Locarno è il festival che ha lanciato il nuovo cinema romeno, e non solo. Ma quest'anno poco spazio per i Balcani. Tendenza confermata a Venezia, che vede i Balcani più in giuria che in concorso. Una rassegna
C’è poco sud-est Europa al Festival del film di Locarno che si apre mercoledì (fino all’11 agosto) nella città svizzera sul Lago Maggiore. Anzi, la regione sarà quasi assente da una manifestazione che ha contribuito a segnalare e consacrare il nuovo cinema romeno e che nell’ultimo decennio ha valorizzato il cinema bosniaco (“Gori Vatra – Benvenuto, Mr. President” di Pjer Žalica) e serbo (“Beli, beli svet - White White World” di Oleg Novković e “Tilva Roš” di Nikola Ležaić).
In compenso sarà nutrita la rappresentanza, soprattutto della Turchia, alla Mostra di Venezia in calendario dal 29 agosto all’8 settembre. Anche qui, però, nessun titolo tra i 18 in concorso per il Leone d’oro, bensì tutti collocati nelle sezioni collaterali.
Andrà invece solo a Toronto “Venuto al mondo - Twice Born” di Sergio Castellitto, tratto dal romanzo della moglie Margaret Mazzantini. Un film tra l’Italia e Sarajevo, una coproduzione con Spagna e Croazia che ha come protagonisti Penelope Cruz ed Emile Hirsch e dovrebbe uscire in sala il 9 novembre.
A Locarno, Balcani fuori concorso e cortometraggi
Fuori concorso a Locarno ci sarà il cortometraggio in prima mondiale “The Capsule” della greca Athina Rachel Tsangari (premiata nel 2010 a Venezia per “Attenberg” e giurata un anno fa al festival elvetico) con Ariane Labed, Clémence Poésy e Isolda Dychauk.
Ci saranno poi quattro produzioni dell’area nel concorso cortometraggi Pardi di domani. Sono il turco “Birlikte – Together” di Baris Corak, il greco “Cavo d’oro” di Siamak Etemadi, la coproduzione tra Belgio e Slovenia “Rivers Return” di Joe Vanhoutteghem e il croato “Zašto slonovi? - Why Elephants?” di Marko Mestrović. Una giornata, domenica 5, sarà dedicata alla situazione del mercato nell’Europa centrale e orientale, con la buona notizia della Bosnia che quest’anno entra nel programma Media.
A Venezia Balcani in giuria
La Mostra di Venezia avrà invece l’artista d’origine serba Marina Abramović nella giuria principale, il critico greco Michel Demopoulos (già direttore del festival di Salonicco) nella giuria per il Leone del futuro e il regista macedone Milcho Manchevski (“Prima della pioggia”) nella giuria Orizzonti.
In quest’ultima sezione spicca il quinto lungometraggio della regista turca Yesim Ustaoglu, “Araf – Somewhere in Between”, coproduzione con Germania e Francia. L’autrice del bellissimo “Viaggio verso il sole” (1999) era già stata in giuria a Venezia nel 2002. Tra i cortometraggi c’è il greco “Titloi telous – Out of Frame” di Yorgos Zois. Fuori concorso passerà il documentario “La nave dolce” di Daniele Vicari tra Italia e Albania
Su sette film della Settimana della critica ne vanno considerati tre, tutti lavori d’esordio: “Küf – Mold (Muffa)” di Ali Aydın (coproduzione Turchia-Germania), “O luna in Thailandia - A Month In Thailand” di Paul Negoescu (Romania) e “Äta Sova Dö - Eat Sleep Die (Mangia dormi muori)” di Gabriela Pichler (Svezia). Nel film turco, su un cinquantacinquenne ferroviere che non si dà pace della misteriosa scomparsa del figlio, i ruoli principali sono affidati a Ercan Kesal e Muhammet Uzuner rispettivamente co-sceneggiatore e interprete di Mukhtar e interprete del dottor Cemal nel bellissimo “C’era una volta in Anatolia” di Nuri Bilge Ceylan.
Dalla Svezia alla Thailandia
“Un mese in Thailandia” rappresenta l’esordio nel lungometraggio di Negoescu, uno dei più interessanti registi di cortometraggi degli ultimi anni. L’ultimo giorno dell’anno per una giovane coppia: lei è innamoratissima, lui nutre qualche dubbio e al supermercato incontra l’ex fidanzata. Poche ore decisive per i protagonisti e metafora di una generazione in bilico, un po’ come già “Boogie” di Radu Muntean.
Di padre austriaco e madre bosniaca è la Pichler, che racconta di Raša, giovane svedese musulmana d’origine balcanica che, dopo essere stata licenziata dall’azienda, si trova a dover riflettere anche sul luogo in cui ha scelto di vivere.
Nelle Giornate degli autori due opere prime di registe donne. Una è “Keep Smiling” della georgiana Rusudan Chkonia con Ia Sukhitashvili, Gia Roinishvili e Olga Babluani. Un gruppo di donne alle prese con il mito della televisione, opera di una giovanissima autrice, cresciuta alla Cinéfondation del festival di Cannes. Una coproduzione con Francia (Robert Guédiguian) e Lussemburgo.
“Heritage – Inheritance” dell’apprezzata attrice palestinese Hiam Abbass (protagonista de “Il giardino dei limoni” e molte altre pellicole) con Hafsia Herzi (“Cous cous”), coproduzione Francia/Israele/Turchia, storia della famiglia del patriarca palestinese Abu Majda che vive nel nord della Galilea, durante l’ultima guerra di Israele in Libano.
Come Evento speciale c’è “Bob Wilson’s Life And Death Of Marina Abramović” di Giada Colagrande con Bob Wilson, Marina Abramović, Willem Dafoe e Antony Hegarty. Quattro ritratti ravvicinati d’artista, dietro le quinte di uno spettacolo irripetibile. “Marina è il paesaggio, Bob Wilson la mente, Antony il cuore e Willem il corpo - dice la Colagrande - ho avuto la grande fortuna di osservare da vicino e filmare questa intensissima collaborazione artistica, dalla quale tutti i protagonisti sono stati trasformati”.
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