Rumyana Zheleva

La bocciatura del candidato euro commissario bulgaro Rumyana Zheleva è la prima vera sconfitta politica del governo Borisov. E' ancora presto per misurarne gli effetti sul piano interno ed internazionale, ma il caso pone domande strutturali sulla scelta dei quadri raccolti dal partito di governo

22/01/2010 -  Francesco Martino Sofia

"La prego di accettare le mie dimissioni da tutte le posizioni da me attualmente occupate, perché possa intraprendere i passi necessari a ritirare la mia candidatura a Commissario europeo espresso dalla Bulgaria". Con queste parole comincia la breve missiva, spedita al premier Boyko Borisov lo scorso 19 gennaio, con cui Rumyana Zheleva ha messo fine alla propria agonia politica, durata una settimana.

Il 12 gennaio la Zheleva, ministro degli Esteri, fresca vicepresidente del Partito popolare europeo e candidata a Commissario europeo per la cooperazione internazionale e l'Aiuto umanitario si era presentata davanti al parlamento di Strasburgo per l'audizione, durante la quale chi aspira ad entrare nella Commissione è tenuto a rispondere alle domande degli europarlamentari.

Da tempo si presagiva che l'audizione della Zheleva sarebbe stata tutt'altro che una passeggiata. Nelle ultime settimane voci insistenti parlavano di una candidatura debole in fatto di competenze, ma soprattutto dei legami tra il marito della Zheleva e il potente gruppo economico bulgaro "TIM", sospettato di (mai dimostrate) attività illecite, come il riciclaggio di denaro. Il quotidiano tedesco "Die Welt", con un articolo pubblicato il 28 dicembre 2009, era arrivato a chiedersi se, con la candidatura della Zheleva, non fosse arrivato il momento della "moglie di un gangster all'Eurocommissione".

Gli attacchi previsti sono puntualmente arrivati, ma in una direzione imprevista. A una Zheleva in evidente difficoltà, i deputati hanno richiesto di fare chiarezza sulla sua posizione nella società "Global consult", di cui la candidata commissario è risultata essere azionista anche successivamente alla propria elezione al parlamento europeo, accusandola poi di conflitto di interessi e dichiarazioni non rispondenti al vero.

La difesa della Zheleva è stata debole. Dopo aver incespicato più volte nelle risposte in inglese, la Zheleva è passata al tedesco e infine, nei passaggi più delicati, al bulgaro, mostrandosi insicura e incapace di gestire la tensione. Alcune delle sue repliche, poi, sono subito rimbalzate sui media, sia bulgari che internazionali. "Oggi sono qui perché non ho nulla da nascondere ... Chiunque lo desideri è il benvenuto nel mio paese, dove può conoscere mio marito, vedere dove lavoro e visitare la città dove vivo", ha detto la Zheleva ai perplessi colleghi presenti in aula.

Terminata l'audizione, la candidatura della Zheleva si è trasformata subito in un caso politico. Socialisti, verdi e liberali ne hanno chiesto a gran voce la testa, mentre i popolari, almeno nelle dichiarazioni ufficiali, hanno inizialmente difeso a spada tratta il loro vicepresidente, arrivando a minacciare vendette politiche nei confronti di un candidato socialista o liberale in caso di bocciatura della Zheleva.

Col passare dei giorni, mentre il parlamento europeo e il presidente della Commissione José Manuel Barroso si passavano più volte la patata bollente della competenza sul controllo dei documenti depositati dalla Zheleva, l'impossibilità di un happy end per il candidato bulgaro diventava sempre più evidente. L'inevitabile conclusione è stata la rinuncia, con la successiva individuazione di un nuovo candidato, l'attuale vice presidente della Banca Mondiale Kristalina Georgieva, attesa al varco di una nuova audizione il prossimo 3 febbraio.

Il caso "Zheleva" rappresenta la prima vera sconfitta politica per l'esecutivo guidato da Boyko Borisov, a sei mesi dalle elezioni che lo hanno consacrato protagonista indiscusso della scena politica bulgara. Una sconfitta che pesa soprattutto a livello europeo: Borisov ha investito molto del suo capitale politico proprio sulle relazioni con Bruxelles, nel tentativo di ricostruire un rapporto divenuto sempre più problematico dall'ingresso della Bulgaria nell'Ue.

L'obiettivo di sbloccare il flusso dei fondi provenienti dall'Ue in direzione di Sofia, con la crisi che ha svuotato le casse dello stato, riducendo al lumicino le possibilità di spesa, ha oggi un significato di enorme importanza per la Bulgaria, ma è ancora più centrale per la vita dello stesso esecutivo. Dopo quanto successo in questi giorni, però, non è detto che nei mesi a venire Barroso, messo in chiara difficoltà dal fallimento della Zheleva, guarderà con particolare benevolenza al nuovo membro dell'Ue.

E pensare che, con la scelta di Rumyana Zheleva, Borisov non aveva nascosto grandi ambizioni rispetto al ruolo da ricoprire nella nuova Commissione. A inizio ottobre 2009, Borisov aveva fatto chiaro riferimento alla volontà di occupare posizioni di peso. "Vogliamo il commissario all'Energia", aveva detto Borisov, dichiarandosi però pronto ad "accontentarsi" anche del portafoglio "Sviluppo regionale" o di quello "Infrastruttura". La Zheleva, dal canto suo, non aveva esitato a esprimere la sua preferenza per la poltrona all'allargamento.

La prima inattesa doccia fredda è arrivata a fine novembre, quando Barroso ha proposto ufficialmente alla Zheleva di divenire commissario per la Cooperazione internazionale, posizione considerata poco prestigiosa, anche perché in qualche modo subordinata alle iniziative del nuovo Alto rappresentante per gli affari esteri dell'Ue. Il leader dell'opposizione, l'ex premier socialista Sergey Stanishev non esitò in quella occasione a parlare di "schiaffo al nuovo esecutivo" da parte di Bruxelles, che secondo Stanishev offriva alla Bulgaria un posto da "aiuto-commissario".

Il governo ha fatto buon viso a cattivo gioco, ma alla fine per la Zheleva si è aperto il peggiore degli scenari possibili: rinuncia completa alle ambizioni europee, a cui sono seguite le inevitabili dimissioni anche da ministro degli Esteri. Per l'ambiziosa ex europarlamentare, sembra arrivato il capolinea di una carriera tanto fulminea quanto breve.

Per l'esecutivo Borisov e il partito di maggioranza GERB (Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria) è ancora presto per analizzare le possibili conseguenze di lungo termine del "caso Zheleva". Sul piano politico interno, Borisov è riuscito a parare il colpo, se non a evitarlo del tutto. L'opposizione al momento è troppo debole e divisa per approfittare fino in fondo del passo falso, e il premier è riuscito ad attivare, almeno in parte dell'opinione pubblica, il meccanismo di autodifesa che scatta inevitabilmente quando un paese viene posto sotto attacco.

A livello europeo il caso Zheleva ha avuto già l'effetto di confermare l'immagine problematica della Bulgaria all'interno dell'Ue. Anche su questo palcoscenico, però, l'errore è almeno in parte rimediabile, e la nuova candidatura proposta con prontezza a Barroso, quella di Kristalina Georgieva, sembra avere tutte le carte in regola per essere approvata senza ulteriori colpi di scena.

A prescindere da queste considerazioni, il "caso Zheleva" pone però una questione strutturale a GERB e al governo bulgaro, legata ai criteri di selezione dei quadri e ai meccanismi di promozione verso i posti di responsabilità. Il voto popolare nelle elezioni di giugno è andato alla figura carismatica di Boyko Borisov, che ha promesso di scegliere nella propria squadra solo i migliori, garantendo personalmente per i molti personaggi sconosciuti o quasi che ha portato a governare il paese.

Con la fallita candidatura della Zheleva è però emerso con chiarezza che una delle figure chiave dell'esecutivo non rispondeva poi in modo così inappellabile ai criteri di trasparenza e competenza sbandierati dal partito di governo e dal suo leader. Tutto questo rischia quindi di gettare un'ombra di dubbio su molti altri dei protagonisti politici emersi in questi mesi dalle fila di GERB.

In questo contesto, non sembra un caso che, per giocare sul sicuro, in seconda battuta il governo proponga a Barroso non un esponente di partito, ma un tecnico la cui autorevolezza si è consolidata in anni di lavoro all'interno di un'organizzazione finanziaria internazionale, quale è la Banca Mondiale.


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