Sarajevo: le indagini sull'attentato

20 novembre 2015

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L'omicidio di due militari mercoledì sera a Sarajevo è stato qualificato come atto terroristico dalla Procura della Bosnia Erzegovina, ma non è ancora chiaro se l'assalitore abbia agito da solo o se ci sia un collegamento con le reti del radicalismo islamico.

Enes Omeragić, l'autore del duplice omicidio, si è suicidato con una bomba a mano nel suo appartamento qualche ora dopo l'attacco.

Nella giornata di ieri, i media locali hanno cercato di ricostruire la storia e la personalità di Omeragić, sulla base delle notizie fornite dagli inquirenti e dai vicini e parenti dell'omicida.

Ne esce un ritratto contrastato. Secondo alcuni, Omeragić (34) si sarebbe da poco avvicinato a gruppi di estremisti islamici, mentre altri lo descrivono come fedele ma non radicale. Gli investigatori hanno confermato precedenti per crimini comuni. Tutti i vicini di casa intervistati, nel quartiere di Sokolje, hanno mostrato enorme stupore per l'accaduto. Il padre, in stato di choc, ha dichiarato che gli dispiaceva più per i soldati che per il figlio, e che non sarebbe andato al suo funerale.

La dinamica dell'attentato sembra confermare un comportamento da terrorista solitario. Dopo aver ucciso i due soldati nella sala scommesse di Rajlovac, Omeragić ha preso la sua macchina ed è andato a casa, dove è stato subito rintracciato.

Nel corso della giornata, tuttavia, è emersa la notizia che il cognato di Omeragić, Muhamed Meco, era stato arrestato nel 2008 con l'accusa di preparare azioni terroristiche insieme a Rijad Rustempašić, Abdulah Handžić e Edis Velić. In quell'occasione, Meco era stato condannato a tre mesi. Ieri l'uomo è stato interrogato dalla polizia, poi rilasciato, e la sua abitazione è stata perquisita.

Secondo il vice ministro della Difesa Emir Suljagić, la Bosnia Erzegovina “ha un problema di terrorismo”. Suljagić ha anche parlato di un attacco “al nostro modello di vita.”

Le due vittime, Nedeljko Rajić e Armin Salkić, erano rispettivamente serbo bosniaco e bosgnacco. Dopo la guerra 1992-95, le forze armate della Bosnia Erzegovina sono state formalmente unificate, uno dei successi della Bosnia post Dayton secondo alcuni analisti. I commentatori locali si interrogano sui motivi dell'attacco proprio alle forze armate, dopo che in aprile un attentatore aveva assalito un posto di polizia a Zvornik.

Il ministro per la Sicurezza Dragan Mektić, rientrato da Parigi dove era impegnato in incontri legati alla lotta al terrorismo, ha dichiarato in conferenza stampa che ci sono “legami stabili tra i Balcani occidentali e la Francia in termini di traffico di armi e esplosivi.” Secondo Mektić, in Bosnia Erzegovina c'è un problema serio di “radicalizzazione”, e in alcune zone del paese è assente lo stato di diritto. Il ministro ha citato come esempio Maoča, villaggio della Bosnia centrale noto per ospitare una comunità di fondamentalisti islamici.

Uno degli elementi di fragilità del paese nella lotta al terrorismo, riconosciuto dalle stesse autorità, è l'elevato grado di frammentazione tra le diverse forze di polizia e in generale le scarse risorse a disposizione. La Procura della Bosnia Erzegovina ha dichiarato mercoledì di avere forze insufficienti a contrastare questo fenomeno, e che solo due procuratori sono coinvolti nelle indagini per l'antiterrorismo.

Ieri il gruppo Anonymous ha dichiarato guerra alle reti terroristiche della Bosnia Erzegovina, pubblicando un video che è stato ripreso dai media locali.

Oggi è stata proclamata una giornata di lutto nel paese, le bandiere sono a mezz'asta.