Bosnia Erzegovina - Turchia, un'altra estradizione illegale?

6 dicembre 2019

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Un cittadino turco, residente in Bosnia Erzegovina da quindici anni, viene invitato a presentarsi nella stazione di polizia del cantone Una-Sava. Lì, in assenza di un avvocato, gli viene comunicato che il suo permesso di residenza è stato annullato, senza apparenti motivazioni. Segue trasferimento nel centro di detenzione di Lukovica e la probabile estradizione verso la Turchia.

E' quanto successo martedì scorso a Fatih Keskin, direttore della Richmond Park School in Bihać. Una storia destinata forse a restare lontano dai riflettori, se non fosse che la Richmond Park School fa parte della galassia di istituzioni educative che ruota intorno al predicatore Fethullah Gülen, arcinemico dichiarato del presidente turco Recep Tayyp Erdoğan, che accusa proprio Gülen – suo ex-alleato - di essere la mente dietro al tentato e fallito golpe del 2016.

Keskin si trova quindi con tutta probabilità e suo malgrado ad essere l'ennesimo nome sulla lunga lista di persone che il governo turco vuole arrestare all'estero, anche in assenza di accuse concrete, e processare in patria. Per farlo, Ankara non ha esitato a fare fortissime pressioni su altri paesi: una strategia che ha dato frutti soprattutto nei Balcani, dove la Turchia vanta una presenza politica ed economica di primo piano, sui cui poter far leva.

Già in passato, cittadini turchi residenti in Kosovo e in Moldova sono stati estradati attraverso procedure contraddittorie e poco trasparenti. Secondo la stampa locale, nella recente visita del luglio scorso Erdoğan avrebbe consegnato alle autorità bosniache una vera e propria “lista nera”, con in nomi dei gülenisti che andavano rispediti in Turchia.

Alle domande dei giornalisti sulle ragioni del fermo e della possibile estradizione, il direttore dell'Ufficio per i cittadini stranieri Slobodan Ujić si è limitato a parlare di “azione effettuata sulla base di dati operativi”, senza però aggiungere alcuna informazione significativa.

L'arresto di Keskin ha provocato forti polemiche politiche, imperniate sulle accuse di sudditanza nei confronti del potente e scomodo vicino turco. Secondo il partito socialdemocratico (SDS) quanto successo rappresenta “un vero atto di terrore nei confronti di chi vive in Bosnia Erzegovina”, accusando le istituzioni “sotto stretto controllo dell'SDA (Partito di azione democratica)” di aver agito “secondo il classico modello totalitario”.

 

OBCT sta dedicando una serie di approfondimenti alla repressione della Turchia all'estero a firma di Francesco Brusa e Andrea Bonetti. Qui la prima puntata