Uno studio dell'OSCE appena pubblicato raccoglie una lunga serie di dati sulle violenze subite da circa 16 milioni di donne nei paesi dell’est e del sud-est Europa
“Un uomo che prende a schiaffi una donna? Non è considerato grave - racconta una giovane donna bosniaca - non ha fatto qualcosa di orribile: non l’ha picchiata”. La sua testimonianza fa parte delle 15.179 interviste raccolte in un nuovo studio dell'OSCE che fa il punto sulla violenza contro le donne nell’Europa orientale e sud-orientale. In particolare il sondaggio è stato somministrato a donne tra 17 e 74 anni che vivono in Albania, Bosnia Erzegovina, Kosovo, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia, Moldavia e Ucraina.
In questi paesi circa 16 milioni di donne hanno subito una qualche forma di violenza sessuale, fisica o psicologica, oppure abusi o stalking. Si tratta del 70% delle donne, secondo questo studio. Tutte possono insomma ritrovarsi esposte al fenomeno della violenza, indipendentemente dalla loro condizione socio-economica. Ma sono le donne povere, in condizioni di dipendenza economica e con figli quelle che riportano le maggiori esperienze negative.
Il 30% delle donne intervistate ha subito almeno una molestia sessuale grave: una percentuale decisamente più bassa rispetto alla media europea, dove lo stesso dato arriva al 45%. Se poi si considera una qualsiasi forma di molestia sessuale, si arriva al 45% nell’area studiata (con un range che va dal 29% della Bosnia Erzegovina al 49% di Moldavia e Ucraina) contro un 55% di media Ue. Rispetto ai paesi dell'Unione risultano invece più frequenti gli episodi di violenza compiuta dal partner, specie se quello attuale.
La differenza tra dato medio dell'Ue e sud-est Europa deve essere analizzato anche considerando il fatto che nell'Ue le molestie sessuali sono comunque dichiarate più frequentemente. Il tutto sembra ricollegabile, come nota lo studio, a una più lunga storia di politiche e campagne di sensibilizzazione sull’uguaglianza di genere. E infatti la maggior parte delle donne intervistate nel sud-est Europa (il 68%) considera diffuso il problema della violenza di genere – ma il dato è più basso rispetto alla media Ue, che è del 78%.
Questa differenza dipende anche da modi diversi di definire la violenza. Prendere una donna a schiaffi o tirarla per i capelli tendono ad essere considerati situazioni “normali” da alcune donne del sud-est Europa, o quantomeno forme minori di aggressione. Viene accettato anche il sesso tra coniugi in assenza di consenso: “Avere rapporti con il marito anche se non si vuole è una forma di violenza sessuale - osserva una donna macedone - ma spesso lo si fa per mantenere la quiete in famiglia”. E infatti è questa la forma di violenza sessuale che viene più spesso giustificata, soprattutto in Kosovo (25%) e nella Macedonia del Nord (22%). D’altra parte il 30% delle intervistate considera la violenza domestica una faccenda privata, da trattare in famiglia: più del doppio rispetto alla media Ue, che è del 14%.
“Dentro casa il marito è un ospite, tutto ricade sulle spalle delle donne”, osserva una montenegrina ultracinquantenne che vive in un’area rurale. Eppure “gli uomini sono cambiati parecchio rispetto a 20 o 30 anni fa - le fa eco una sua concittadina e coetanea, che invece vive in città - specie quelli che hanno famiglia condividono molto di più le faccende domestiche”.
In generale, la concezione misogina risulta “a tutto tondo”: tra coloro che condividono una visione della donna sottomessa all’uomo sono più diffusi anche atteggiamenti di colpevolizzazione delle vittime e l’idea che la violenza sia una questione privata. Come ci si può aspettare, la condizione socio-economica conta: visioni come queste sono infatti più diffuse tra le donne anziane, con livelli di istruzione e reddito più bassi e tra le residenti in aree rurali.
Un altro aspetto su cui si sofferma lo studio è la scarsa tendenza a riportare violenze subite e a chiedere aiuto. L’81% delle donne che subiscono violenze serie da parte del partner attuale non si rivolge alla polizia o ad altre istituzioni. Qui il dato è in linea con la media Ue.
Questo articolo è pubblicato in associazione con lo European Data Journalism Network ed è rilasciato con una licenza CC BY-SA 4.0
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