Il governo croato ha annunciato l'intenzione di riconoscere il femminicidio come un tipo di delitto distinto dagli altri. Una novità importante, ma occorre un cambiamento sociale ben più ampio, avverte chi lotta per i diritti delle donne
Il 13 settembre 2023 il primo ministro croato Andrej Plenković ha annunciato una modifica al codice penale che renderebbe il femminicidio un reato a sé stante, punibile con una pena detentiva di almeno dieci anni. Questa modifica si accompagnerebbe a una serie di misure più severe per combattere la violenza contro le donne.
Secondo dati del ministero degli Interni, nel Paese – che conta poco meno di 4 milioni di abitanti – si sono registrati sei femminicidi nei primi sei mesi del 2023 e 13 nel 2022. Un’analisi del Garante per l’uguaglianza di genere ha mostrato che nel periodo 2016-2021 sono state uccise 92 donne in Croazia e che il numero di femminicidi è progressivamente aumentato durante il periodo di riferimento. 52 di quelle 92 donne sono state uccise da una persona che conoscevano. L’indagine sui femminicidi in Europa condotta dallo European Data Journalism Network ha dimostrato che la Croazia è il terzo paese in Europa per numero di omicidi intenzionali commessi da parenti o (ex) partner.
La criminalizzazione del femminicidio in quanto tale in Croazia è un evento storico: finora solo due paesi europei, Malta e Cipro, riconoscono il femminicidio come un reato a sé stante. Il cambiamento legislativo è stato quindi accolto favorevolmente da numerosi attori della società civile e del diritto, sia a livello nazionale che internazionale.
Tuttavia, per Iva Čatipović di SOS Rijeka (un’organizzazione no-profit che lavora per prevenire, ridurre ed eliminare la violenza domestica e di genere), l’annuncio di Plenković è stato prima di tutto una mossa politica e non risolverà il problema da solo. “Dovremo vedere come sarà la versione finale del disegno di legge e come verrà implementata. Il quadro giuridico è una cosa, la sua attuazione è qualcosa di completamente diverso", avverte. Inoltre, il disegno di legge ha già trovato i suoi detrattori nel campo legale. L'Ordine degli avvocati croato e i giudici della Corte suprema hanno espresso la loro contrarietà alla proposta legislativa, ritenendola “discriminatoria sulla base del genere”.
“Fallimento nel proteggere le donne”
Le modifiche proposte dal primo ministro non sono nate nel vuoto. L’annuncio è arrivato solo una settimana dopo che il GREVIO, il gruppo di esperti del Consiglio d’Europa sull’azione contro la violenza contro le donne e la violenza domestica, ha pubblicato un’analisi sull’attuazione della Convenzione di Istanbul in Croazia. La Croazia ha ratificato la Convenzione di Istanbul , il primo trattato vincolante al mondo sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne, nel 2018, dopo mesi di massicce proteste da parte dei conservatori che percepivano il trattato come una minaccia ai tradizionali ruoli di genere.
Il rapporto del GREVIO ha rilevato numerosi cambiamenti positivi dopo la ratifica, come l’adozione di documenti strategici per combattere la violenza contro le donne e la disuguaglianza di genere. Tuttavia, ha anche evidenziato l’insufficienza delle politiche messe in atto. Quando si tratta di femminicidi, in molti casi le istituzioni statali “non sono riuscite a utilizzare le misure legislative disponibili per proteggere le donne” e non sono stati compiuti “sforzi di raccolta dati per valutare l’efficacia dell’attuale sistema di valutazione del rischio”.
La nuova proposta legislativa comprende una serie di misure volte a combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica. Ad esempio, la pena detentiva per stupro verrà aumentata da 1-5 anni a 3-8 anni. I tribunali dovranno considerare il diritto della vittima di ricorrere in appello riguardo a qualsiasi decisione che potrebbe modificare la durata o l'attuazione delle misure cautelari (come le ordinanze restrittive). I tribunali potranno anche arrestare l’imputato se vi è il ragionevole sospetto (o una segnalazione da parte della vittima) che abbia violato un’ordinanza restrittiva. Nel caso dei reati contro la libertà sessuale, le vittime potranno finalmente testimoniare tramite collegamento audiovisivo e non di persona.
È necessario un cambiamento sistemico
I cambiamenti legislativi non risolvono però il problema della sostenibilità finanziaria delle strutture che prestano aiuto alle donne vittime di violenza domestica. “La Croazia ha aperto sei nuovi rifugi in un breve periodo di tempo dopo la ratifica della Convenzione di Istanbul, ma sono stati finanziati da un progetto dell’UE e quindi non sappiamo come saranno finanziati a lungo termine”, dice Iva Čatipović. “La maggior parte dei rifugi è già a corto di personale e alcuni versano in condizioni materiali disastrose: le piastrelle cadono, le cucine sono semi-funzionanti”. Il rapporto del GREVIO avverte inoltre che “la maggior parte dei centri per la violenza domestica, soprattutto nelle zone rurali, non è ancora adatta ad accogliere donne con disabilità o donne con condizioni di salute a lungo termine che richiedono assistenza medica continua, donne incinte e donne con problemi di salute o di dipendenza”.
È inoltre fondamentale collegare meglio le istituzioni che dovrebbero, in primo luogo, proteggere le donne e prevenire i femminicidi. Nell'agosto 2022, due donne sono state uccise in Croazia dai loro ex partner nel giro di dieci giorni. Dopo gli omicidi divenne chiaro che entrambi gli uomini avrebbero potuto essere arrestati dalla polizia, ma alla fine avevano ricevuto solo un ordine restrittivo. "Non abbiamo un sufficiente passaggio di informazioni tra le istituzioni", osserva Branka Žigante-Živković, ex giudice dell'Alta Corte per i reati minori, coinvolta in numerose attività di ricerca e formazione sui femminicidi.
“Se la polizia dispone dell’informazione che una donna è ad alto rischio, la stessa informazione dovrebbe essere condivisa con altri attori all’interno del sistema, come i pubblici ministeri. Inoltre, non basta che un uomo riceva un ordine restrittivo: dovrebbe avere un braccialetto elettronico e la donna dovrebbe ricevere un allarme se si avvicina”, spiega Žigante-Živković. Secondo lei, è vitale un’educazione trasversale, che insegni ai professionisti i diritti delle vittime e i diversi fattori di rischio come il controllo coercitivo o la separazione. “Negli atti giudiziari sui procedimenti legati alla violenza sessuale o di genere si trovano ancora stereotipi e domande non autorizzate rivolte alla vittima, come 'Perché eri fuori a quell'ora?', 'Hai bevuto?', 'Come eri vestita?'”, osserva.
La lentezza del sistema e la sensazione che non verranno prese sul serio dalle istituzioni sono le ragioni per cui molte donne non denunciano la violenza domestica. Nel 2022 in Croazia è stata intrapresa un’analisi sociologica della fiducia nelle istituzioni. Si è scoperto che nel periodo dal 1999 al 2020 è diminuita la fiducia in ogni istituzione, a eccezione delle forze armate e della Chiesa. Le persone si fidano poco persino del sistema giudiziario. I numeri sembrano sostenere il loro scetticismo: secondo il quadro di valutazione della giustizia UE 2023, la Croazia è fra i tre paesi che hanno i sistemi giudiziari meno meno efficienti in termini di tempo necessario per risolvere i casi.
“Se sei vittima di violenza domestica, hai già perso la fiducia nelle persone perché qualcuno vicino a te è violento nei tuoi confronti. E, se hai la sensazione che le istituzioni non funzionino, potresti pensare che non abbia senso denunciare la violenza”, dice Lorena Zec, psicologa di SOS Rijeka. “Le donne che si rivolgono a noi sono spesso scettiche quando suggeriamo loro di rivolgersi alla polizia. Si chiedono cosa significherà per loro, quali saranno le conseguenze e quanto dureranno le procedure giudiziarie. Se vogliamo che le donne denuncino le violenze domestiche, dobbiamo lavorare per aumentare la loro fiducia nelle istituzioni”, conclude.
Questo articolo è pubblicato in associazione con lo European Data Journalism Network ed è rilasciato con una licenza CC BY-SA 4.0
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