"Rotta balcanica", la Bulgaria fuori dall'occhio del ciclone

26 agosto 2015

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Le immagini delle scorse settimane dal confine greco-macedone hanno riportato la “rotta balcanica”, utilizzata da decine di migliaia di persone – soprattutto rifugiati e richiedenti asilo in fuga da Siria, Afganistan, Iraq – al centro dell'attenzione internazionale.

Nella vicina Bulgaria, interessata nella seconda metà del 2013 dall'arrivo di circa 11mila profughi, che colse il paese del tutto impreparato, al momento la situazione sembra tranquilla. Il numero degli arrivi è relativamente contenuto (secondo le ultime stime ufficiali, 780 persone nella settimana dal 13 al 20 agosto).

Con una mossa largamente simbolica, il governo ha deciso di schierare 25 militari e alcuni mezzi blindati ai punti di passaggio della frontiera con la Macedonia, decisione definita come “misura preventiva”.

Il governo di Sofia, per voce del ministro degli Interni Rumyana Bachvarova ha dichiarato di prendere in considerazione alcuni scenari relativi alla possibile ripresa di ingressi in Bulgaria. “Il più drammatico prevede uno scenario simile a quanto succede al confine greco-macedone, ma lo riteniamo piuttosto improbabile”, ha dichiarato la Bachvarova.

Varie le considerazione sul perché – dopo il picco del 2013 – oggi rifugiati e richiedenti asilo evitino la Bulgaria. Durante una recente visita a Skopje, il ministro degli Esteri Daniel Mitov ha vantato l'efficienza del pattugliamento della “frontiera esterna dell'UE” da parte delle forze di polizia.

“E' proprio perché sorvegliamo bene la nostra frontiera che il flusso migratorio si è spostato sull'asse Grecia-Macedonia-Serbia […]. Nessuno ha interesse ad attraversare una frontiera ben sorvegliata, come quella bulgara, soprattutto quando la destinazione finale è molto più a nord e ad ovest”, ha dichiarato Mitov.

Sul confine con la Turchia, intanto, continua l'ampliamento della “barriera tecnica”, un muro di rete e filo spinato che, quando completato, dovrebbe coprire buona parte della frontiera.

Secondo il settimanale “Kapital”, però, lo scarso appeal della Bulgaria per i rifugiati si nasconde altrove. A rendere il paese poco appetibile, sarebbero piuttosto gli alti costi di attraversamento del confine turco-bulgaro e le condizioni estremamente disagiate in cui chi rimane in Bulgaria, anche solo temporaneamente, è costretto a vivere. C'è poi la lentezza delle procedure burocratiche per l'ottenimento dello status, e il rischio di rimanere bloccati nel paese a causa del regolamento di Dublino (che prevede che, nel caso in cui una persona faccia richiesta di asilo in un paese UE, non possa più esercitare questo diritto in altri stati dell'Unione).

Secondo Chavdar Chervenkov, del Centro sugli studi sulla Democrazia, altro fattore importante è l'esclusione della Bulgaria (e Romania) dallo spazio Schengen. “Se la Bulgaria e la Romania fossero state membri di Schengen, oggi si troverebbero al posto dell'Ungheria, visto che una volta attraversato il confine, in Schengen gli spostamenti verso altre destinazioni europee diventano rapidi e relativamente semplici”.