L'11 luglio e la nuova battaglia per Srebrenica, con un aggiornamento sugli sviluppi del processo a Radovan Karadžić. Nostro commento
Mercoledì prossimo a Potočari, nel Memoriale che sorge di fronte all'ex comando dei caschi blu di Srebrenica, verrà ricordato il diciassettesimo anniversario della morte di oltre 8.000 bosniaco musulmani, uccisi nel luglio 1995 dalle forze serbo bosniache.
Quella strage fu un genocidio, secondo quanto stabilito da diverse istanze giuridiche internazionali (Tribunale Penale dell'Aja per la ex Jugoslavia; Corte Internazionale di Giustizia) e locali (Corte di Bosnia Erzegovina per i crimini di guerra).
Srebrenica e Karadžić
I giudici hanno ribadito questo orientamento pochi giorni fa al processo Karadžić, in corso all'Aja, dove è da poco terminata la fase della presentazione delle prove da parte della Procura. Secondo le regole del Tribunale, prima che inizi la parte dedicata alla difesa, i giudici possono decidere il proscioglimento dell'imputato da uno o più capi d'accusa, se ritengono che le prove presentate non siano sufficienti per arrivare ad una condanna.
Nessuna eccezione è stata sollevata rispetto all'accusa di genocidio per Srebrenica. La Corte ha invece dichiarato di non ritenere sufficienti le prove sin qui presentate relativamente al carattere genocidario di altre stragi, delle quali l'ex leader dei serbi di Bosnia è accusato: quelle del 1992 a Bratunac, Foča, Ključ, Prijedor, Sanski Most, Vlasenica e Zvornik.
La decisione, che non è definitiva, ha creato scalpore nei media e nell'opinione pubblica bosniaca, in particolare tra le associazioni delle vittime, e martedì l'accusa ha presentato ricorso. L'inizio della presentazione delle prove, e dei testimoni, da parte della difesa, è previsto per il prossimo ottobre.
520
Nei mesi successivi al luglio del 1995, il crimine di Srebrenica è proseguito con l'occultamento di migliaia di corpi in fosse comuni secondarie e terziarie. Questo ha reso estremamente difficile il recupero e il riconoscimento delle vittime, tanto che ancora oggi gli scomparsi di Srebrenica rappresentano la parte più consistente di tutti gli scomparsi delle guerre in ex Jugoslavia. La Commissione Internazionale per le Persone Scomparse (ICMP ) ha finora identificato oltre 16.000 vittime di quei conflitti (su un totale di circa 40.000 desaparecidos), ma in Bosnia Erzegovina ne mancano ancora molte migliaia (tra gli 8 e i 10.000 secondo lo stesso ICMP ), e la maggior parte sono quelli di Srebrenica.
Ogni anno, l'11 luglio, vengono sepolti a Potočari gli scomparsi trovati e identificati nei mesi precedenti. Martedì, a Sarajevo, il direttore del Centro Memoriale di Potočari, Mersed Smajlović, ha dichiarato che quest'anno (mercoledì prossimo) nel Memoriale verranno interrate 520 vittime, tra cui sei minorenni e tre donne.
La battaglia per Srebrenica
Nel corso delle ultime settimane, però, Srebrenica è stata al centro dell'attenzione dei media e della politica bosniaca per motivi completamente diversi.
Il 7 ottobre prossimo in Bosnia Erzegovina si terranno le elezioni amministrative e, per la prima volta, a Srebrenica non sarà accordato alcuno statuto speciale.
Fino ad oggi, in ragione di quanto avvenuto durante la guerra, i bosniaco musulmani originari di Srebrenica avevano il diritto di votare per quel comune indipendentemente dal loro attuale luogo di residenza. Alle prossime elezioni questo non sarà più possibile, ma solo quanti effettivamente risiedono a Srebrenica potranno esercitarvi il diritto di voto.
Dal dopoguerra ad oggi, Srebrenica ha avuto un sindaco bosniaco musulmano e una popolazione in maggioranza serbo bosniaca. Tutto questo ora potrebbe cambiare, e diverse organizzazioni non governative e partiti politici della Federazione – una delle due entità in cui la Bosnia Erzegovina è divisa - hanno lanciato la campagna “Io voto per Srebrenica” .
Quanti hanno spostato la propria residenza altrove (i bosgnacchi sopravvissuti al luglio 1995 vivono per lo più a Tuzla e Sarajevo) vengono in buona sostanza esortati a riportarla a Srebrenica. D'altro canto il presidente della Republika Srpska, Milorad Dodik, ha rivolto dai microfoni della televisione serbo bosniaca un appello speculare agli elettori serbi, cioè di votare a Srebrenica, per impedire che la cittadina abbia nuovamente un sindaco bosgnacco.
Secondo gli attivisti, la polizia della Republika Srpska starebbe controllando selettivamente e pedantemente le residenze dei soli bosniaco musulmani, e le polemiche continuano .
In ostaggio
Srebrenica non è più una città in stato d'assedio, ma è ancora una città in ostaggio. Tristemente ostaggio del suo essere un simbolo, e in quanto tale condannata a vivere in una dimensione temporale sospesa.
In nome di Srebrenica sono stati raccolti finanziamenti in ogni parte del mondo. Di questi soldi, però, sul territorio non c'è traccia. Srebrenica è uno dei comuni più poveri della Bosnia, le fabbriche sono chiuse e le poche iniziative imprenditoriali stentano ad affermarsi. Quelli che davvero ci vivono, serbi e bosgnacchi, lo sanno.
Anche la questione della nazionalità del prossimo sindaco è tutta simbolica. Il fatto che fino ad oggi fosse un bosniaco musulmano rappresentava una sorta di riparazione, e di garanzia, per quanti hanno dovuto subire le conseguenze di una politica genocidaria. Quei sindaci, però, non sembrano essere riusciti a fare molto per lo sviluppo della città, né per stimolare un reale processo di ritorno di profughi e sfollati.
La dimensione simbolica è imprescindibile, ma la consapevolezza di quanto avvenuto dovrebbe servire per emergere da quel limbo in cui alcune parti della Bosnia sembrano rinchiuse, non per restare ancorati al passato. Il prossimo sindaco di Srebrenica, indipendentemente dalla sua nazionalità, dovrà fare i conti con il passato per affrontare il presente, non per eluderlo.
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