Soccorso alpino (GSS)  Zenica

Soccorso alpino (GSS)  Zenica 

Il Soccorso alpino della Federazione di Bosnia Erzegovina si basa sull'impegno volontario dei suoi membri. La volontà di rendersi utili in situazioni d'emergenza deve però fare i conti con mancanza di fondi e un ruolo poco definito dell'organizzazione

29/11/2024 -  Sanja Mlađenović Stević

La solidarietà è il filo conduttore del Soccorso alpino (GSS) della Federazione BiH, il requisito principale per entrare a far parte di questa grande famiglia. Dopo aver terminato un complesso percorso formativo, i ragazzi iniziano un periodo di prova di tre anni, per poter diventare operatori abilitati al soccorso alpino, addestrati per affrontare situazioni complesse sul terreno.

L’impegno dei soccorritori alpini è su base esclusivamente volontaria, a conferma del carattere umanitario e altruista della loro missione. Il successo delle operazioni di salvataggio spesso però dipende dalla capacità delle squadre locali di sostenere i notevoli costi delle loro attività.

In Bosnia Erzegovina il soccorso alpino non è disciplinato dalla legge, le squadre locali non hanno entrate regolari, sono costrette a cercare finanziamenti in vari modi e sostanzialmente dipendono da donazioni e contributi individuali. Eppure, il loro "telefono rosso" è attivo 24 ore su 24, sette giorni su sette.

I primi ad arrivare a Donja Jablanica

Gruppo soccorso alpino di Stanica Zenica foto GSS Stanica Zenica

Il ruolo dei soccorritori alpini solitamente sale alla ribalta con grandi disastri, come quello accaduto a Donja Jablanica nella notte tra il 3 e il 4 ottobre scorsi. Nel bel mezzo di un'alluvione devastante, tonnellate di pietre estratte da una cava sono precipitate su questa piccola città dell'Erzegovina, uccidendo diciannove persone.

Dopo la tragedia, i primi ad arrivare a Donja Jablanica sono stati i soccorritori alpini delle città vicine, Konjic e Mostar.

"È stato un disastro senza precedenti. Ci aspettavamo un'alluvione, ma una volta arrivati abbiamo visto che la città è stata completamente distrutta dalle pietre. Quindi, dopo l'arrivo delle prime squadre addestrate a prestare soccorso in acqua e subacqueo, abbiamo chiamato ulteriori squadre specializzate nella ricerca dei dispersi nelle macerie", racconta Dženadin Veladžić, direttore del Soccorso alpino della Federazione BiH.

L’ invito è poi stato esteso a tutte le squadre che operano nel territorio della FBiH. I soccorritori di Zenica si sono subito diretti a sud, faticando ad attraversare alcuni tratti della strada verso Jablanica.

Per Kenan Hrustanović, direttore del Soccorso alpino di Zenica, quanto accaduto a Jablanica mette in luce le lacune del sistema di protezione civile in Bosnia Erzegovina. In dieci anni di lavoro, Hrustanović non è mai stato così infastidito dalla posizione poco definita del GSS.

“Quando ci siamo riuniti a Jablanica – spiega il soccorritore – un dirigente della Protezione Civile ci ha fatto sapere che la presenza dei soccorritori alpini a Donja Jablanica non era più necessaria, che eravamo in troppi e che tutti potevano tornare a casa, cioè che dovevano rimanerci solo dieci persone addestrate a prestare soccorso in acqua e subacqueo. Una decisione per me inconcepibile, soprattutto considerando che sul posto c'erano 40-50 soccorritori pronti ad intervenire”.

I soccorritori di Zenica, come le altre squadre del GSS, comprese le unità cinofile, ritengono che durante le recenti alluvioni avrebbero potuto essere molto più di aiuto se avessero avuto la possibilità di utilizzare cani da ricerca e soccorso addestrati e se non si fosse perso tempo prezioso aspettando l’aiuto dell’Unione europea.

“C’è da chiedersi perché le unità cinofile non siano arrivate per prime per cercare i dispersi. I nostri cani sono stati utili in Turchia durante il terremoto: con il loro aiuto abbiamo tratto in salvo quattro persone intrappolate sotto le macerie. Nel nostro paese, purtroppo, si tende a sottovalutare i cani da soccorso”, lamenta Kenan Hrustanović.

Atos, simbolo di devozione

Almir Tabaković con il cane Atos foto GSS Stanica Zenica

Uno di questi cani è Atos, membro regolare e onorario del Soccorso alpino di Zenica. Questo pastore belga, addestrato per attività di soccorso, è salito alla ribalta della cronaca nel febbraio dello scorso anno, quando ha partecipato all'operazione di soccorso alle popolazioni colpite dal devastante terremoto nella provincia di Hatay in Turchia, in cui sono morte decine di migliaia di persone. Nella località maggiormente colpita, dove la squadra di Zenica è arrivata due giorni dopo la catastrofe, Atos ha recuperato diverse persone sotto le macerie, salvando quattro vite.

“All'arrivo abbiamo trovato edifici inclinati e poche persone per strada. Quando ci hanno portato all'epicentro del terremoto... Nessuna mente può immaginare tale catastrofe", racconta Almir Tabaković, allenatore e proprietario di Atos.

“Siamo rimasti ad Hatay dieci giorni. Ci siamo presi una pausa di due giorni, dopo aver tratto in salvo, con l’aiuto di Atos, i primi sopravvissuti intrappolati sotto le macerie – una madre con sua figlia – e la stessa notte tre morti, un nonno con i due nipoti. A quel punto sono crollato. Ho un figlio di 14 anni, e quel giorno abbiamo tirato fuori dalle macerie due ragazzi della sua età", ricorda Almir.

Dopo sette giorni di corse e ricerche tra le macerie, anche Atos è crollato. In un primo momento pensavano fosse semplicemente stanco, come suggerito anche dai veterinari di Istanbul. Tuttavia, al rientro a Zenica, ad Atos è stata diagnosticata l'epilessia.

Pochi mesi dopo, grazie alle cure per l'epilessia e un intervento chirurgico alle zampe ferite nella missione in Turchia, sotto la supervisione dei veterinari, Atos, seguito attentamente da Almir, ha continuato la sua coraggiosa missione.

Come altri membri del GSS di Zenica, Atos non viene retribuito per il suo servizio. A coprire i costi dei servizi veterinari, delle cure e di un’alimentazione adeguata è il suo proprietario.

Metterci il cuore

Tra le macerie di Antachia - foto GSS Stanica Zenica

La partecipazione al GSS comprende l'obbligo di rispondere tempestivamente alle richieste di soccorso che arrivano dalla Protezione Civile, ma anche da tutte le persone che si trovano ad affrontare o sono testimoni di una situazione di emergenza, che richiede l'aiuto di squadre di soccorso alpino. I soccorritori ricordano le storie più insolite, testimonianze delle imprese incredibili, delle capacità e di un coraggio del tutto particolare che caratterizza i volontari.

“Spesso mi chiedono: cosa ti spinge ad alzarti in piena notte, lasciare la tua famiglia e avventurarti in un’impresa rischiosa rispondendo alla chiamata di qualcuno che chiede aiuto? Cosa ti spinge a spendere i tuoi soldi e utilizzare il tuo veicolo per queste operazioni?”, racconta Almir. “Io rispondo che lavoriamo col cuore, però è difficile spiegare i motivi per cui i soccorritori alpini non vengono retribuiti per la loro attività”.

Nella Federazione BiH il soccorso alpino non è regolamentato dalla legge e non c’è la possibilità di creare una rete con le squadre in Republika Srpska e nel distretto di Brčko, anche per poter aderire alle associazioni transfrontaliere. Pur essendo per certi versi simile a quella in Slovenia, Croazia e Italia, la situazione in BiH è più difficile a causa della complessità dell’ordinamento statale, con diversi livelli di governo, corruzione dilagante e divisioni politiche.

Le costose attrezzature utilizzate dai soccorritori alpini devono essere professionali, certificate e nuove. Col tempo le attrezzature si usurano e la loro sostituzione è una grande sfida per le associazioni che non hanno una fonte di reddito regolare, sperando nell'aiuto delle persone che sanno di poter contare, in qualsiasi momento e circostanza, su questi soccorritori coraggiosi.

“Facciamo parte del sistema, siamo i primi ad essere chiamati a intervenire quando necessario, ma non siamo tutelati, il sistema non ci protegge. Manca una legge sul soccorso alpino che ci permetta di garantire l’assistenza sanitaria ai soccorritori. Quando dovevamo andare in Turchia, nessuna compagnia era disposta ad offrirci polizze assicurative. Non abbiamo alcuna fonte di finanziamento stabile. Non si tratta solo di veicoli ufficiali, questi veicoli hanno bisogno di manutenzione e rifornimento," spiega Dženadin Veladžić.

In parole povere, in Bosnia Erzegovina la sicurezza e la vita dei soccorritori alpini – che, con il cuore e l’anima, investono il loro tempo e tutte le loro forze fisiche e mentali in questa missione – dipendono soprattutto dalla loro capacità di garantire le risorse necessarie per la manutenzione regolare delle attrezzature utilizzate.

Nonostante tutte le difficoltà, ogni anno centinaia di giovani presentano richiesta di adesione alle squadre locali di soccorso alpino, con la speranza di acquisire le competenze necessarie per partecipare ad una delle missioni più nobili e generose.

 

Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito della Collaborative and Investigative Journalism Initiative (CIJI   ), un progetto cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina progetto


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