Petroleum (BP) e Azerbaijan State Oil Company (SOCAR)".
Questi appelli non sono nuovi. Durante l'estate, un gruppo pro-Palestina denominato "The Thousand Youths for Palestine" ha organizzato proteste fuori dagli uffici SOCAR a Istanbul. La Turchia ha proseguito con il commercio e le spedizioni a Israele fino a maggio 2024, quando ha annunciato restrizioni su tutti gli scambi commerciali fino alla fine della guerra a Gaza.
Tuttavia, non tutti credono che sia così. Il giornalista Metin Cihan, ora in esilio, è stato tra i primi a sottolineare come il paese continuasse a commerciare con Israele nonostante la decisione di bloccare tutte le relazioni commerciali. Il 29 novembre, mentre il presidente Recep Tayyip Erdoğan si rivolgeva al TRT World Forum, gli attivisti che chiedevano perché il petrolio azero venisse ancora spedito in Israele sono stati rapidamente allontanati dalla sala.
Queste domande, tuttavia, erano corrette, poiché un recente report di Progressive International e della campagna Stop Fuelling Genocide ha rivelato che una petroliera partita dal terminal Heydar Aliyev a Ceyhan il 30 ottobre ha attraccato in Israele il 5 novembre, per poi partire per la Sicilia.
La petroliera avrebbe spento il segnale di tracciamento dopo aver raggiunto il Mar Mediterraneo orientale e lo avrebbe riacceso dopo aver raggiunto la Sicilia, pertanto la sua tappa in Israele è stata rilevata solo grazie alle immagini satellitari.
Durante le proteste di fronte all'ufficio SOCAR di Istanbul durante l'estate, la società ha negato la vendita diretta di petrolio a Israele, affermando che la vendita avviene tramite società commerciali. La società ha quindi insistito sul fatto che queste società commerciali non sono monitorate o controllate da società fornitrici come SOCAR.
I funzionari in Turchia concordano. Rivolgendosi al parlamento il 12 novembre, il vicepresidente del gruppo AKP Özlem Zengin ha affermato: "Attualmente 700.000 barili di petrolio scorrono quotidianamente dall'oleodotto Baku-Ceyhan. Questo petrolio appartiene a diverse società. La Turchia non gestisce il petrolio trasportato, ma solo l'oleodotto".
Zenging ha anche aggiunto che il ministro del Commercio turco Ömer Bolat ha incontrato tutte le aziende che utilizzano l'oleodotto, le quali hanno tutte confermato che non è stato spedito petrolio direttamente in Israele attraverso questo canale.
Dal punto di vista tecnico, la Turchia non può fermare le spedizioni e bloccare il flusso. L'accordo firmato tra la compagnia petrolifera statale turca TPAO e BP, il più grande partner dell'oleodotto BTC, proibisce di ritardare o ostacolare il transito del petrolio. In caso contrario, la Turchia potrebbe finire in una corte internazionale di arbitrato.
Legami tra Israele e Azerbaijan
I legami dell'Azerbaijan con Israele si basano da tempo sul commercio di equipaggiamento militare e di sorveglianza, sulla fornitura di petrolio e, più di recente, sulla tecnologia aerospaziale. Israele ha istituito la sua ambasciata nella capitale Baku nel 1993. L'Azerbaijan ha iniziato a fornire petrolio a Israele nel 1999. La svolta nelle relazioni, tuttavia, è avvenuta nel 2010.
L'analista azero Zaur Shiriyev ha dichiarato a Global Voices che la necessità di Baku di modernizzare il proprio esercito e la ricerca di nuovi partner da parte di Israele, in un contesto di deterioramento dei legami con la Turchia, hanno avvicinato i due paesi.
Nel 2011 l'Azerbaijan era diventato il principale partner commerciale di Israele ed esportava circa 2,5 milioni di tonnellate di petrolio all'anno, secondo i dati disponibili in quel periodo. La sussidiaria della SOCAR, la Caspian Drilling Company, ha firmato un accordo con il giacimento petrolifero israeliano Med Ashdod, ottenendo una quota del 5% e i diritti per le trivellazioni offshore nella zona.
Con il prosperare delle relazioni, l'Azerbaijan ha aumentato la spesa sull'equipaggiamento militare israeliano. Nel 2015-2019, secondo i dati dello Stockholm International Peace Research Institute, Israele ha fornito il 60% delle importazioni di armi all'Azerbaijan. Questa attrezzatura, così come l'acquisto di droni israeliani, ha aiutato l'Azerbaijan a vincere la guerra di 44 giorni con l'Armenia nel 2020.
L'Azerbaijan ha continuato a mantenere un delicato equilibrio sulla scia dell'attacco di Hamas a Israele del 7 ottobre e della successiva guerra a Gaza. Ufficialmente, il paese non ha condannato Israele, limitandosi a votare "a favore della risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni unite che chiedeva una tregua umanitaria immediata che portasse alla cessazione delle ostilità tra Israele e Hamas". Questo, scriveva l'esperto di politica estera Eldar Mamedov nel suo articolo per Eurasianet nel novembre 2023, "è più o meno il massimo che [l'Azerbaijan] è disposto a fare".
Nell'ottobre 2023, SOCAR è stata tra le sei aziende a cui è stata assegnata una licenza per esplorare e sviluppare nuove riserve di gas naturale nel Mediterraneo orientale. "Le aziende vincitrici si sono impegnate con investimenti senza precedenti nell'esplorazione del gas naturale nei prossimi tre anni, il che si spera porti alla scoperta di nuovi giacimenti di gas naturale", avrebbe affermato all'epoca il ministro dell'Energia Katz. Lo stesso anno, l'Azerbaijan ha aperto la sua ambasciata a Tel Aviv.
Nel febbraio 2024, il presidente Aliyev ha incontrato il suo omologo israeliano Isaac Herzog a margine della Conferenza sulla sicurezza di Monaco. Nell'aprile 2024, i ministri dell'Energia di entrambi i paesi hanno discusso di ulteriori legami energetici durante un incontro a Dubai.
Se i due governi intrattengono legami strategici, anche l'opinione pubblica è rimasta in silenzio. Non ci sono state proteste o richieste, tranne una manciata di attivisti civici e politici espressione dell'opinione pubblica azera, composta in maggioranza da musulmani sciiti, che hanno chiesto al governo di assumere una posizione più dura contro Israele.
Nell'ottobre 2023, poco dopo l'inizio della guerra a Gaza, diverse piattaforme di notizie online hanno condotto sondaggi tra i loro lettori, in base ai quali due terzi degli intervistati hanno espresso sostegno a Israele. Le immagini condivise dall'ambasciatore israeliano in Azerbaijan, che mostrano fiori deposti fuori dall'ambasciata, illustrano la solidarietà del popolo azero nei confronti di Israele.
Scarsa è anche la copertura della guerra a Gaza in gran parte dei media statali o filo-governativi. Pertanto, l'inerzia dell'Azerbaijan nei confronti di Gaza non sorprende.
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