© LanKS/Shutterstock

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Tra gli 88 concorrenti alla statuetta di miglior film straniero, 13 provengono da Europa sud-orientale e Caucaso. Le nomination per gli Oscar saranno annunciate il 24 gennaio, mentre la cerimonia di premiazione si svolgerà il 10 marzo

28/12/2023 -  Nicola Falcinella

Rimasto a bocca asciutta dalle premiazioni degli "Efa – European Film Award" - soprannominati gli Oscar europei e dominati dal francese “Anatomia di una caduta” di Justine Triet, che aveva già vinto la Palma d’oro - il cinema dell’area balcanica e caucasica guarda alle imminenti prime tappe della corsa ai veri Oscar.

Un’anticipazione si è avuta con le nomination per i Golden Globes: per il miglior film in lingua non inglese gareggiano in sei, tra i quali “Anatomia di una caduta”, “Foglie al vento” di Aki Kaurismaki (di imminente uscita in Italia) e “Io capitano” di Matteo Garrone, sul quale si puntano le speranze italiane. Le nomination per gli Oscar saranno annunciate il 24 gennaio, mentre la cerimonia di premiazione si svolgerà il 10 marzo.

Tra gli 88 concorrenti alla statuetta di miglior film straniero, 13 provengono da Europa sud-orientale e Caucaso, oltre a tre candidati da altre nazioni (Germania, Lituania e Olanda), ma riconducibili a queste aree. Questi ultimi sono il tedesco-turco “The Teacher’s Lounge” di Iker Catak che corre per la Germania, il lituano-georgiano “Slow” di Marija Kavtaradze per la Lituania e l’olandese-bosniaco “Sweet Dreams” di Ena Sendijarević per l’Olanda. A questi possiamo aggiungere la Turchia con “About Dry Grasses” di Nuri Bilge Ceylan e l’Ucraina con “20 Days In Mariupol” di Mstyslav Chernov.

Tra i titoli spicca il romeno “Do Not Expect Too Much From The End Of The World” di Radu Jude, già Premio speciale della giuria all’ultimo Festival di Locarno e inserito da molti, compresi i Cahiers du Cinéma, tra i più belli dell’annata. L’ottimo film di Jude, una critica tagliente e articolata alla nostra società, non rientra nella tipologia delle pellicole che di solito approdano nella cinquina di nominati. E anche gli altri non sembrano aver molte possibilità di arrivare tra i cinque nominati: quello che ha forse maggiori carte di superare almeno la prima scrematura (la lista dei 15 preselezionati sarà resa nota giovedì 21) è “Housekeeper for Beginners” di Goran Stolevski, in rappresentanza della Macedonia del Nord, presentato alla Mostra di Venezia dove ha ottenuto il Queer Lion.

Gli altri film sono: il documentario “Alexander” di Ardit Sadiku per l’Albania, “Amerikatsi” di Michael A. Goorjian per l’Armenia, “Blaga’s Lessons” di Stephan Komandarev per la Bulgaria, “Traces” di Dubravka Turić per la Croazia, “Citizen Saint” di Tinatin Kajrishvili per la Georgia, “Behind The Haystacks” di Asimina Proedrou per la Grecia, “Thunders” di Ioane Bobeica per la Moldova, “Sirin” di Senad Sahmanović per il Montenegro, “The Duke And The Poet” di Milorad Milinković per la Serbia e “Riders” di Dominik Mencej per la Slovenia.

Altre due di queste opere hanno debuttato a Locarno ricevendo dei riconoscimenti: miglior interprete non protagonista Renée Soutendijk in “Sweet Dreams”, mentre “Excursion” di Una Gunjak ha ottenuto una menzione speciale nel concorso Cineasti del presente, riservato alle opere prime e seconde.

“Sweet Dreams” di Ena Sendijarević è ambientato nelle Indie orientali olandesi, ai primi del ‘900. Il colono Jan muore all’improvviso, lasciando nel testamento le piantagioni di canna da zucchero al piccolo Karel, avuto dalla concubina indonesiana Siti. Così la vedova Agathe, il figlio Cornelius e la nuora Josefien incinta cercano una soluzione per poter vendere tutto e tornare in Europa. Sono “tempi strani” ripetono (ma “i tempi strani non durano a lungo” afferma un anziano), è la fine di un’epoca, forse bisogna accettare la “civilizzazione”.

"Excursion" è un film sulla banalità del male, i dubbi morali e l’autodistruzione, che ha qualcosa della fiaba horror secondo le dichiarazioni d’intenti del regista, ma non è del tutto risolto. I tanti quadri fissi restituiscono il fascino dell’esotico in modo fin troppo estetizzante, mentre le musiche, compreso Vivaldi, sono usate in maniera curata e straniante. L’opera prima di Una Gunjak, che si era già fatta conoscere con i suoi cortometraggi, è ambientata nella Sarajevo contemporanea e ha come protagonista una quindicenne.

I genitori degli studenti di una classe discutono animatamente sulla località dove mandare in gita i figli. E pure i ragazzi ne parlano tra loro. Ci sono le preoccupazioni di natura economica, nell’alternativa tra Venezia e la Croazia, e le diverse possibilità alla portata delle famiglie, ma si fa strada la preoccupazione per quanto sarebbe successo in una scolaresca di Banja Luka: si è sparsa la voce che le ragazze sono rimaste tutte incinte. Alla discussione partecipa Iman, che porta i capelli ossigenati e sembra saperla lunga, tanto da affermare durante un gioco di aver già fatto sesso con il compagno Damir.

 La protagonista vive a casa con la madre medico, il padre che lavora di notte e si vede poco e il nonno che guarda sempre la tv. È una brava studentessa, passa pure i compiti all’amica Hana, il cui padre è contrario alla gita. Più parla di quanto accaduto con Damir, più Iman si convince che possa nascere una storia con il coetaneo, che al contrario sembra essere lontano e disinteressato.

La ragazza porta avanti la cosa finché vomita nel cortile della scuola, inizia a pensare di avere una gravidanza e le voci sul suo conto si diffondono, fino a mettere in discussione la stessa gita. “Excursion” è un film che in alcuni momenti può sembrare caotico, dove tutti dicono la loro e giudicano senza sapere e intanto si discute dell’affidabilità delle notizie in televisione, in un curioso rispecchiamento. Gunjak mostra incertezze e radicalità degli adolescenti, ipocrisie dei genitori (la riunione ricorda quella di “Sesso sfortunato o follie porno” di Radu Jude) e gli effetti dei social, tanto che i compagni creano un gruppo whatsapp “Anti-Iman”.

Quanto al cinema bosniaco, la pellicola si pone tra “Summer in the Golden Valley” di Srdjan Vuletić e “Children of Sarajevo” di Aida Begić per i ritratti di adolescenti, mentre per certe dinamiche di classe e genitori si può collegare allo sloveno “Class Enemy” di Rok Bicek.


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