Il 25 luglio 1992 veniva compiuto un eccidio nel villaggio di Zecovi in Bosnia Erzegovina. Ci sono voluti 31 anni per emettere una sentenza di condanna di primo grado di cinque fra gli accusati. Nel massacro, uccisi ben 29 familiari compresi moglie e due figli piccoli di Fikret Bačić, ancora dispersi
“Il testimone Zijad Bačić… ha visto Ilija Zorić in piedi sulla strada con il mitra in mano. Poi sono partite raffiche dai militari, che hanno ucciso donne e bambini… ha raccontato nei dettagli anche il suono che emettevano i corpi e ha descritto nei particolari la maglietta insanguinata di suo fratello”.
Sono le parole del presidente del collegio giudicante della Corte di primo grado della Bosnia Erzegovina, Šaban Maksumić, all’indomani della lettura della sentenza di condanna (dicembre 2023) per i crimini di guerra commessi nel villaggio di Zecovi, in Bosnia orientale, tra il 23 e il 25 luglio del 1992.
Zijad Bačić aveva quattordici anni, quando il 23 luglio le forze militari serbo-bosniache assediarono Zecovi, e deportarono tutti i maschi adulti, in maggioranza poi uccisi durante la deportazione o nei lager di Keraterm, Trnopolje e Omarska, tenendo nel villaggio donne e bambini sotto controllo di alcuni soldati. Due giorni dopo, nella frazione Gradina di Zecovi, davanti alle proprie case furono uccisi 29 dei 32 componenti della sua famiglia.
“Solo tre ragazzini, che si erano nascosti, tra i quali mio nipote Zijad”, ha raccontato il padre, Fikret Bačić a OBCT, “sono sopravvissuti. E sono coloro che hanno testimoniato al processo”. Nel 1992, Fikret Bačić lavorava all’estero. Il nipote, dopo l’eccidio è riuscito a scappare dalla Bosnia Erzegovina grazie a dei vicini e lo ha raggiunto in Germania. Con la fine della guerra hanno deciso di tornare in Bosnia Erzegovina per cercare giustizia: “Appena tornati dalla Germania, nel 1998, mi sono presentato all’ufficio di Polizia cantonale di Sanski Most per depositare le dichiarazioni dei tre superstiti sull’eccidio, due che ai tempi dell’eccidio avevano 11 anni e mio nipote Zijad, che avevano visto e riconosciuto alcune facce degli assassini”.
Ma per l’avvio del processo per crimini di guerra, ci sono voluti altri 17 anni, racconta Fikret: “Da lì, poi si è passati alla Procura cantonale di Bihać, poi a quella di Sarajevo, con l’incartamento con le trascrizioni delle testimonianze e altra documentazione raccolta nel frattempo, finché finalmente il caso non è stato preso in carico dal procuratore di stato Izet Odobašić”. Non è stato per nulla facile, aggiunge Fikret Bačić: “Sono entrato in contatto con lui alla Procura di Sarajevo nel 2011. Gli ho raccontato che era dal 1998 che cercavo giustizia, ma senza risultati. Ha quindi deciso di prendere in carico il caso, e da lì siamo rimasti in diretto contatto tutto il tempo.”
Sono iniziate le indagini, sono stati risentiti i testimoni e avviata l’analisi delle prove raccolte. “Ma nel frattempo si è immischiata la politica”, ci dice amareggiato Fikret, “tanto da spingermi, nel 2014, a chiamare il procuratore Odobašić e denunciare il fatto che non si fosse arrivati all’arresto dei sospettati per portarli a processo. E che avrei mandato a tutti i media l’elenco dei nomi dei responsabili dell’eccidio, a me ormai conosciuti”.
E così, nel novembre del 2014 si è arrivati all’arresto di 12 ricercati che nel 1992 appartenevano all’esercito o alla polizia serbo-bosniache. Uno degli arrestati è poi morto durante il processo avviato ad aprile 2015, in cui sono stati sentiti 70 testimoni per l’accusa e 50 per la difesa. Un anno dopo, agli accusati sono stati concessi i domiciliari con il divieto di entrare in contatto con i testimoni dell’accusa.
Ci sono voluti altri 8 anni e mezzo per arrivare infine il 22 dicembre 2023 alla sentenza di primo grado, secondo l’art 172 del codice penale della Bosnia Erzegovina, per crimini contro l’umanità. La Corte ha condannato per crimini contro l’umanità e persecuzioni mediante omicidio, sfollamento forzato e atti disumani nell’area di Zecovi, Dušan Milunić a 12 anni, Ilija Zorić a 20, Zoran Stojnić 8, Zoran Milunić 14 e Ljubiša Četić a cinque anni. Assolti i restanti sei.
Alla lettura della sentenza di primo grado nessuno degli accusati si è presentato in aula: a gennaio 2024 sono stati emessi mandati di cattura internazionale per i latitanti Dušan Milunić, Ilija Zorić e Zoran Stojnić, che si sospetta si nascondano in Serbia.
“Se sono soddisfatto della sentenza?”, ci risponde Fikret Bačić, “No, per niente. Io l’ho detto anche davanti alla corte. Non mi interessa la condanna, voglio solo che qualcuno mi dica dove sono i miei familiari”. Dei 69 civili uccisi sul territorio di Zecovi, mancano all’appello i corpi di 32 persone, dei quali i ventinove familiari di Fikret compresa la moglie e i due figli, Nermina di sei anni e Nermin di dodici.
“Non è soddisfatta nemmeno la Procura”, aggiunge Fikret, “che ha presentato ricorso”. Infatti, di recente la Procura della Repubblica ha presentato ricorso ritenendo che vi siano stati gravi violazioni delle disposizioni della procedura penale e di legge, nonché di fatti accertati in maniera errata e incompleta. Lo scorso 3 luglio il Procuratore Izet Odobašić ha inoltre dichiarato che vi erano prove sufficienti per arrivare al verdetto di condanna, ma che le condanne comminate non corrispondono alla gravità e alle conseguenze dei crimini commessi.
“Non smetterò mai di cercare gli scomparsi. Non solo la mia famiglia e persone di cui non si ha traccia nel territorio di Prijedor, ma in tutto il paese”, dice deciso Fikret Bačić, che per alcuni anni ha fatto parte anche del consiglio direttivo dell’Institut za nestale osobe BiH (Istituto per le persone scomparse della Bosnia Erzegovina). “Fino ad oggi abbiamo scavato in circa 12 siti”, conclude Fikret, “pagando per avere informazioni che ritenevamo potessero essere importanti o usando quelle che ci arrivavano da diverse istituzioni, dalla Procura all’Istituto per le persone scomparse. Ma si sono rivelate inutili, per trovare la mia famiglia…”.
Alla data di giugno 2023, secondo l’ultimo rapporto della Commissione internazionale per le persone scomparse (ICPM) sono ancora 7.500 le persone scomparse in Bosnia Erzegovina sul totale iniziale di circa 30mila persone.
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