La Bulgaria ha ottenuto dall'Iraq 360 milioni di dollari, per chiudere il capitolo del debito accumulato dal tormentato paese mediorientale verso Sofia negli anni della guerra fredda, soprattutto a causa del commercio di armi. Ed ora si apre il dibattito: cosa fare di questi soldi?
La Bulgaria si è accordata con l'Iraq per ricevere 360 milioni di dollari in contanti, nel 2008, quale compenso per estinguere il debito estero contratto dal paese arabo nei confronti di Sofia. La somma, in realtà, compre soltanto parzialmente il debito complessivo, pari a 1,860 miliardi di dollari, che verrà in gran parte condonato. L'accordo con l'Iraq è stato sottoscritto dal governo bulgaro lo scorso 8 novembre, dopo un negoziato durato due anni. La Bulgaria diviene così il primo paese del "Club di Parigi" a raggiungere con l'Iraq post-bellico un accordo per la risoluzione della questione del debito, come annunciato dal ministro delle Finanze bulgaro Plamen Oresharski. Secondo il ministro, è molto meglio assicurarsi oggi 360 milioni, piuttosto che aspettare 23 anni per ottenerne, almeno potenzialmente, il doppio, soprattutto vista la difficile situazione del paese mediorientale.
360 milioni: pochi o molti?
Secondo i quotidiani "Sega" e "Monitor", la Bulgaria riceverà 360 milioni di dollari rispetto a crediti maturati per 3,5 miliardi. Bagdad, infatti, non accetta di pagare interessi nell'ordine di 1,8 miliardi di dollari, scrive "Monitor". A Sofia, gli analisti economici si sono divisi sulla bontà dell'accordo raggiunto con le autorità irachene. Il professor Georgi Genov, decano della Facoltà di Economia Internazionale e Politica presso l'Università per il Commercio Nazionale ed Internazionale, ha commentato con favore l'iniziativa del governo bulgaro, ricordando che già in passato si era spesso parlato della possibilità che il debito iracheno venisse pagato attraverso forniture di petrolio, ma che poi non se ne era fatto nulla.
Fino al crollo del regime di Saddam Hussein, rovesciato dalla guerra condotta dalla "coalizione dei volenterosi" guidata dagli Usa, della quale ha fatto parte anche la Bulgaria, l'Iraq aveva accumulato 38,9 miliardi di dollari di debiti nei confronti dei paesi del cosiddetto "Club di Parigi", di cui fanno parte 19 paesi, inclusi gli stessi Usa, la Russia, il Giappone e vari paesi dell'Ue. Alla fine del 2004 il nuovo governo iracheno ha firmato un memorandum con il Club per la remissione del debito. L'80% della somma dovuta è condonata, mentre il restante 20% dovrebbe essere restituito nel corso di 23 anni. Il debito dell'Iraq corrisponde al 12% del prodotto interno lordo bulgaro, e la Bulgaria si è trovata ad essere uno dei maggiori creditori del tormentato paese mediorientale. Dopo la firma dell'accordo, con cui la Bulgaria ha accettato "ora e subito" 360 milioni di dollari, è apparso subito chiaro quanto siano state poco realistiche le speranze di un diretto ritorno economico del supporto fornito all'epoca della guerra agli Usa da parte di Sofia, che nel 2003 partecipò con un contingente militare alla campagna della "coalizione dei volenterosi". I miliardi del debito iracheno sembrano scomparsi nella sabbia, così come le altisonanti promesse del deputato del Movimento Nazionale Simeone Secondo (NDSV) Salomon Pasi, allora ministro degli Esteri, che assicurava l'appoggio degli Usa nella vertenza del debito iracheno, in cambio di un impegno diretto della Bulgaria nella guerra. Senza fondamento anche le promesse della possibilità di grossi guadagni per le compagnie bulgare, che avrebbero dovuto partecipare alla ricostruzione dell'Iraq post-bellico. Fino ad oggi nemmeno una ditta bulgara ha messo piede sul suolo iracheno. L'unica realtà è che il mantenimento di un contingente militare costa alla piccola Bulgaria milioni di leva, sottratti ad un magro budget insufficiente, ad esempio, per pagare uno stipendio dignitoso agli insegnanti.
Martin Dimitrov, deputato dell'Unione delle Forze Democratiche (SDS), partito dell'opposizione di destra, ha dichiarato che la decisione sul debito iracheno è stata presa dal governo "al buio", che l'accordo è svantaggioso e che avrebbe dovuto essere discusso in parlamento. "L'accordo non mi sembra vantaggioso, visto che il governo ha recuperato appena il 30% del capitale, e se consideriamo anche gli interessi, di fatto ci hanno restituito solo il 18-19% del debito accumulato. Concessioni di questo tipo sono alla portata di stati come gli Usa e la Gran Bretagna, ma non è logico che vengano fatte da un paese come la Bulgaria", ha detto Dimitrov. L'ex ministro delle Finanze, Stoyan Aleksandrov, ha dichiarato: "Con l'Iraq non si possono fare accordi, oggi, senza il benestare degli americani", ricordando che il debito è il risultato dell'esportazione di armi verso il paese mediorientale, e che il mondo finanziario ha in generale un atteggiamento negativo verso tali tipi di rapporti commerciali, cosa che rende più difficile ottenere sostegno nelle risoluzione delle diatribe economiche. D'altra parte, sempre secondo Aleksandrov, l'esportazione di armi ha comunque fornito alla Bulgaria grossi guadagni, attraverso prezzi gonfiati del 200-300%.
"Kinteks": vendita a credito, armi in regalo
Gli enormi guadagni della vendita di armi da parte dell'allora regime comunista bulgaro, in realtà, sembrano essere più mito che realtà. In una serie di articoli sul tracollo economico del regime, il quotidiano "Dnevnik" ha messo in luce il fatto che la "Kinteks", gruppo produttore di armi, aveva sottoscritto una serie di contratti senza ricevere una contropartita in contanti. Iraq, Algeria, Iran e Libia compravano, sì, armi, ma a credito. Il debito dell'Iraq verso la Bulgaria si è accumulato ai tempi della guerra fredda, quando i due paesi erano buoni partner economici. Oltre all'esportazione di armamenti, ai tempi del socialismo reale la Bulgaria, attraverso la "Kinteks" giocava anche un ruolo importante nella realizzazione delle infrastrutture irachene, mentre molti ingegneri e medici bulgari lavoravano a Bagdad. Con l'inizio della guerra Iran-Iraq (1980-88) il flusso di armi bulgare verso l'Iraq ha attraversato cambiamenti profondi. L'esportazione di armi dalla Bulgaria all'Iraq era cominciata nel 1976, e fino all' '80 ogni anno il regime di Bagdad ha comprato circa 15-20 milioni di dollari di armamenti. Fino al 1983 i pagamenti vengono effettuati in contanti, poi l'Iraq ha iniziato ad acquistare a credito, accumulando così miliardi di debito, il cui pagamento è stato sempre dilazionato nel tempo. Così, nel 1986, il commercio di armi rappresentava in realtà una perdita per il governo di Sofia, perdita inserita nella categoria "debito di paesi terzi verso la Bulgaria", capitolo che al crollo del regime è arrivato a pesare 1,5 miliardi di dollari. Il complesso militar-industriale bulgaro lavorava in perdita, e "rifilava" armi a clienti non in grado di pagare. Nonostante l'Iraq fosse il suo maggior debitore, la Bulgaria, nel 1988 ha venduto al regime di Saddam Hussein armi per il valore di più di 200 milioni di dollari, tutte, naturalmente, rimaste non pagate.
Soldi al vento o investimenti mirati?
Anche se rappresentano solo una piccola parte del debito, 360 milioni di dollari sono pur sempre una bella somma. Dopo la firma dell'accordo, sono iniziate le discussioni su come spendere questi soldi. Il quotidiano "Trud" ha scritto che questi soldi andrebbero investiti, e non spesi per stipendi e pensioni. "Trud" ha sviluppato alcune idee. La prima, provocatoria, è di gettarli al vento, comperando 3100 Mercedes per i parlamentari. Con questa somma, poi, si potrebbero dare 64 leva ad ogni cittadino, soluzione di sapore populista. Oppure, 2,3 milioni di pensionati potrebbero ricevere 208 leva una tantum. Con questi milioni, si potrebbero poi costruire alcune infrastrutture, come terminare l'autostrada "Trakiya" da Stara Zagora a Karnobat, oppure realizzare uno stadio coperto a Sofia o, infine, scavare tunnel che attraversino la catena dei Balcani.
Capiremo presto se questi 360 milioni di dollari saranno soldi gettati al vento, oppure una boccata d'ossigeno per il budget dello stato.
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