Al "Festival Tutti nello stesso piatto", il 12 novembre a Trento, si racconta la storia della cooperativa agricola bosniaca "Insieme" con il documentario DERT e il dibattito con i protagonisti
Il Festival Tutti nello stesso piatto è un’occasione di incontro con il cinema e la cultura di Europa, Africa, Asia e America Latina, attraverso i temi del cibo, della biodiversità, della sovranità alimentare, dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile. "Orizzonti latini", "La salute nel piatto", "Cibo e diritti umani" e "Le culture del cibo" sono i focus dell'edizione 2016 e nella quale il 12 novembre si parlerà di Bosnia Erzegovina.
Presso il Teatro Sanbàpolis di Trento alle 20.30 si terrà infatti la proiezione del documentario di Stefano e Mario Martone "DERT" (ITA, 2016, 62'), che racconta la storia della cooperativa agricola bosniaca “Insieme” e dell’amicizia che l’ha resa possibile: quella tra i due fondatori – Rada Žarković e Skender Hot, rispettivamente presidente e direttore - il fotoreporter italiano Mario Boccia e la grande rete di amicizia solidale che si è costituita tra Bosnia Erzegovina e Italia fin dalla nascita della cooperativa. A seguito della proiezione i protagonisti dialogheranno con Nicole Corritore di OBC Transeuropa.
A vent’anni dai tragici avvenimenti che hanno sconvolto la Bosnia Erzegovina, DERT si muove nei luoghi della memoria di un paese segnato dalla guerra, ma non è un film sulle vittime e sul dolore. E’ la testimonianza di una straordinaria esperienza collettiva fondata sulla dignità e sul lavoro e un esempio di convivenza a dispetto di tutti i nazionalismi.
"Abbiamo condiviso e fatta nostra la decisione collettiva dei soci e dei lavoratori della cooperativa di non parlare apertamente dei propri lutti legati al conflitto", sottolineano i registi Mario e Stefano Martone, i quali aggiungono: "Una decisione forte, impopolare, ma allo stesso tempo ammirevole, che evita di ridurre l’identità delle persone coinvolte a quella unidimensionale di vittime di guerra. Consente invece di porre l’attenzione su alcuni aspetti che per noi sono fondamentali: in primo luogo la necessità e la voglia di costruire (in questo caso ricostruire) una vita dignitosa attraverso l’affermazione del diritto al lavoro, al reddito, alla cittadinanza."
La cooperativa agricola "Insieme", i cui prodotti sono oggi distribuiti dalla rete Mandacarù, nasce nel 2003 a Bratunac - sulla riva occidentale della Drina al confine tra la Bosnia Erzegovina e la Serbia - a pochi chilometri da Srebrenica.
Dall’inizio di aprile del 1992, dopo il collasso della Jugoslavia, la Bosnia Erzegovina ha sofferto una sanguinosa guerra d’aggressione terminata nel novembre 1995. Più di centomila morti, migliaia di scomparsi, oltre due milioni di profughi, economia ed infrastrutture distrutte. Il conflitto ha provocato un profondo cambiamento della struttura demografica della popolazione, come risultato delle operazioni di “pulizia etnica” dei territori.
Durante il conflitto, l’area di Bratunac è stato teatro di scontri durissimi. Molte famiglie hanno cercato rifugio nella cittadina di Srebrenica, enclave a maggioranza musulmana in un territorio a maggioranza serbo-ortodosso, che era stata dichiarata area protetta dalle Nazioni Unite. L’11 luglio 1995 l’esercito serbo-bosniaco viola l’area protetta, entra nella città e commette un massacro sistematico della popolazione maschile musulmana, di età tra il 12 e i 90 anni. Le donne e i bambini sopravvissuti vengono forzatamente trasferiti in campi profughi. La strage è di dimensioni inaudite, le vittime stimate sono più di ottomila. E’ il primo genocidio riconosciuto in Europa dopo la Seconda guerra mondiale.
Mario Boccia, fotogiornalista che ha seguito e documentato il conflitto nei Balcani fin dall'inizio, è legato da un'amicizia profonda e solidale con Rada e Skender, presidente e direttore della cooperativa che si occupa di raccolta di piccoli frutti - chiamati "Lamponi o frutti di Pace" - e della loro lavorazione per produrre succhi e marmellate. Negli anni dalla fondazione della cooperativa, Mario Boccia ne segue ogni passo, tra difficoltà e successi, facendosi portavoce del grande valore di questa iniziativa in Italia e all'estero.
Molti direbbero che i soci della cooperativa, ormai più di 500, in prevalenza donne, sono di “etnie” diverse. Loro rifiutano questa distinzione. Lavorano fianco a fianco uniti dal desiderio di restare nella loro terra comune. Ricostruiscono un presente insieme, a dispetto di un passato che li vorrebbe divisi. Il loro esempio sembra gridare alla Bosnia Erzegovina e all'Europa intera, come hanno più volte sottolineato Rada Žarković e Skender Hot: "se si può fare qui, sarà possibile ovunque."