A causa della complicata struttura statale e dei politici irresponsabili, la Bosnia Erzegovina è rimasta indietro rispetto ai suoi vicini sull’avvio della campagna vaccinale. Mentre le autorità stanno convincendo i cittadini che i vaccini stanno arrivando, non sono ancora in grado di confermare quanti ne arriveranno e quando
Un centinaio di respiratori giacciono inutilizzati raccogliendo polvere in alcuni ospedali della Federazione BiH, una della due entità che costituiscono la Bosnia Erzegovina. L’acquisto di questi respiratori, concluso nell’aprile del 2020, è diventato sinonimo di corruzione e di incapacità delle autorità bosniaco-erzegovesi di rispondere a situazioni di crisi nell’interesse dei cittadini.
Davanti agli scatoloni con ventilatori polmonari appena arrivati all’aeroporto di Sarajevo, il premier dalla Federazione BiH Fadil Novalić si è vantato di essere riuscito, insieme all’amministrazione da lui guidata, ad acquistare i dispositivi medici che nemmeno paesi più ricchi e organizzati della Bosnia Erzegovina erano riusciti a procurarsi. Poco dopo però è emerso che quei respiratori non potevano essere usati per curare i pazienti affetti da Covid 19 e che l’intera operazione di acquisto è stata contrassegnata da numerose irregolarità, compreso il mancato rispetto della legge sugli appalti pubblici.
Dopo questo scandalo, seguito da altri episodi che hanno portato all’apertura di un’inchiesta, i politici bosniaco-erzegovesi si sono lamentati affermando che le procedure riguardanti gli appalti pubblici sarebbero troppo lente, impedendo loro di acquistare i dispositivi medici e vaccini necessari per far fronte all’emergenza Covid 19 senza incorrere in responsabilità penali.
Alcuni mesi dopo il controverso acquisto di respiratori, la Bosnia Erzegovina, a causa di un sistema istituzionale inefficace e molto decentrato – articolato in numerosi livelli di governo, con 13 ministeri della Salute – , non è riuscita a candidarsi al bando europeo per assicurarsi la fornitura di farmaci anti Covid 19.
Come già accaduto molte volte in passato, le autorità bosniaco-erzegovesi hanno contato sulla possibilità di ricevere donazioni di vaccini, soprattutto dall’UE e dagli Stati Uniti. La Bosnia Erzegovina è uno dei pochi paesi che non hanno cercato di procurarsi autonomamente almeno uno dei vaccini anti Covid 19 attualmente disponibili. Le autorità hanno riposto tutte le loro speranze nel programma COVAX, lanciato dall’Alleanza globale per i vaccini (GAVI). Tuttavia, attraverso questo programma la Bosnia Erzegovina dovrebbe ricevere, almeno in un primo momento, una quantità di vaccini sufficiente per appena il 20% della popolazione.
A differenza della Croazia e della Serbia, che hanno cercato di procurarsi vaccini attraverso vari canali, le autorità bosniaco-erzegovesi non hanno fatto alcuno sforzo per garantire una quantità maggiore di vaccini per la popolazione. Alcuni politici hanno giustificato tale inerzia chiamando in causa un sistema istituzionale troppo complesso, tale da impedire allo stato e ai vari livelli di governo di acquistare autonomamente i vaccini anti Covid 19.
In Bosnia Erzegovina ci sono dieci ministeri della Salute cantonali, poi il ministero della Salute della Federazione BiH (che però svolge solo un ruolo di coordinamento), il ministero della Salute della Republika Srpska e infine il Dipartimento per la sanità e altri servizi pubblici in seno al governo del distretto di Brčko.
A differenza di altri paesi europei, in Bosnia Erzegovina non c’è un ministero della Salute competente su tutto il territorio nazionale. Alcune funzioni che ricadrebbero nella competenza di tale ministero, come l’acquisto di vaccini e farmaci, vengono svolte dal Dipartimento della sanità in seno al ministero degli Affari Civili della Bosnia Erzegovina. Questo dipartimento però non ha le stesse competenze di un ministero e infatti dipende dai vari ministeri della Salute presenti nel paese.
Inoltre, il dipartimento non dispone di risorse sufficienti per l’acquisto di dispositivi e farmaci necessari per far fronte alla pandemia da coronavirus. Queste risorse dovrebbero essere garantite dal ministero della Salute della Federazione della BiH e da quello della Republika Srpska. Tuttavia, il governo dalla Federazione BiH non ha provveduto in tempo a garantire le risorse necessarie per l’acquisto di vaccini anti Covid 19, rischiando di mettere a repentaglio l’intera operazione di acquisto di oltre un milione di dosi del vaccino.
Secondo quanto riportato dai media locali, i rappresentanti delle autorità bosniaco-erzegovesi hanno affermato, nel corso di alcuni incontri informali, che dopo lo scandalo dei respiratori e altri simili episodi nessuno vuole procedere all’acquisto di vaccini ricorrendo alle procedure ordinarie. La spiegazione ufficiale fornita ai cittadini è che non è possibile acquistare i vaccini anti Covid 19 a causa di una procedura molto complicata di approvazione dei vaccini da parte dell’Agenzia del farmaco della Bosnia Erzegovina, il cui direttore peraltro è sotto inchiesta per aver rilasciato l’autorizzazione per l’acquisto di respiratori a un’azienda che si occupa di produzione di frutta e verdura. Un altro problema, secondo le autorità, risiede nel fatto che la legge sugli appalti pubblici prevede la tutela della concorrenza e i vaccini anti Covid 19 possono essere acquistati solo da poche aziende. Tuttavia, gli esperti ritengono che queste spiegazioni siano solo una scusa.
Quando la Republika Srpska ha annunciato di voler indire una gara d’appalto per l’acquisto del vaccino russo, l’opinione pubblica si è chiesta perché anche il governo centrale o quello della Federazione BiH non abbia fatto lo stesso, ma si è chiesta anche con quali procedure la Republika Srpska intendesse indire la gara d’appalto. Ad oggi né Milorad Dodik, leader del principale partito al governo in Republika Srpska (Unione dei socialdemocratici indipendenti, SNSD) né alcun membro del suo partito hanno chiarito come intendano indire la gara d’appalto annunciata.
In attesa dell’arrivo dei vaccini, Dodik ha annunciato di voler chiedere al presidente serbo Aleksandar Vučić di inviare una certa quantità di vaccini alla Republika Srpska. Vučić aveva infatti promesso che avrebbe fornito i vaccini sia alla Republika Srpska che al Kosovo.
Dopo l’annuncio di Dodik, molti cittadini hanno commentato sui social network l’inerzia delle autorità centrali e quelle della Federazione BiH – che si aspettano che l’UE provveda alla fornitura di vaccini alla Bosnia Erzegovina – affermando che le autorità hanno permesso che circa 3 milioni di cittadini bosniaco-erzegovesi dipendessero dalle donazioni e dalla misericordia di altri paesi, mentre continuano a spendere i soldi pubblici per acquistare beni di lusso per uso privato.
Recentemente il capo della delegazione dell’UE a Sarajevo Johann Sattler ha dichiarato che la Bosnia Erzegovina è stata tra i primi paesi ad aderire al programma COVAX e che non sarà l’ultima a ricevere i vaccini, ma non ha potuto precisare quando i primi vaccini dovrebbero arrivare in Bosnia Erzegovina né quanto tempo ci vorrà per vaccinare una percentuale soddisfacente della popolazione.
Ad oggi in Bosnia Erzegovina sono stati registrati oltre 118mila casi di coronavirus, ma si stima che il numero sia molto maggiore, e le autorità sono state criticate per non aver fatto più tamponi. In Bosnia Erzegovina la curva della seconda ondata sta scendendo, nonostante le misure adottate per contrastare la pandemia siano tra le più deboli in Europa. Dall’inizio della pandemia in Bosnia Erzegovina oltre 4400 persone sono decedute per Covid 19.
Frustrate per il ritardo nell’acquisto dei vaccini, alcune amministrazioni comunali hanno deciso di provare a procurarsi i vaccini autonomamente. Così le autorità di Zenica hanno parlato con i rappresentanti dell’azienda Pfizer della possibilità di acquistare il vaccino direttamente dall’azienda, mentre le autorità di Sarajevo hanno stanziato 10 milioni di euro per l’acquisto di vaccini.
I cittadini bosniaco-erzegovesi ripongono le maggiori speranze nei vaccini approvati dall’UE. Sfruttando la sua amicizia con il presidente russo, Dodik ha annunciato l’arrivo dei vaccini russi ma né lui né altri leader politici bosniaco-erzegovesi hanno mostrato un reale interesse per il vaccino russo, a differenza del presidente serbo, che ha approfittato della sua amicizia con il presidente cinese per acquistare il vaccino cinese.
Oltre alle difficoltà nell’acquisto di vaccini anti Covid 19, la Bosnia Erzegovina deve ancora risolvere alcuni problemi legati al trasporto e alla conservazione dei vaccini. Mostar è l’unica città della Federazione BiH che dispone di frigoriferi per la conservazione del vaccino. Anche per quanto riguarda questo problema le autorità bosniaco-erzegovesi contano sull’aiuto delle organizzazioni internazionali, e l’UNICEF ha promesso che avrebbe fornito alla Bosnia Erzegovina un certo numero di grandi frigoriferi industriali adatti per la conservazione dei vaccini.
Le autorità della Federazione BiH solo recentemente hanno presentato un piano per la vaccinazione della popolazione, ma la sua attuazione potrebbe rivelarsi più difficile del previsto. Le esperienze di altri paesi dimostrano che un’amministrazione pubblica ben organizzata e il settore IT sono cruciali per una campagna vaccinale veloce ed efficace. E la Bosnia Erzegovina è indietro su entrambi i fronti. Un’amministrazione obsoleta potrebbe rallentare la campagna vaccinale o renderla inefficace. Le autorità sanitarie di una regione non hanno accesso alle informazioni né alcuna competenza per quanto riguarda la sanità di un’altra regione. In Bosnia Erzegovina la digitalizzazione della sanità procede molto lentamente. A Sarajevo non è ancora stato portato a termine il progetto, avviato anni fa, volto all’introduzione delle tessere sanitarie elettroniche.
Le autorità hanno annunciato che, una volta che sarà avviata la campagna vaccinale, la vaccinazione non sarà obbligatoria. Questo potrebbe rappresentare un altro ostacolo al raggiungimento dell’immunità di gregge. Secondo una recente ricerca sugli atteggiamenti nei confronti delle teorie del complotto nei Balcani occidentali, realizzata dal Balkans in Europe Policy Advisory Group (BiEPAG), la Bosnia Erzegovina è al primo posto tra i paesi presi in considerazione per numero di persone che sicuramente o probabilmente non si vaccineranno. Oltre la metà degli intervistati in Bosnia Erzegovina ha infatti affermato che non intende vaccinarsi.
Con un ritardo di almeno sei mesi rispetto ad altri paesi, i premier statale e delle entità hanno annunciato, il 21 gennaio dopo un incontro, che avvieranno un approvvigionamento comune direttamente dai produttori di Pfizer, oltre ai vaccini cinese e russo, ma per ora non hanno precisato in che modo lo faranno né quali sono i termini per il completamento delle richieste.
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