Oca collorosso - © Jason Crook/Shutterstock

Oca collorosso - © Jason Crook/Shutterstock 

Originaria della Siberia, l'oca collorosso sverna sulla costa occidentale del Mar Nero. Minacciata dal bracconaggio e dai cambiamenti climatici, in Bulgaria questa specie a rischio ha beneficiato negli ultimi anni di vari progetti di conservazione

03/01/2025 -  Filippo Sconza

In estate la spiaggia di Shabla, un piccolo centro della Bulgaria nord-orientale, ospita famiglie e turisti desiderosi di passare del tempo in un luogo naturale tranquillo affacciato sul Mar Nero. A pochissimi chilometri, proprio nei pressi del confine con la Romania, la località di Durankulak offre un sito archeologico di epoca neolitica e un lago in cui trovano rifugio più di duecento diverse specie di animali. 

D’inverno quest’area è una delle mete preferite dell’oca collorosso (Branta Rufficulis), una specie che migra sulla costa ovest del Mar Nero per evitare il freddo della Siberia nord-occidentale, sua principale area di provenienza. Secondo vari esperti , tra il 70 e il 90 percento degli esemplari di oca collorosso al mondo trovano rifugio nelle zone umide della Bulgaria durante i mesi più freddi; il resto si concentra soprattutto nelle zone limitrofe in Romania e Ucraina.

Un patrimonio da conservare 

La Bulgaria è il primo paese dell’Unione europea per quota di superficie coperta da aree protette, e tra i primi per biodiversità. Il 34 percento del suo territorio rientra sotto la protezione di Natura 2000, rete europea di aree protette che ha come obiettivo la salvaguardia delle specie e degli habitat più rari, preziosi o minacciati del continente. 

L’oca collorosso, tra le più piccole papere del mondo, frequenta una trentina dei 340 siti protetti della Bulgaria, in gran parte lungo la costa. Il lago di Durankulak, insieme a quelli di Dobrudzha e Shabla, sono i luoghi in cui si ha maggiore probabilità di imbattersi in questo volatile di origine artica lungo circa mezzo metro: sono zone umide che non ghiacciano, prossime a vaste distese di campi di cereali.  

Gli esemplari di questo animale si sono dimezzati nel mondo nel corso dell’ultimo quarto di secolo, tanto da far entrare l’oca collorosso come "specie vulnerabile" nella Lista rossa stilata dall'Unione internazionale per la conservazione della natura. Si stima che oggi ne esistano in tutto circa 50.000 esemplari.

Anche secondo il Sistema d'informazione sulla biodiversità dell’Unione europea, la Branta Ruficollis sarebbe "prossima alla minaccia", e non è un caso che compaia tanto nella Direttiva UE sulla protezione degli uccelli selvatici quanto nella lista delle specie protette annessa all’Accordo sulla conservazione degli uccelli acquatici migratori dell'Africa-Eurasia.

Per questi motivi, diverse associazioni ambientaliste si occupano di proteggere il patrimonio che l’oca collorosso rappresenta per la Bulgaria. Dagli interventi di sensibilizzazione a iniziative di monitoraggio e ricerca, i diversi progetti beneficiano spesso anche di fondi europei, provenienti sia dai fondi di coesione sia dal programma LIFE, dedicato alla protezione dell’ambiente e al contrasto al cambiamento climatico. 

Le minacce alla sopravvivenza dell’oca

"Fino agli anni '50 e '60 questa specie svernava lungo la costa occidentale del Mar Caspio, soprattutto in Azerbaijan. Negli anni '60 l'Unione sovietica decise di cambiare le colture della zona, non puntando più sul grano ma sul cotone. Il cibo disponibile non c'era più: le oche collorosso dovettero cambiare zona di svernamento e iniziarono a spostarsi verso la costa nord-occidentale del Mar Nero.

Ora, a causa dell’innalzamento delle temperature, potrebbero gradualmente passare l’inverno in Russia". A dircelo è Nikolai Petkov, ornitologo e project manager della Società bulgara per la protezione degli uccelli , la principale organizzazione bulgara attiva in questo ambito. 

Nata negli anni ‘90 su iniziativa di volontari, questa ong ha acquisito nel tempo uno status sempre più professionale, lavorando anche a progetti transnazionali. "ll nostro primo sforzo per la conservazione dell’oca collorosso si è incentrato sulla limitazione dell'impatto della caccia attraverso il controllo degli episodi di bracconaggio", prosegue Nikolai. "Il comportamento dissennato di alcuni cacciatori disturbava le oche, impedendo loro di procurarsi risorse sufficienti per svernare e per prepararsi alla migrazione a ritroso". 

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In quanto specie protetta, l’oca collorosso non può essere cacciata, ma può capitare che cacciatori inesperti la confondano con l’oca lombardella, una specie cacciabile non troppo dissimile insediata nel medesimo habitat. Con il tempo, grazie a un lavoro costante di monitoraggio e sensibilizzazione, la Società bulgara per la protezione degli uccelli è riuscita a cambiare la mentalità dei cacciatori locali, ma i problemi persistono. "Alcuni cacciatori in visita non conoscono le regole su dove non sparare e non sono in grado di identificare correttamente le diverse specie. Alcuni dei nuovi cacciatori si limitano a comprare i fucili e, in molti casi, anche l'esame per la licenza. Poi vanno e iniziano a sparare", afferma Nikolai.

A questo si aggiungono i progetti per la costruzione di pale eoliche, che se da un lato favoriscono una produzione energetica sostenibile, dall’altro spingono gli uccelli di qualunque tipo a modificare le proprie rotte. Proprio all'estremità nord-orientale della Bulgaria, tra i distretti di Dobrich e Varna, ben cinque nuovi progetti di costruzione di pale eoliche si scontrano con gli interessi dell’oca collorosso. Nella zona tra l’altro sono frequenti le nebbie, che aumentano il pericolo di collisione degli uccelli con le pale. 

I progetti di conservazione

"Uno dei nostri maggiori successi è stato riuscire ad allineare la legislazione di Stati non UE con alcune norme per la conservazione della natura dell'Unione europea, portando alla chiusura della caccia primaverile nella Russia meridionale e in Kazakistan" racconta Nikolai Petkov. Il riferimento è al progetto europeo "Life For safe flight", lanciato nel 2017 per ridurre la caccia e il bracconaggio lungo il tragitto che porta gli uccelli migratori dalla Siberia alle coste della Romania e della Bulgaria. 

"Nell’ambito di progetti precedenti, ci eravamo accorti che il numero di oche collorosso che svernavano tra Romania e Bulgaria era sempre più ridotto. Così abbiamo deciso di lanciare un progetto transnazionale insieme ad altre associazioni in Romania, Ucraina, Russia e Kazakistan, così da limitare le minacce principali contro questa specie e garantirle un tragitto sicuro", continua Nikolai.

Tra i risultati conseguiti si annoverano l’aumento delle aree libere dalla caccia intorno ai laghi e alle zone umide, ma anche operazioni quali la messa in sicurezza di quattro chilometri di linee elettriche intorno al lago di Durankulak, in modo da ridurre il rischio di collisione dei volatili.

Secondo Nikolai, i fondi europei erogati attraverso il Programma LIFE sono stati decisivi per la sua associazione. "Prima la nostra ong svolgeva attività su scala molto più ridotta a causa dei finanziamenti limitati. Grazie alle possibilità finanziarie offerte dall'UE, siamo riusciti ad ampliare la portata del nostro lavoro: le attività di monitoraggio tramite GPS, per esempio, sono molto costose.

Il lavoro di conservazione in Bulgaria dipende per gran parte dai finanziamenti del programma LIFE, che è amministrato direttamente dalla Commissione europea senza passare per le autorità nazionali. Dobbiamo essere franchi: c’è tanta corruzione in Bulgaria, i soldi [di altri programmi statali o europei, ndr] vanno a determinate aziende o organizzazioni. Invece per i progetti LIFE si viene davvero valutati in base alla proposta”.

Il progetto più recente a favore dell’oca collorosso in Bulgaria, concluso nella prima metà del 2024, è stato invece finanziato dal Fondo europeo per lo sviluppo regionale. Con un investimento pari a quasi mezzo milione di euro, l’oca è stata tra le specie su cui più si sono concentrati i fondi europei di coesione in Bulgaria negli ultimi anni.

Il progetto è stato gestito dal Comune di Shabla, dentro i cui confini rientrano le principali zone dove è solito svernare l’animale. Sono stati realizzati nuovi studi, creato un centro per assistere esemplari feriti, realizzate iniziative di educazione nelle scuole e di sensibilizzazione della popolazione e dei cacciatori, e perfino progettato un “festival invernale dell’oca collorosso”.

Le sfide future

Priva di dimorfismo sessuale (maschio e femmina hanno cioè il medesimo aspetto), l’oca collorosso è monogama: la coppia, una volta formata, rimane insieme tutta la vita. Durante la stagione riproduttiva in Siberia (luglio-agosto), questi animali tendono a nidificare nei pressi dei nidi degli uccelli predatori, così da proteggersi da pericolosi animali quali la volpe artica. Il viaggio che compiono ogni autunno alla volta dell’Europa sud-orientale è uno dei più lunghi tragitti percorsi da oche migratrici, pari a circa seimila chilometri.

Anche se la Bulgaria rimane il suo rifugio invernale preferito, l’oca collorosso tende a muoversi in modo sempre più disomogeneo. A causa della crescente siccità che colpisce le zone umide e dell’aumento delle temperature, negli ultimi anni è diminuito il flusso di questi volatili verso il Mar Nero.

Ornitologi e volontari come Nikolai e la Società bulgara per la protezione degli uccelli tengono però monitorate le rotte tramite un tracciamento GPS, così da valutare eventuali interventi futuri in altre aree.

 

Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "Cohesion4Climate" cofinanziato dall’Unione europea. L’UE non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto; la responsabilità sui contenuti è unicamente di OBCT.


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