Un video breve che è diventato in 24 ore virale e visto da milioni di persone. È lo spot "Hejt SLOVEni, još ste živi?" realizzato dal portale di Banja Luka "Buka" e girato dal regista Predrag Ličina con Hristina Popović, Severina Kojić e Goran Bogdan. Il suo scopo: dire stop al linguaggio dell'odio
In un supermercato da qualche parte nella regione ex jugoslava. Azra, di nazionalità bosgnacca, arriva al banco della macelleria e si rivolge al macellaio Dule, di nazionalità serba.
Azra: Hate, Dule!
Dule: Hate, Azra!
Azra: Dammi un ossobuco di vitello, brutto maiale.
Dule: Vuoi questo da mezzo chilo o da un chilo, troia turca?
Azra: Va bene da mezzo chilo, frocio cetnico.
Dule: Ok, te lo incarto subito, stronza.
Azra: Grazie mille, porco.
Dule: Prego.
Azra si avvicina alla cassa dietro alla quale sta seduta Josipa, di nazionalità croata.
Josipa: Hate, Azra!
Azra: Hate, Josipa!
Josipa: Hai solo questo, feccia musulmana?
Azra: Sì, solo questo, puttana ustascia.
Josipa: Chi non ha niente nel carrello, non ha niente nel cervello.
Azra: Nel paese degli imbecilli saresti una regina.
Josipa: Bene, salutami quel tuo odioso marito e i tuoi brutti figli.
Azra: Anche tu saluta i tuoi, vi auguro di morire tutti.
Hristina Popović: Divertente? Insomma…
Goran Bogdan: Così ci insultiamo a vicenda ogni giorno in rete.
Severina Kojić: Stop ai discorsi d’odio. Sempre e ovunque.
Hate, slavi, siete ancora vivi?
Dai un’opportunità al tuo cervello.
Il video “Hate, slavi, siete ancora vivi?” [il titolo è un gioco di parole che allude al titolo dell’inno jugoslavo, ndr] è diventato in un tempo record il fulcro della campagna contro il discorso d’odio nello spazio post-jugoslavo lanciata dal portale Buka di Banja Luka. In soli due giorni il video ha raggiunto due milioni di visualizzazioni e al momento della stesura di questo articolo ne contava oltre cinque milioni [Compresi tutti i canali in cui è stato diffuso, eccetto le tv, nr]. Il linguaggio usato nel video è brutale, ma corrisponde alla realtà. Un linguaggio tutt’altro che iperbolico.
Guardando il video mi sono sentito sommergere dalla vergogna. Ma…
“Siamo in tanti!”, mi ha detto un amico che vive lontano, oltreoceano, aggiungendo di non credere che esista un modo più efficace per contrastare il discorso d’odio sui media se non con un breve video come questo, che punta dritto al cuore della questione. Poi mi ha spiegato che con quel “siamo in tanti” si riferiva a tutte le persone che sono rimaste umane, a tutti quelli che – prima, durante e dopo la nostra guerra fratricida – hanno alzato la voce contro la follia dell’odio. Aggiungendo però che la maggior parte delle persone buone e positive è passiva, sia lì – che per noi un tempo era qui – sia nella cosiddetta diaspora. Ma non sono pochi nemmeno quelli che non fanno che scagliarsi contro l’altro, contro chi non è uno di “loro”.
E io? Mi sono ricordato di un’intervista il cui lo scrittore serbo Dragan Velikić parla della fukara, intendendo con questo termine la più miserabile uniformità del pensiero in una società. “Ottimo!”, ha esclamato il mio amico d’oltreoceano.
L’obiettivo del video realizzato dal portale Buka della durata di 1 minuto e 32 secondi è quello di contrastare i discorsi d’odio che si sono sviluppati e diffusi nella regione ex jugoslava negli ultimi trent’anni.
Nonostante le differenze linguistiche formali, i messaggi di questi discorsi sono perfettamente chiari a tutte le persone a cui sono rivolti, persone che, a loro volta, cercano di replicare con gli stessi toni, se non addirittura con toni ancora più accesi.
Tutti sappiamo che si tratta di una minoranza, ma sappiamo anche che questa minoranza gode di una posizione di vantaggio rispetto a tutti quelli che le lasciano strada libera. No, non si tratta di una minoranza casuale, di una reiterazione casuale delle nostre guerre vergognose. È una minoranza che diffonde il suo discorso d’odio non solo su Internet ma anche attraverso gli slogan gridati dalle tribune degli stadi e delle sale sportive.
In quel discorso – il cui lessico è costituito da poche decine di parole – le guerre degli anni Novanta non sono ancora finite, né tanto meno è finta la pulizia etnica né l’assurda omogeneizzazione dei popoli.
“Coltello, filo spinato, Srebrenica!”, “Uccidi un serbo!”, “Uccideremo, taglieremo la gola a chi non è dalla nostra parte!”, “Serbi sui salici!” [si allude all’impiccagione dei serbi], “Picchia i turchi!”, “Ustascia, ustascia!”, “Cetnici, cetnici!”, “Balije, balije!” [termine dispregiativo per indicare i musulmani bosniaci, ndr].
Questa minoranza è presente ovunque. Se avrete “l’onore” di incontrarla, vederete i serbi, i croati, i bosgnacchi, i montenegrini, gli albanesi del Kosovo, ma anche gli sloveni e i macedoni che si dedicano al loro “ruolo” ovunque, dalle spiagge ai bar, ai posti di lavoro, agli ospedali, alle scuole… Ho avuto “l’onore” di sentirli anche in Italia, così come in altri paesi europei. Senza dimenticare i paesi d’oltreoceano.
Gli esponenti di questa minoranza godono dell’appoggio – talvolta silenzioso, altre volte invece rumoroso – di certi partiti politici, ma anche delle élite al potere nei loro paesi (d’altronde, cosa si è disposti a fare in Europa, quella democratica ovviamente, per una manciata di voti?)
Anche i media non sono innocenti, e nemmeno le persone che ascoltano, senza mai criticare, i fomentatori dell’intolleranza e dell’odio. Ogni televisore ha un telecomando, giusto? Non ci sono altri video da guardare su Youtube? Quanta intelligenza ci vuole per capire di dover dire ai propri figli di non andare ai concerti dove urlano gli sciovinisti?
“Assistiamo al diffondersi di un discorso d’odio che pian piano sta conquistando lo spazio online e offline e rischia di diventare un modo di comunicazione generalmente accettato nella nostra società. I rischi derivanti dall’abituarsi all’uso di questo tipo di linguaggio sono molteplici […] Invece di ignorare tale quantità di discorsi d’odio, abbiamo cercato di affrontarli, questo era il nostro obiettivo. Vi è un proverbio che qui viene spesso usato: ‘Lascia stare gli imbecilli’. No, gli imbecilli non devono essere lasciati tranquilli. Dobbiamo spiegare a noi stessi e agli altri quanto sia nocivo il discorso d’odio, e dobbiamo farlo in modo brutale”, spiega Aleksandar Trifunović, caporedattore del portale Buka e ideatore della campagna di promozione della cultura del dialogo, dell’empatia e della comprensione reciproca tra le persone.
Dobbiamo ringraziare Aleksandar Trifunović, la redazione del portale Buka, l’ideatore e regista del video Predrag Ličina, l’attrice Hristina Popović, l’attore Goran Bogdan e la cantante Severina Kojić per questo gesto di resistenza. Ringraziare, certo, ma dobbiamo anche essere critici con noi stessi. Quante volte ognuno di noi ha detto: “Lascia stare gli imbecilli”? Ma tali ricordi ormai appartengono ad un passato remoto, soprattutto se pensiamo al periodo in cui le parole venivano usate, prima delle armi, come mezzo per incitare all’intolleranza e alla negazione dell’altro. Ogni resistenza però ha i suoi limiti, li vedo già nella perdurante sordità di quelli che stanno cercando di creare un’alleanza tra potere e sottocultura. A queste persone verrebbe mai in mente di eliminare il revisionismo storico dai libri di testo e di introdurre l’insegnamento dell’educazione civica? Purtroppo, per loro il concetto di intelligenza ha tutto un altro significato, e questo ha arrecato danni alle generazioni cresciute dopo la guerra.
Il video “Hate, slavi” dovrebbero essere visto dagli studenti di tutte le scuole superiori nella regione, per poi potersi confrontare in un dibattito più forte di quel maiale sciovinista che scava nella terra dalla quale dovrebbero crescere le piante della diversità e non le erbacce, per via delle quali migliaia di giovani continuano a lasciare la regione. Dovrebbero crescere? Crescerebbero se a decidere fossero le persone normali e perbene. Ma chi chiede alle persone normali cosa pensano su certo argomento? Lì si sa chi ha voce in capitolo, chi decide e chi invece tace, sopporta e continua a votare per quelli che decidono nel mondo della politica! Ma gli sciovinisti non scompariranno da soli, il detto “lascia stare gli imbecilli” non aiuta in questo caso.
Chapeau al portale Buka che ha fatto la sua parte. Chapeau anche al regista Predrag Ličina e agli attori, anche loro hanno fatto tutto quello che hanno potuto.
“Hate, slavi”, il Davide della tolleranza contro il Golia dell’intolleranza e dell’oscurità?
Ad ogni modo, l’amore contro l’odio.
Un estratto dell’intervista allo scrittore Dragan Velikić pubblicata dal settimanale Vreme, l’11 giugno 2015
Non so perché la Jugoslavia si sia dissolta. Posso solo avere certe idee. Ad esempio, forse dava fastidio a qualcuno, non importa a chi. Infastidiva qualcuno, molti. Ma non è stata abbastanza forte né intelligente per salvarsi. Penso che il problema stia nell’intelligenza. Abbiamo lasciato che la vera fukara prendesse il sopravvento, che adottasse le norme e le leggi, che incendiasse e bombardasse. A dire il vero, non riesco a credere che la fukara si sia imposta nella nostra regione. Ma se guardate cosa e come si scrive in vari forum, allora è logico pensare che la fukara abiti queste terre e che meriti di vivere come vive. D’altra parte, io incontro – per strada, al cinema, a teatro, al mercato, sui mezzi di trasporto pubblico – ovunque io vada incontro molte più persone normali, brave e oneste. Quindi, non so, forse quei bot stanno creando il caos. Forse la fukara non è numerosa ma è ben organizzata? Forse noi altri siamo incapaci? Troppo poco educati per vivere dignitosamente?
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