Shooting a Pesaro

Shooting a Pesaro - foto Ahmed Salkunić

Il Sarajevo Film Festival, nel corso della sua ultima edizione, ha raccolto i frutti della recente collaborazione con il Pesaro Film Festival, dando vita ad una partnership tra uno dei più antichi festival cinematografici in Italia e uno dei più affermati nella regione balcanica

06/09/2024 -  Anna Lodeserto

Il Sarajevo Film Festival, nel corso della sua ultima edizione, ha raccolto i frutti della recente collaborazione con il Pesaro Film Festival, nell’anno in cui la "Città Creativa della Musica UNESCO" sulla costa adriatica italiana detiene anche il titolo di Capitale italiana della Cultura 2024. La partnership tra uno dei più antichi festival cinematografici in Italia e uno dei più affermati nella regione balcanica ha promosso uno scambio artistico significativo, che coinvolge direttamente le giovani generazioni.

In particolare lo scorso giugno, nell’ambito del progetto “Novi Bioskop”, il Sarajevo Film Festival ha presentato a Pesaro un programma di cortometraggi, mentre un gruppo di studenti dell’Accademia di Arti Performative di Sarajevo ha avuto l’opportunità di partecipare a una residenza artistica in Italia realizzando il cortometraggio “Le mani della città - Hands of the City” dal 10 al 21 giugno 2024.

Il 22 agosto la collaborazione è proseguita con la proiezione - che ha registrato il tutto esaurito - di 16 cortometraggi di animazione italiani prodotti negli ultimi due anni nell’ambito del programma del Sarajevo Film Festival. Tra i titoli presentati “La mia ombra di dubbio” di Alice Curatolo, “Sina and the eel” di Anna Giulia Picoco, “Graziano e la giraffa” di Fabio Orlando e Tommaso Zerbi, “Cotone” di Lucia Catalini, “Deamland” di Gianluigi Toccafondo, “Contamination” di Roberto Cannarile, “Garlo the Garlic” di Stefano Zappia, “La naturale bellezza del creato” di Michele Bernardi e Roberto Zappalá, “PoliNecroLove” di Sara Andrea Gravino, “Things” di Adina Enache e Oscar Renni, “Planets” di Igor Imhoff, “Mao Mao” di Elio Ferrario, “Lotta di Latta” di AV, “Il sogno” di Donato Sansone, “Pornostages” di Donato Sansone, Simone Brillarelli ed Enrico Ascoli.

La selezione ha incluso sia autori affermati che talenti emergenti, presentati nell’ambito dell’iniziativa “Anniversari significativi di due festival dalle due sponde del mar Adriatico - Pesaro Short Film Presenta”. Giulia Ghigi, assistente alla programmazione del Pesaro Film Festival, ha presentato i film al pubblico del Sarajevo Film Festival insieme ad Ado Hasanović, regista originario di Srebrenica oggi residente a Roma.

Per sottolineare l’importanza dello scambio artistico e della mobilità transnazionale, gli studenti dell’Accademia di Arti Performative di Sarajevo, sotto la guida di Bojana Vidosavljević e Ado Hasanović, e con la collaborazione di Elisa Sorge (montaggio), Leonardo Kurtz (direttore della fotografia) e Livio Paulet (suono e design), hanno presentato il loro cortometraggio “Le mani della città - Hands of the City” riscuotendo un grande interesse da parte del pubblico internazionale e locale.

A margine della proiezione, abbiamo avuto la possibilità di intervistare gli studenti e i membri della troupe che si erano recati a Pesaro per la prima volta grazie allo scambio artistico: Bojana Vidosavljević (mentore per la sceneggiatura), Emir Kapetanović (regista), Berina Mušanović e Ilma Smajlović (sceneggiatori), Nadja Paranos e Omar Homarac (produttori esecutivi).

Il regista bosniaco Ado Hasanović ha svolto il ruolo di Mentor alla Regia e Giulia Ghigi, ha presentato la troupe al pubblico del Sarajevo Film Festival. Abbiamo parlato della loro esperienza di visita e produzione artistica in una città così sconosciuta tanto da non poter essere anticipata, né filtrata, da preconcetti, miti o stereotipi, a differenza, ad esempio, di quanto sarebbe potuto avvenire recandosi in città italiane iconiche come Venezia o Firenze. La conversazione ha toccato il tema di come la troupe sia riuscita a creare un cortometraggio in così poco tempo e poi a presentare il prodotto finale nel paese di origine dei partecipanti. 

Sarajevo Film Festival (foto Ahmed Salkunić)

Sarajevo Film Festival (foto Ahmed Salkunić)

Bojana Vidosavljević ha introdotto l’idea del progetto che è stato organizzato dal Pesaro Film Festival in collaborazione con l’Accademia di Arti Performative, l’Università di Sarajevo e il Sarajevo Film Festival:

“Non sapevamo molto di Pesaro prima di questo progetto. Non è una città che di solito ci viene in mente quando pensiamo all’Italia. Tuttavia, la collaborazione tra il Pesaro Film Festival e il Sarajevo Film Festival ha creato un ponte tematico tra le due città del festival sulle sponde opposte del Mar Adriatico. Quest’anno, entrambe le manifestazioni hanno raggiunto traguardi significativi grazie alla celebrazione del 60° anniversario per Pesaro e della metà esatta di candeline per Sarajevo. Questa coincidenza ha aggiunto un livello interessante alla collaborazione, ma è importante ricordare che i due festival avevano già concordato di presentare i film del Sarajevo Film Festival a Pesaro a giugno e ora, i film del Pesaro Film Festival sono stati anche proiettati a Sarajevo.

Oltre a questo, c’era l’intenzione di coinvolgere l’Accademia di Arti Performative di Sarajevo, un’istituzione essenziale per lo sviluppo del cinema bosniaco e dei futuri professionisti in ambito cinematografico. La maggior parte dei grandi registi e creatori del nostro paese sono ex studenti di questa accademia. Elma Tataragić, responsabile della sezione Concorso internazionale per il Sarajevo Film Festival e docente presso la stessa Accademia, ha svolto un ruolo chiave in questa collaborazione. Ha fatto parte del festival sin dal suo inizio ed è un’ottima mentore per gli studenti. Ha suggerito di includere l’Accademia nel progetto e, insieme ad Adam Tataragić, che ha vissuto a Roma per oltre un decennio e ha forti legami con il cinema italiano, abbiamo creato questo scambio unico. Come assistente docente di sceneggiatura all’Accademia, io ho lavorato a stretto contatto con Elma e Adam per selezionare cinque studenti: due produttori, due sceneggiatori e un regista. Il Pesaro Film Festival ci ha supportato anche attraverso la collaborazione di professionisti italiani, soprattutto per quanto riguarda la fotografia, l’ingegneria del suono e del montaggio, e il lavoro con i nostri studenti.

Ado Hasanović e io abbiamo svolto il ruolo di mentori durante il progetto e abbiamo deciso di creare un breve documentario su Pesaro, che era l’unica linea guida del festival. È stato un compito impegnativo ma entusiasmante, poiché avevamo “carta bianca” e la possibilità di lavorare basandoci sulla nostra creatività e libertà di interpretazione.

Sebbene pensassimo di essere profondamente legati alla cultura italiana attraverso il cinema, la musica e persino i fumetti, come per esempio Zerocalcare e le pubblicazioni di Sergio Bonelli Editore, Pesaro era per noi qualcosa di completamente sconosciuto. Questo ha rappresentato una avvincente, seppur ambiziosa, opportunità di scoprire e ritrarre una città di cui non sapevamo nulla e della quale non avevamo mai incontrato nessuno prima di metterci piede. Era l’opposto della nostra esperienza relativa a Sarajevo, dove quasi tutti arrivano con delle immagini fissate già nella mente. Qui è raro trovare qualcuno che non abbia preconcetti, ma chi ci riesce spesso se ne va via con una comprensione molto più profonda.

Gli studenti che abbiamo coinvolto nella residenza artistica avevano esperienze diverse. Abbiamo incluso studenti dell'ultimo anno in regia e produzione, perché credevamo nel valore dell’opportunità offerta a giovani professionisti verso la fine dei loro studi. Allo stesso tempo, abbiamo anche proposto la partecipazione a studenti più giovani, come i nostri sceneggiatori del secondo anno, Berina e Smajlović. Questo mix di competenze, esperienza, aspirazioni e talento è stato fondamentale per il successo del progetto. Li conoscevamo bene perché lavoravamo già con loro su base quotidiana e questa familiarità ha reso il processo più fluido e creativo”.

Berina ha aggiunto che hanno immediatamente “detto di sì rispetto all’opportunità di partecipare al Pesaro Film Festival in una veste così professionale. Fin dall’inizio, eravamo tutti emozionati e pronti a partire. Sono stata io a iniziare la ricerca e tutto è stato fatto rapidamente: tre giorni di ricerca sul campo seguiti da tre giorni di riprese. Non conoscevamo i cittadini che abbiamo deciso di intervistare, ma abbiamo immediatamente stabilito un legame empatico con loro. Abbiamo chiamato il film Ruke Grada (in bosniaco) “Hands of the City”. In bosniaco, “Port” è Luka, che si adatta perfettamente al nome della città per la quale abbiamo proposto il motto “Nessuna città è mai stata costruita da sola, ma dalla sua gente”.

Pensi che non avere esperienza pregressa nella città potrebbe essere un vantaggio, consentendo una visione più ampia e scevra da pregiudizi?

“Sicuramente, Bojana ha detto qualcosa di bello che ci ha profondamente colpito, che era come una tabula rasa. Non avere idee preconcette ci ha permesso di immergerci con curiosità e di vedere con occhi nuovi. Bojana e Ado ci hanno motivati ​​fin dall’inizio, aiutandoci a superare le nostre paure. La nostra mentalità accademica ci ha allenato a creare qualcosa dal nulla e l’improvvisazione è stata fondamentale in questo progetto.

Non volevamo solo realizzare un reportage, ma eravamo impegnati a produrre un breve documentario, qualcosa di artistico che potessimo sostenere e che potesse innescare discussioni future. La curiosità è stata la nostra forza trainante e si è rivelata molto potente.

Giulia Ghigi ha sottolineato il grande valore di avere un regista come Ado che svolgesse il ruolo di mentore per gli studenti, perché è anche un modello per loro.

“Il lavoro di Ado ha anche dimostrato che il cinema bosniaco è vibrante e vivo, spingendosi ben oltre quelle narrazioni incentrate sulla guerra che hanno prevalso negli ultimi decenni. Sembra ora cruciale per loro - aggiunge Giulia - che anche nei paesi del dopoguerra sia possibile produrre un cinema che non sia esclusivamente legato alla fase post-conflitto e ai traumi. Ad esempio, Ado era l’unico della Bosnia Erzegovina che era già presente lì con noi e con il suo lavoro, ma la sua creatività andava ben oltre la rappresentazione di qualsiasi governo o messaggio politico. Questa è la bellezza e il valore dell’arte.

Per quanto riguarda l’esperienza di Pesaro, vorrei anche aggiungere che il nostro focus non era solo sulla musica o sul cinema, ma anche sull’artigianato. Lo abbiamo visto in prima persona nei laboratori. Esplorare le connessioni tra cinema, musica e arte da una prospettiva diversa è stato molto affascinante. E… il mare! Il mare è stato un grande elemento per noi. Anche se non siamo di una città costiera, il mare ci ha fatto sentire a casa in un certo senso. Tutti coloro che abbiamo intervistato a Pesaro ci hanno trasmesso il loro profondo legame con la dimensione marittima della città.”

Nadja, una delle più giovani studentesse bosniache che hanno preso parte alle attività residenziali a Pesaro, ha descritto la “connessione immediata che si è stabilità tra la gente del posto e noi. È stato incredibile. Non ci aspettavamo così tanto calore e apertura. Fin dal primo giorno, ci siamo sentiti a casa a Pesaro. In realtà non avevamo molte aspettative: siamo andati lì senza niente e siamo tornati con un film”.

I loro racconti catturano davvero l'essenza delle loro riflessioni sulla collaborazione Pesaro-Sarajevo, evidenziando la loro sorpresa di quanto si sentissero in contatto con la popolazione di Pesaro e il significato profondo dello scambio artistico tra le due sponde del Mar Adriatico.


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