Željko Milošević (foto G. Vale)

Željko Milošević (foto G. Vale)

Con scarsi mezzi e poco personale, i vigili del fuoco della Republika Srpska, entità della Bosnia Erzegovina, devono affrontare ogni estate il dramma degli incendi, molti di origine dolosa. Secondo loro serve più prevenzione, e un'associazione locale ci sta provando

17/12/2024 -  Giovanni Vale

Anche quest’estate gli incendi in Bosnia Erzegovina hanno fatto notizia a livello internazionale . Nel parco nazionale della Sutjeska, le conifere centenarie della montagna di Zelengora e della valle del Tjentište hanno bruciato per giorni a metà agosto, mentre le fiamme minacciavano le vicine cittadine di Foča e Gacko.

Risultato? Almeno 150 ettari di bosco sono andati in fumo.

Senza mezzi

Seduto nel suo ufficio a Banja Luka, Slobodan Jotić, il Segretario generale dell'Associazione dei vigili del fuoco della Republika Srpska (RS), scuote la testa.

“È stato molto difficile spegnere gli incendi quest’estate. Il terreno era così secco che l’acqua scivolava via. Ma la verità è che non siamo pronti per questo genere di situazioni. Mancano mezzi, non c’è coordinazione, né una strategia a livello di entità o di paese. Noi pompieri lavoriamo con entusiasmo ma non siamo per nulla soddisfatti”, afferma Jotić, che aggiunge “quest’estate, ad esempio, si è  perso tempo solo per decidere se gli elicotteri con l’acqua potevano venire o meno dalla vicina Serbia”.

La legge che regolamenta l’attività dei pompieri nella Republika Srpska - l'entità serba della Bosnia Erzegovina - non prevede unità operative per gli incendi nei grandi spazi aperti. Quando le fiamme avvolgono i boschi del paese, sono le unità comunali, composte almeno da 12 pompieri, ad intervenire.

“Bisogna cambiare la legge”, taglia corto Slobodan Jotić, “servono unità attrezzate per gli incendi boschivi e bisogna fare prevenzione, perché la maggior parte degli incendi sono dolosi. Ma, purtroppo, tra una stagione estiva e l’altra non si fa nulla”.

Attorno a Višegrad

A Višegrad, a due passi dal celebre ponte sulla Drina, il capitano dell’unità locale dei pompieri, Željko Milošević, è dello stesso avviso: “Dovremmo essere un servizio nazionale, non comunale”, dice.

“Oggi lavoriamo con il minimo necessario. Copriamo un’area di 40mila ettari con due camion e due pick-up e siamo in dodici, più un amministrativo”, spiega Milošević.

L’80% degli incendi nella zona di Višegrad avviene fuori dal centro abitato, in aree boschive spesso di difficile accesso. “In alcune aree non ci sono strade carreggiabili nemmeno per i vigili del fuoco – prosegue il capitano – e la metà del territorio è coperta da pini neri, che sono altamente infiammabili”.

Più ci si allontana dalla Drina, più le strade attorno a Višegrad diventano ripide e ombreggiate, infilandosi tra file di alberi alti e fitti. I villaggi che attraversiamo sono, come in altre zone della Bosnia Erzegovina, vuoti e abbandonati, un fattore che complica ulteriormente il lavoro dei pompieri.

“La disattenzione è la causa principale degli incendi. La gente ha l’abitudine di bruciare erbacce e ramaglie, con la convinzione di poter controllare il fuoco. Ma molto spesso non è così”, aggiunge Željko Milošević, che ricorda “quest’estate siamo scesi fino a Rudo [40km a sud di Višegrad] per aiutare i colleghi che fronteggiavano una linea di fuoco lunga 20 km. Se siamo riusciti a spegnere le fiamme è solo perché sono arrivati cinque giorni di pioggia”.

Altre volte è l’eredità della guerra a complicare il lavoro dei pompieri.

“A ovest della Drina ci sono ancora mine antiuomo che sono state posizionate senza che nessuno annotasse la loro posizione. Quando un incendio entra in un campo minato, tutto quello che possiamo fare è aspettare che bruci fino a che non esca nuovamente dall’altra parte”, ammette Milošević, che ricorda “una volta, subito dopo il primo tunnel che si incontra sulla strada tra Višegrad e Goražde, abbiamo avvertito cinque forti esplosioni nell’area colpita da un incendio”.

Mappare il terreno

La Republika Srpska non è l’unica parte della Bosnia Erzegovina ad essere in difficoltà per quanto riguarda la prevenzione e la lotta agli incendi. Il paese è ricoperto per il 60% del suo territorio da foreste e non dispone di alcun aereo Canadair.

“In Erzegovina i boschi bruciano a volte per giorni solo per problemi amministrativi. Alla fine, finisce che arrivano i Canadair croati a dare una mano”, afferma Lejla Hukić, coordinatrice del progetto “Za šume bez vatre ” (Per dei boschi senza incendi) presso l’organizzazione non governativa Forestry and Environmental Action (FEA) con sede a Sarajevo.

Questo progetto, realizzato nell’ambito dell’iniziativa SMART Balkans (Civil Society for Shared Society in the Western Balkans) e finanziato dal ministero degli Esteri norvegese, ha come obiettivo di far crescere la consapevolezza dei cittadini riguardo alle loro azioni in relazione agli incendi boschivi.

“È vero che i cambiamenti climatici stanno aumentando il rischio di incendi e che d’estate ci sono lunghi periodi secchi, senza pioggia, ma non dobbiamo dimenticare che in più di 9 incendi su 10 la causa è umana. Bisogna dunque iniziare con la prevenzione”, spiega Lejla Hukić.

Per oltre sei mesi, nel corso del 2023, “Za šume bez vatre” ha coinvolto decine di stakeholders locali e prodotto tra le altre cose una mappa interattiva della Bosnia Erzegovina che, utilizzando i dati sugli incendi degli ultimi dieci anni, indica su una scala da 1 a 5 il livello di rischio per gli incendi boschivi.

“Come ci aspettavamo, è emerso che il sud del paese e l’Erzegovina sono territori ad alto rischio. Ma ci ha sorpreso vedere che anche nel nord e nel centro della Bosnia, gli incendi sono frequenti”, prosegue Hukić.

Alla mappa, il gruppo di lavoro ha allegato anche un documento con dei consigli per le autorità pubbliche. “In generale il problema più grande è la mancanza di personale e di equipaggiamento tra i pompieri. A questo si aggiunge la scarsa educazione e prevenzione tra i cittadini, per cui molto spesso si arriva ad incendi che potevano essere evitati se ci fosse maggior consapevolezza dei rischi da parte della popolazione. Infine, anche nella Federazione, il 10% del territorio rimane classificato come pericoloso per colpa delle mine antiuomo. Quando il fuoco entra in quelle aree, è semplicemente impossibile spegnerlo senza aerei o elicotteri”, riassume Lejla Hukić.

Il progetto “Za šume bez vatre” si è concluso nel 2023, ma la sua mappa degli incendi in Bosnia Erzegovina rimane attiva, così come le indicazioni alle autorità politiche locali.

“Passata l’estate, capita spesso di sentire i politici locali dire che ‘ci sono troppi pompieri’ e che pesiamo troppo sul bilancio del comune”, lamenta Željko Milošević a Višegrad. “È solo quando ricomincia la stagione degli incendi, a luglio-agosto, che improvvisamente ci si ricorda della nostra utilità”, aggiunge il capitano dei pompieri.

 

Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto FIRE-RES cofinanziato dall’Unione europea. L’Ue non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto; la responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai alla pagina FIRE-RES


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