Il 17 luglio è stato pubblicato il secondo rapporto del Consiglio d'Europa di valutazione dell'implementazione in Bosnia Erzegovina della Convenzione sul traffico di esseri umani
La Bosnia Erzegovina ha ratificato nel gennaio 2008 la Convenzione del Consiglio d'Europa sull'Azione contro il traffico di esseri umani, poi entrata in vigore dal maggio dello stesso anno. Da allora il paese è sottoposto al monitoraggio del gruppo di esperti che il Consiglio d’Europa aveva costituito ad hoc, denominato GRETA .
Nel report pubblicato il 17 luglio scorso relativo alla Bosnia Erzegovina, il gruppo accoglie con soddisfazione le riforme legislative apportate nel paese negli ultimi quattro anni - a partire dal primo rapporto del maggio 2013 - ma evidenzia anche delle preoccupazioni.
Viene considerata molto importante la recente introduzione del reato di traffico di esseri umani nel codice penale sia nelle due entità del paese, la Republika Srpska e la Federazione croato-musulmana, sia nel Distretto di Brčko, garantendo così l'incriminazione su tutto il territorio della Bosnia Erzegovina. Si rileva inoltre positivo che si siano allargati i quattro gruppi di monitoraggio regionale che coordinano le attività anti-tratta, con l'aggiunta di altri operatori: ispettori del lavoro, membri del personale di centri di salute mentale e di centri di accoglienza diurna per minori.
Tuttavia, nonostante i progressi fatti, vengono evidenziati diversi elementi di persistente fragilità. Secondo il rapporto, in Bosnia Erzegovina la maggioranza delle vittime del traffico di esseri umani sarebbe composta da minori. Questo dato viene inoltre confermato dal rapporto 2016 redatto dal Dipartimento per la lotta al traffico di esseri umani presso il Ministero della sicurezza della BiH.
Inoltre, nel documento del gruppo GRETA si fa appello alle autorità bosniache affinché migliorino i sistemi di identificazione dei minori e l'assistenza, a prescindere dalla collaborazione delle vittime con gli inquirenti. Sempre riguardo ai minori, il rapporto raccomanda di garantire un lungo periodo di monitoraggio durante il loro reinserimento sociale e un’accurata valutazione dei rischi prima del definitivo rientro in famiglia. Viene poi valutata di prioritaria importanza l’istituzione di un sistema di risarcimento delle vittime, sia esso garantito dagli acclarati perpetratori del crimine o dallo Stato.