Sofia, capitale della Bulgaria - foto di Francesco Martino

Sofia, capitale della Bulgaria - foto di Francesco Martino

Domenica in Bulgaria primo turno per le presidenziali ed elezioni parlamentari, le terze da aprile. Probabile la riconferma del Presidente uscente Rumen Radev mentre non scontato che dalle ennesime legislative esca una maggioranza di governo

10/11/2021 -  Francesco Martino Sofia

Pandemia ed elezioni, sono queste le parole che hanno accompagnato la Bulgaria nel corso di un travagliato 2021. La quarta ondata del Covid-19 sta colpendo duro: mortalità e numero di casi registrano record assoluti proprio mentre il paese si appresta a tornare alle urne per le nuove elezioni anticipate - le terze da aprile - e a scegliere contemporaneamente il nuovo presidente.

Caos politico e difficoltà nell'affrontare la sfida del Covid sembrano andare a braccetto: l'esecutivo tecnico, nominato dal presidente Rumen Radev per garantire un governo al paese, ha mostrato in questi mesi indecisione e timidezza nel gestire la situazione, evitando per quanto possibile di imporre misure di contenimento, estremamente impopolari tra i cittadini e gli elettori bulgari.

Anche deboli passi in quella direzione hanno avuto immediate ricadute negative: la decisione delle settimane scorse di limitare le attività al coperto solo a chi può esibire i green pass, ad esempio, sembra essere costata a Radev, padre politico del governo, la possibilità di essere rieletto fin dal primo turno. Non stupisce quindi che l'ipotesi di lockdown, caldeggiata da parte del settore sanitario - in crescente difficoltà a causa di ospedali e rianimazioni al limite del collasso - sia rimasta nel congelatore.

I cittadini bulgari restano in larga maggioranza contro le limitazioni alla libertà personale imposte in molti paesi – e parzialmente anche in Bulgaria – per limitare il contagio: uso delle mascherine e distanziamento sociale vengono applicati senza troppa convinzione, anche se il numero dei morti da marzo 2020 ha ormai superato i 25mila. Ma soprattutto, in tanti non credono nella necessità di vaccinarsi: ad oggi solo il 21% della popolazione l'ha fatto, record negativo nell'Unione europea.

È in questo difficile contesto che la Bulgaria torna alle urne domenica 14 novembre. Un voto che somiglia ad uno spartiacque: in caso di nuova fumata nera per la creazione di un nuovo esecutivo – ipotesi che non può essere esclusa sulla base degli ultimi sondaggi – l'attuale stallo rischia infatti di trasformarsi in una crisi più profonda, fino a toccare le fondamenta stesse del sistema politico emerso negli ultimi decenni.

Le elezioni di aprile avevano di fatto decretato il tramonto del decennale dominio dell'ex premier di centro-destra Boyko Borisov e del suo GERB (Cittadini per uno sviluppo europeo della Bulgaria), travolto da mesi di protesta di piazza contro un sistema di potere accusato di nepotismo e corruzione. In quelle di luglio era sorta la stella di Slavi Trifonov, cantante, showman e animatore del movimento populista “C'è un popolo così”, che dopo aver vinto le elezioni non è stato però capace di tradurre il capitale politico accumulato in un'alleanza con gli altri “partiti della protesta” e garantire una nuova maggioranza in parlamento.

A pochi giorni dalle consultazioni del 14 novembre, il quadro appare nuovamente cambiato, ma la somma degli addendi rischia di dare ancora come risultato un nulla di fatto. Additato come inconcludente e pasticcione, Trifonov - secondo gli ultimi sondaggi - ha perso circa metà del sostegno di cui ha goduto nei mesi scorsi ed è oggi in evidente affanno.

Primo partito è tornato ad essere GERB, dato intorno al 23% dei consensi: il movimento di Borisov è riuscito a mobilitare buona parte del suo elettorato, facendo leva sui lunghi mesi di caos politico seguiti alle dimissioni del “suo” primo ministro, e promettendo un “ritorno alla normalità” che, nella visione del partito, solo Borisov è riuscito a garantire al paese nella sua storia recente. GERB resta isolato nell'attuale panorama politico, e la probabile vittoria difficilmente si tradurrà in una concreta possibilità di tornare al governo.

Le altre principali forze politiche, dai socialisti alla destra liberale di “Bulgaria democratica” sembrano mantenere a grandi linee le posizioni emerse dall'ultima tornata elettorale, mentre anche stavolta le formazioni nazionaliste potrebbero rimanere sotto la soglia del 4%, restando così nuovamente fuori dal parlamento di Sofia.

Sulle schede di domenica prossima ci sarà solo una novità significativa, ma che sembra avere la potenzialità di sparigliare le carte ad urne chiuse: è il progetto “Continuiamo col cambiamento”, lanciato nelle scorse settimane da Kiril Petkov e Asen Vasilev, già ministri del governo tecnico lanciato dopo le elezioni interlocutorie di aprile, rispettivamente all'Economia ed alle Finanze.

Petkov e Vasilev, entrambi giovani, entrambi laureati ad Harvard e con un profilo imprenditoriale, propongono un progetto politico tecnocratico con un approccio liberale in economia. Al tempo stesso promettono però una maggiore attenzione alle fasce sociali più fragili: una sorta di vago centro-sinistra, che punta ad uno spazio politico non presidiato dalle attuali forze in campo, e che sembra aver conquistato consensi soprattutto tra i tanti che hanno disertato le urne nelle ultime tornate elettorali, puntando a diventare la seconda forza politica nel paese con oltre il 15% dei voti.

Sul fronte delle presidenziali, invece, sembra ormai certo che per eleggere il nuovo capo dello stato bisognerà aspettare il ballottaggio, previsto per il 21 novembre. A lungo i sondaggi hanno attribuito all'attuale presidente Rumen Radev – indipendente, ma eletto quattro anni fa con i voti socialisti - più del 50% dei consensi. Nelle ultime settimane, però, il sostegno a Radev, che in questi anni si è ritagliato un suo spazio di manovra politico entrando ripetutamente in aperto conflitto con Borisov, è calato, soprattutto dopo l'introduzione da parte del "suo" governo tecnico dell'obbligo del green pass per le attività da svolgere al coperto.

Ad approfittarne è stato Atanas Gerdzhikov, accademico di lungo corso e candidato presidente sostenuto da GERB, che al primo turno potrebbe raccogliere circa il 25% dei voti. Un sostegno che assicurerebbe a Gerdzhikov l'accesso al ballottaggio, visto che i restanti candidati sono nettamente più indietro. Vista la persistente prospettiva di un trionfo per Radev al primo turno, per il candidato di GERB andare al ballottaggio, seppur con probabilità minime di spuntarla, rappresenterebbe comunque un risultato accettabile.


Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!