Le catastrofiche alluvioni di questi giorni hanno colpito anche la Croazia orientale. Migliaia le persone evacuate. Due le vittime accertate. Sotto esame l’azienda statale incaricata di sorvegliare i corsi d’acqua e innalzare gli argini
Apocalisse. Inondazione di dimensioni bibliche. Armageddon. Una catastrofe mai vista prima. Cataclisma.
Con queste parole giornalisti, osservatori, soccorritori ed esercito descrivono il disastro che ha colpito la parte sudorientale della Croazia, zona del paese confinante con la Serbia e la Bosnia Erzegovina, paesi vicini dove però la situazione è anche peggiore perché le regioni alluvionate sono di dimensioni nettamente maggiori rispetto a quelle della Croazia.
In Croazia anche il numero delle vittime è decisamente inferiore: nelle alluvioni sono morte due persone, mentre altre sono ancora considerate disperse. La zona più colpita è quella della Sava, fiume che scorre attraverso le capitali della Croazia e della Serbia, Zagabria e Belgrado. In particolare è stata colpita la zona attorno al basso corso di questo fiume, nella Croazia orientale. E lì che il suo letto riceve gli affluenti provenienti dalla Bosnia Erzegovina, dove le abbondanti piogge di questi giorni hanno causato enormi alluvioni.
Le scene della situazione sul campo sono tragiche. Nei villaggi di Gunja, Rajevo Selo e Račinovici, dove sono state evacuate oltre 15.000 persone, dal grande mare d’acqua emergono solo i tetti delle case. Una volta saltati gli argini della Sava, l’acqua, con la forza di uno tsunami, si è riversata nei villaggi situati a pochi metri di distanza dal fiume.
La gente non voleva abbandonare le proprie abitazioni, per paura di perdere il bestiame e le proprietà. Hanno sistemato solo i bambini e gli anziani, convinti di avere il tempo per togliersi di mezzo nel caso l'acqua fosse arrivata sino a loro. Ma, una volta crollati gli argini, sono stati obbligati a ripararsi sui tetti, dove poi sono stati salvati dagli elicotteri.
Nonostante il governo avesse avvertito che l’evacuazione era necessaria, in molti non hanno prestato ascolto. Quando è arrivata l’ondata di piena, centinaia di persone sono rimaste isolate. Non è stato possibile salvare tutti in tempi brevi, tanto che alcuni hanno dovuto aspettare gli aiuti per ore.
Isolati dal mondo
Da Županja, piccola cittadina di circa 12.000 abitanti che per fortuna non è stata allagata, al centro di quest'area della Croazia, sono giunte immagini da pelle d’oca di gente disorientata, che in una notte ha perso tutto. Donne in lacrime, bambini terrorizzati, anziani disperati sono stati accolti negli spazi della scuola e della palestra. Molti si preoccupano dei parenti, non riescono a contattarli, le batterie dei cellulari sono scariche, nelle regioni alluvionate non c’è elettricità.
Le immagini televisive riprese dall’alto mostrano una massa di animali morti che galleggiano nell’acqua: maiali, mucche, pecore… appena la pioggia si è fermata la temperatura è salita a 30 gradi. C’è ora il rischio di infezioni, il risanamento del terreno è necessario, ma ancora non è stato fatto: in questo momento prosegue la lotta per ciò che è più importante: salvare vite umane.
Il premier Zoran Milanović ha visitato in varie occasioni le regioni più colpite. Appena rientrato da una visita negli Stati Uniti, in Croazia orientale è arrivato anche il presidente Ivo Josipović. Ma l’opposizione e in particolare il sindaco di Zagabria, Milan Bandić, hanno rimproverato al premier di non aver collocato il centro di assistenza agli alluvionati nella regione colpita e di aver organizzato le operazioni di salvataggio da troppo lontano.
Milanović, oltre alle visite alle regioni colpite è anche riuscito a partecipare a due appuntamenti preelettorali del suo partito, impegnato nel finale della campagna per le elezioni del Parlamento europeo. I media gli hanno fatto così notare che alcuni partiti hanno interrotto la campagna elettorale per le elezioni europee di domenica 25 maggio, e hanno versato il denaro destinato alla campagna elettorale sui conti per gli aiuti alle vittime dell’alluvione.
La solidarietà dei cittadini è enorme. Raccolgono cibo, indumenti, materiale sanitario e igienico, acqua potabile in bottiglia. Versano denaro sui conti della Croce Rossa e della Caritas. Volontari si sono fatti avanti per aiutare le persone in difficoltà. Tutta la Croazia è in movimento, in una solidarietà che non si ricorda dai tempi della guerra.
Nessuno osa fare ancora stime dei danni causati dalle alluvioni. Sarà possibile farle appena l’acqua si sarà ritirata. Alcune case sono rovinate, altre completamente distrutte. Le regioni alluvionate sono prevalentemente agricole. Gli abitanti locali vivono di agricoltura, ma l’acqua ha distrutto i campi di mais, di grano, di barbabietole da zucchero, di girasoli… sono andati distrutti i frutteti, l’acqua si è portata via anche i piccoli orti delle famiglie. Sono scomparse intere fattorie, i macchinari agricoli imprigionati dal fango, trattori, camion, ecc.
Critiche all’azienda statale Acque croate
Molte delle critiche per la situazione caotica che si è verificata nella parte orientale del paese sono ora indirizzate alla Acque croate, azienda statale il cui compito è quello di gestire i corsi d’acqua e di costruire gli argini. Sono infatti saltati anche gli argini nuovi, quelli costruiti qualche anno fa e che avrebbero dovuto reggere.
Inoltre lunghi tratti di argini, in programma, non sono poi più stati costruiti. Il premier Milanović ha annunciato un’inchiesta sulla responsabilità dell’accaduto, ma in questo momento suonano come parole vuote per quelle persone che hanno perso tutto. È stato inoltre annunciato che, appena l’acqua si ritirerà, lo stato pagherà dei lavoratori per ripulire e bonificare i terreni e che verranno avviati nuovi lavori pubblici per la realizzazione di argini e la gestione dei corsi d'acqua.
È un fatto che la Croazia orientale mai prima d’ora aveva subito un'alluvione di queste dimensioni, e che contro una tale forza della natura è difficile combattere. Tutti però sono d’accordo sul fatto che con la realizzazione di argini migliori e con lo scavo di canali di scolo si possa quanto meno riuscire a contenere la dimensione della catastrofe.
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