Dal folk all'elettronica. Sfugge a categorie troppo strette la musicista Eugenia Georgieva che affonda le sue radici creative nei canti tradizionali dell'est Europa
Folk, rock, elettronica. Difficile offrire dei connotati precisi alla musica di Eugenia Georgieva, cantante di fascino e classe, nata in Bulgaria, a Plovdiv, e ora residente a Londra, dove il suo talento è sbocciato poco più di dieci anni fa. Definita dal San Diego Union Tribune “squisita”, debutta nel 2005 con la formazione Perunika Trio, gruppo ispirato alla tradizione bulgara e al vasto canzoniere proveniente dalle terre che - dalle ultime propaggini orientali europee - si tuffano verso i lidi anatolici. Ci sono brani russi, macedoni, serbi. Fraseggi della Tracia e del Pirin, catena montuosa bulgara, con cime che sfiorano i 3mila metri. Riferimenti a Blazhievo, il paese di origine della madre di Eugenia, ai piedi del monte Rila, dove sussiste una ricca tradizione musicale legata ai costumi delle donne “shoppe”; che indossano abiti sgargianti parafrasando miti che si tramandano di generazione in generazione. Canzoni lontane secoli e messe per iscritto per la prima volta nel diciannovesimo secolo.
La Georgieva scopre il potere di canti come “Zmey Lyubi Moma”, scartabellando i documenti conservati presso l’Accademia bulgara delle scienze; e ne fa tesoro riarrangiandoli con sensibilità e grazia. Sono brani d’amore, di vita, di morte. Come quello inerente una leggenda secondo la quale un usignolo mise in guardia una coppia di amanti dalla pericolosità dell’acqua di una sorgente, avvelenata per uccidere Hadzi Dimitar e Stefan Karadzha, due rivoluzionari che lottavano per la liberazione della Bulgaria dall’Impero ottomano.
Cantano a cappella, ma con uno stile diverso dall’intramontabile Le Mystere des Voix Bulgares, coro femminile per antonomasia, fondato nel 1952 da Philip Koutev e oggi diretto da Dora Hristova. Popmtters lo definisce più “dolce, composto, libero e pulito”. Qualche anno di gavetta e nel 2008 arriva il primo disco, Introducing Perunika Trio. Si apre con l’affascinante flauto di “Rekoh Ti, Tsone”, seguito dalla calda e potente voce di Eugenia, presto sostenuta da quelle delle altre due comprimarie, Victoria Mancheva e Vicky Evstatiea. Un disco che ha anche un valore antropologico, con l’evidente desiderio di riportare in auge epoche passate, in cui il canto rappresentava una reale forma di sussistenza, e contemporaneamente fungeva da mezzo col quale veicolare informazioni e notizie.
Non a caso Perunika è il nome preso in prestito dalla dea slava della pioggia e dell’eterna bellezza. Il parere positivo è unanime e giunge da pubblico e critica. Il Daily Telegraph lo indica come un album “rustico, senza troppo romanticismo, ma caldo e rassicurante”. A Bright Star Has Risen arriva poco dopo, e si concentra soprattutto sulle musiche folcloriche delle regioni meridionali della Bulgaria, posti dove da secoli cristiani, pagani e musulmani, vivono in piacevole armonia. Un mix fra la delicatezza tipica del madrigale e la profonda spiritualità ortodossa. Il cd è affiancato da un prezioso libretto con interessanti informazioni sulla band e la cultura facente capo alla città di Sofia. Il disco esce nel 2012 ed è sostenuto dalla stampa internazionale. AllMusic gli rifila quattro stelle (su cinque), plaudendo brani come “Velichanie Bogorodichno”, dedicato alla vergine Maria, e “Melo Selo”, velato di malinconia, ma anche di bellezza e orgoglio.
Nello stesso anno Eugenia Georgieva dà alle stampe un disco incentrato su brani tradizionali giapponesi, cantato sempre affidandosi al groove del canto polifonico bulgaro. L’operazione è sovvenzionata dalla Sony nipponica e consente alla Georgieva di farsi conoscere anche in estremo oriente, dove porta a termine un tour di successo, con la tappa più prestigiosa al Kokusai Forum di Tokyo. Il successivo lavoro per la BBC, Yantra, incentrato sull’interessante connubio fra musica bulgara, inglese e indiana, le conferisce la definitiva fama internazionale (qui un assaggio , durante un live a Tokyo).
Tappa successiva, quella con i Transglobal Underground, capostipiti dell’etno-dance, in attività dal 1995. L’occasione è quella di collaborare con anime a lei affini, come Jim Moray, Martin Furey e soprattutto la cantante bulgara Yanka Rupkina; da sempre coinvolta nel mondo della musica tradizionale dell’est Europa, con il suo Trio Bulgarka, composto anche da Stoyanka Boneva ed Eva Georgieva. Dopo queste importanti esperienze, vince il primo premio al sesto Concorso internazionale di canzoni russe, eseguendo il brano “Oy, So Vechora S Polunochi”, in duetto con Polina Sheperd, artista eclettica, a suo agio con ogni genere, dalla musica yiddish ai Led Zeppelin. Poi l’impegno con il coro bulgaro Veda Slovena, dell’University College di Londra e il debutto teatrale ne Le Baccanti di Euripide all’Almeida Theatre. E siamo ai giorni nostri.
Ad aprile 2018 Eugenia dà alle stampe il suo primo disco solista: Po Drum Mome. Esce per Riverboat Records (Kristi Stassinopoulou, Olcay Bayir). Basta la canzone che regala il titolo al disco per farci capire il livello artistico del nuovo lavoro: Po Drum Mome (A Girl On The Road) è un inno alla musica tradizionale, note incantate che rimandano alle melodie che contraddistinsero i Balcani secoli fa. La voce di Eugenia è supportata da un ensemble di musicisti di grande valore, capaci di assecondare i suoi umori e la delicatezza con cui affronta un nuovo racconto. Ecco un esempio . Ottobre 2018, l’autunno batte ciglio, quale occasione migliore per farsi accompagnare dal dolce canto di Eugenia Georgieva?
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