Sentenze importanti, seppur di primo grado. Sono quelle con cui il Tribunale dell'Aja ha condannato sette ufficiali dell'esercito serbo-bosniaco per i crimini commessi a Srebrenica. Per due di loro l'ergastolo, per genocidio
Genocidio. È questa la parola che è risuonata più volte nell’aula del tribunale dell’Aja giovedì 10 giugno. Il consiglio giudicante del TPI ha emesso le sentenze di primo grado nei confronti di sette ufficiali dell’esercito serbo-bosniaco accusati di genocidio, violazione delle usanze di guerra, crimini contro l’umanità. Crimini commessi a Srebrenica nel luglio 1995 dove furono uccisi circa 8000 bosgnacchi
Due ufficiali, Ljubiša Beara, capo della sicurezza dell’esercito serbo bosniaco, Vujadin Popović capo della sicurezza del battaglione Drina dell’esercito serbo bosniaco, sono stati condannati all’ergastolo. Il Consiglio del tribunale ha inoltre dichiarato colpevoli altri cinque membri dell’esercito serbo bosniaco.
Drago Nikolić è stato condannato a 35 anni per avere aiutato e sostenuto il genocidio. Ljubomir Borovčanin, assolto dall’accusa di genocidio è stato condannato per crimini contro l’umanità a 17 anni di reclusione. Per lo stesso crimine Radivoje Miletić è stato condannato a 19 anni, Milan Gvero a 5, Vinko Pandurević a 13.
Tutti gli ex ufficiali dell’esercito serbo bosniaco sono accusati di aver preso parte ad un’impresa criminale il cui obiettivo era da una parte di sfollare con la violenza gli abitanti di Srebrenica e Žepa, due enclavi che al tempo erano sotto protezione dell’Onu, e dall'altra di eliminare fisicamente tutti gli uomini di Srebrenica.
Si tratta del più rilevante processo sino ad ora condotto dal Tribunale dell’Aja. Iniziato nel luglio 2006 ha raccolto le dichiarazioni di 315 testimoni. La procura aveva chiesto nella fase finale del dibattimento che tutti gli accusati fossero condannati all’ergastolo, mentre la difesa aveva insistito sulla mancanza di prove che attestassero la colpevolezza di genocidio.
Questa sentenza ribadisce con forza, portando a supporto anche molte prove, che a Srebrenica nel luglio 1995 fu compiuto un genocidio, corroborando così la prima sentenza per concorso in genocidio, emessa dallo stesso Tribunale contro il comandante del battaglione Drina dell'esercito serbo-bosniaco Radislav Krstić nell’agosto 2001, condannato in prima istanza a 46 anni e in appello a 35.
La procura si è ritenuta soddisfatta per la sentenza emessa mentre le “Madri di Srebrenica”, associazione che raccoglie i parenti delle vittime di quel massacro, sono deluse. Secondo le parole rilasciate all’agenzia Beta da Hatidža Mehmedović, presidentessa dell’associazione, si tratta di una sentenza “vergognosa” perché a quattro dei sette accusati sono state inflitte condanne dai 5 ai 19 anni di reclusione. Inoltre, ribadisce Mehmedović, il ricercato numero uno per il crimine di Srebrenica è ancora latitante. Ovviamente il riferimento va a Ratko Mladić.
Tutti e sette gli ex ufficiali appena condannati avranno la possibilità di ricorrere in appello. Tuttavia, come ha precisato all’emittente B92 Dušan Ignjatović, direttore dell’Ufficio del Consiglio nazionale serbo per la collaborazione con il Tpi, “è possibile che la Corte d’appello si esprima diversamente, ma è evidente che sia la Corte di giustizia internazionale che il Tribunale hanno assunto la posizione secondo la quale a Srebrenica nel luglio ’95 è stato commesso un genocidio contro la popolazione bosgnacca e a prescindere dal fatto che questa definizione giuridica piaccia o non piaccia sarà molto difficile che venga modificata”.
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