Boyko Borisov - © Ju1978/Shutterstock

Boyko Borisov - © Ju1978/Shutterstock

Il 9 giugno la Bulgaria è tornata per la sesta volta a votare in soli tre anni: con una bassa affluenza ha vinto il centro-destra di GERB, ma restano grandi incertezze sul nuovo esecutivo. Si è votato anche per le europee, rimaste però all'ombra delle politiche

14/06/2024 -  Francesco Martino Sofia

“Ci sarà un nuovo governo se il primo ministro verrà dalle fila di GERB. Io non mi candido a questa posizione, per calmare gli animi e dare maggiori possibilità ai negoziati politici”. In conferenza stampa, qualche giorno dopo aver vinto le elezioni anticipate dello scorso 9 giugno, l’ex premier e leader di GERB Boyko Borisov ha delineato quello che vede come unico possibile sbocco ai risultati del voto.

“L’unica possibilità è che tutti mettano da parte il proprio ego, e che si crei un esecutivo di esperti, con i ministeri più importanti per GERB”, ha continuato Borisov. “Se non ci si dovesse riuscire, non resta che tornare ancora una volta alle urne a settembre”.

Dati alla mano, i numeri nel nuovo parlamento per creare una nuova maggioranza ci sono. Il centro-destra di GERB stavolta ha staccato nettamente tutti gli avversari raccogliendo il 24,7% dei voti. Seconda forza è il Movimento per le Libertà e i Diritti (DPS), tradizionale riferimento politico della minoranza turca, col 17%.

Solo terzo il movimento riformista “Continuiamo il cambiamento” (PP), punito dai suoi elettori dopo una breve esperienza di governo insieme a GERB, col 14,3%, appena sopra i nazionalisti pro-russi di Vazrazhdane (“Rinascimento”) col 13,7%.

In parlamento entrano poi un sempre più debole Partito socialista col 7%, il movimento populista “C’è un popolo così” (ITN) dello showman Slavi Trifonov col 5,9% e la sorpresa assoluta di “Grandezza” (“Velichie”) col già ribattezzato “Partito Tik-Tok” per la sua aggressiva campagna elettorale sui social media, portatore di vaghe istanze nazionaliste, ma dal profilo politico ed ideologico tutt’altro che chiaro.

“Nonostante la vittoria, Boyko Borisov non ha molte alternative: farà tutto il possibile per creare un governo. Resta da vedere se il tentativo includerà alleati di governo (come il DPS e ITN) oppure se verrà preferita la soluzione di un governo monocolore di minoranza”, analizza la situazione per OBCT Plamena Ignatova, redattrice politica di lungo corso del sito “Club Z”.

Bassa affluenza

A pesare come un macigno sulla legittimità politica del nuovo esecutivo è sicuramente la bassissima affluenza alle urne, che in questa occasione si è fermata ad un anemico 32,5%. Di fatto tutti i partiti tradizionali rappresentati in parlamento hanno visto diminuire drasticamente il numero dei propri elettori, che in buona parte hanno deciso di disertare le urne.

“La bassa affluenza è un problema che tocca molti paesi europei, ma in Bulgaria ha raggiunto una dimensione e gravità particolare”, ci dice l’analista e accademico Yavor Siderov. “La stanchezza dell’elettorato è evidente, dopo essere arrivati alle seste elezioni in tre anni. Ma la bassa affluenza è stata anche frutto di una campagna elettorale debole, in cui non sono state espresse idee politiche”

Considerato che la vasta maggioranza dell’elettorato non si sente oggi rappresentata, nuove elezioni in autunno potrebbero rivelarsi del tutto imprevedibili: un motivo in più per Borisov di spingere per la creazione di un governo, anche a costo di rinunciare – come già annunciato – alla poltrona di premier.

Incertezze politiche

C’è poi un altro fattore da considerare: la possibilità, tutt’altro che remota, che il presidente Rumen Radev, eletto inizialmente col supporto dei socialisti, ma fattore politico ormai autonomo, possa rinunciare a terminare il suo mandato e presentare agli elettori un suo progetto politico.

“l quadro politico è incerto: gli elettori si sentono perduti e c’è un enorme vuoto di rappresentanza a sinistra dello spettro elettorale”, sostiene Ignatova. “Secondo molte agenzie sociologiche, in quest’area c’è almeno un milione di elettori che non si sente rappresentato. Se anche Radev riuscisse a catturarne la metà, il suo sarebbe un progetto di prima forza nella politica bulgara”.

La difficoltà maggiore per il leader di GERB è quella di giustificare un’alleanza politica col DPS del tycoon Delyan Peevski, la più divisiva figura politica in Bulgaria, oligarca sanzionato dagli Stati Uniti nella cornice del “Magnitsky Act” per corruzione ed appropriazione indebita.

“La variante più diretta, una coalizione esplicita tra GERB e DPS rappresenta un rischio per Borisov”, scrive sulle pagine di DW Bulgaria Veselin Stoynev. “Questo potrebbe dare a ‘Continuiamo il cambiamento’ la base per poter risorgere come alternativa politica”.

Per il momento però il movimento politico riformista, che aveva suscitato le speranze di cambiamento in una parte importante della società bulgara, è costretto a ripartire quasi da zero, dopo una vera e propria batosta, provocata non solo dalla decisione di coalizzarsi con Borisov, ma anche dalla scarsa capacità di comunicare scelte e priorità ai propri elettori.

Alla vigilia del voto, in molti si sono chiesti quanto la guerra nella vicina Ucraina avrebbe influito sui risultati elettorali, anche visti i tradizionali legami di vicinanza storica, culturale e politica tra la Bulgaria e la Federazione russa.

In termini di percentuali, il campo pro-occidentale ne è uscito largamente vincitore, nonostante la presenza nel prossimo parlamento di partiti con chiare aperture nei confronti del Cremlino, primi fra tutti “Rinascimento” e socialisti, mentre sulla posizione internazionale del nuovo “Grandezza” restano non poche incertezze.

“Lo scontro geopolitico in atto tra Russia e Occidente ha avuto sicuramente un impatto, ma non in modo diretto”, sostiene Siderov. “Tutta la dinamica politica in Bulgaria ne è oggi condizionata, con partiti apertamente filo-atlantici ed altri filo-russi, e il riverbero sui risultati elettorali non è figlio di cose accadute o meno in campagna elettorale, ma piuttosto da questa divisione tettonica nel cuore dello spettro politico”.

Europee

Insieme alle parlamentari, il 9 giugno in Bulgaria si sono tenute anche le elezioni europee, in contemporanea con gli altri stati membri dell’Unione. Sia la campagna elettorale che il voto per i rappresentati bulgari a Bruxelles sono avvenuti in buona parte all’ombra delle elezioni politiche.

A testimoniarlo, sono anche i risultati finali, che con poche differenze ricalcano di fatto quelli delle elezioni politiche, sia in termini di affluenza che di successo elettorale. Dei 17 europarlamentari bulgari, cinque vanno a GERB, tre al DPS, “Rinascimento” e “Continuiamo il cambiamento”, due ai socialisti, uno a “C’è un popolo così”.

“La Bulgaria continua ad essere uno dei paesi dell’UE con un ampio e trasversale supporto nei confronti dell’Unione”, conclude Siderov. “Lo scarso interesse nei confronti delle elezioni europee dipende soprattutto dal fatto che non ci sono oggi partiti politici in grado di tradurre, in termini comprensibili per l’elettorato, qual è il vero significato delle questioni europee per il paese”.


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