In Croazia gli abitanti delle isole vogliono essere protagonisti del proprio futuro, dicono la loro e sono arrivati sino a Zagabria. Una rassegna
Hvar, Vis, Korčula… A chi ha avuto l’occasione di fare un viaggio al largo della Dalmazia, questi nomi portano alla memoria delle immagini di spiagge assolate, di acqua cristallina e di paesaggi mozzafiato. Ma da qualche mese, queste stesse parole rimano anche con un tema che raramente assoceremmo alle isole croate: quello della mobilitazione e del fermento politico.
La Croazia vive infatti un risveglio del proprio arcipelago, che da destinazione turistica passiva, frequentata ogni anno da milioni di persone, intende ora diventare un attore protagonista del proprio futuro. La lunga primavera della costa croata è iniziata già a fine 2015, quando un gruppo di donne provenienti proprio da queste gemme dell’Adriatico ha dato vita a “Pokret Otoka ” (“Il movimento delle isole”), ma ha subito un’accelerazione notevole alle ultime elezioni locali, tra fine maggio ed inizio giugno 2017.
Appena una settimana fa, infine, una serie di manifestazioni anti-governative, provocate dalla riforma della “Legge sulle concessioni” e capeggiate proprio da questo movimento, ha interessato una decina di città costiere, arrivando fino alle porte del parlamento di Zagabria.
La genesi di Pokret Otoka
Per capire quello che sta succedendo sulle isole croate, bisogna partire dalla loro condizione attuale. In un paese in cui il turismo rappresenta quasi un quinto del Pil e ruota attorno alla costa e all’estate, le mille isole dalmate si presentano innanzitutto come delle mete turistiche, in genere sempre meno abitate e collegate fuori stagione in maniera meno frequente alla terraferma. Amministrativamente, dipendono dai centri situati sulla costa, da Fiume a Dubrovnik, passando per Senj, Zara, Sebenico e Spalato e sul loro sviluppo di lungo termine, deciso in questo caso a Zagabria, pesano inevitabilmente gli interessi del settore alberghiero, della ristorazione e di tutti i servizi che vivono del flusso di visitatori.
Queste considerazioni e i problemi a cui fanno quotidianamente fronte gli isolani sono dunque all’origine di “Pokret Otoka”, un movimento che si pone come obiettivo l’immaginazione e la pianificazione di un futuro sostenibile per le isole, senza ripudiare l’importante aspetto turistico, ma accompagnandolo con la tutela dell’ambiente e con una sensibilità maggiore ai bisogni di chi non è di passaggio su queste belle terre di Croazia.
Ecoturismo, agricoltura sostenibile, buona gestione dei rifiuti, o ancora equilibrato rapporto tra turismo di massa e risorse naturali sono dunque alcuni dei temi attorno a cui è nato a fine 2015 il “movimento delle isole”. Si tratta di una generale denuncia contro “il sistema sbilanciato che oggi caratterizza le isole”, per usare le parole di Antonia Banović, laureata in Letteratura e Relazioni internazionali ed una delle attiviste di Pokret Otoka. “I problemi a cui le isole croate fanno fronte sono simili a quelli di altri arcipelaghi europei”, aggiunge Banović, che ha visto il proprio movimento “internazionalizzarsi” in pochi mesi. Invitato a più riprese a Bruxelles e Strasburgo (tramite l’attività di alcuni eurodeputati, tra i quali il croato Davor Škrlec ), Pokret Otoka è infatti entrato in contatto con “Dafni”, la “Rete delle isole sostenibili greche”, e con altre esperienze simili europee. I colloqui multilaterali hanno portato il 28 marzo 2017 alla firma a Bruxelles di una “Dichiarazione delle isole intelligenti” (Smart Islands Declaration ), che ripercorre in 10 punti le problematiche già menzionate da Pokret Otoka in Croazia.
La battaglia sulle concessioni
Mentre sul piano internazionale gli isolani di tutta Europa vanno pian piano unendosi, all’interno della Croazia Pokret Otoka è passato all’azione opponendosi ad alcune privatizzazioni (o per essere precisi, “concessioni”) di spazi pubblici sulle isole. Il primo caso è stato quello di Zlatni Rat (“Corno d’oro”), la celebre spiaggia di Bol sull’isola di Brač (Brazza). A metà aprile, la contea di Spalato ha deciso di affidare per 15 anni la gestione dello spazio alla “Sport B”, un’oscura ditta di Zagabria che registrava un bilancio in perdita e non aveva neppure un dipendente. La protesta degli abitanti di Bol - dove una ditta comunale si occupava della spiaggia da 12 anni - ha costretto il premier Andrej Plenković a intervenire personalmente, ordinando un’indagine sulla decisione delle autorità di Spalato, verificando se non ci fossero state delle irregolarità nella procedura di assegnazione. “L’ispezione ha provato che tre leggi erano state violate: quella sui beni marittimi, quella sulle concessioni e quella sugli appalti pubblici”, afferma Josip Bačić dell’Iniziativa “Per Zlatni Rat”.
Dopo l’intervento del governo, la concessione è stata annullata e nell’attesa di un nuovo bando, l’azienda comunale di Bol ha ottenuto la gestione del Corno d’oro per un altro anno. Ma in altri casi non è andata così bene. “Il sindaco di Novaglia, sull’isola di Pago, ha dovuto far causa alla contea della Lika e di Segna per quanto riguarda la concessione della spiaggia di Zrće”, prosegue Josip Bačić. Zrće, nota anche come l’Ibiza croata, è finita per i prossimi vent’anni nelle mani della Klemm security, la compagnia di sicurezza di Josip Klemm, un veterano di guerra vicino all’estrema destra.
Ecco che in un clima così delicato, dove i luoghi più celebri dell’arcipelago dalmata fanno gola agli imprenditori più disparati, la riforma della “Legge sulle concessioni” ha immediatamente attirato l’attenzione dei militanti di Pokret Otoka. “La normativa in questione - spiega Maja Jurišić, una del movimento - riguarda tutti gli spazi pubblici tranne le foreste che sono considerate un’area strategica”. E la critica principale che viene mossa all’esecutivo è di “voler approvare gli emendamenti apportati alla legge senza passare per una consultazione pubblica, come sarebbe previsto”.
Domenica 18 giugno, centinaia di persone sono dunque scese in piazza in una decina di isole per chiedere che venga organizzato un dibattito pubblico sulla legge, così com’era avvenuto nel 2015 prima che la crisi politica portasse alla fine del governo Orešković e all’accantonamento del testo (successivamente rimodificato dal parlamento). Molti sono i punti della normativa che preoccupano gli isolani militanti, a partire dal fatto che “il mandato di concessione, una volta attribuito da un’autorità della contea, può essere usato dal soggetto privato come garanzia per ottenere un prestito presso una banca”, afferma Maja Jurišić. In questo modo, “il bene pubblico rischia di passare di mano e di ritrovarsi, in caso di insolvenza, nelle mani di una banca”, avverte Jurišić, preoccupata anche dal ritorno del Partito popolare croato (Hns) al potere (“furono loro nel 2015 a lanciare il progetto di esplorazione petrolifera in Adriatico, poi annullato”, chiosa la giovane militante).
Se la nuova normativa passasse, insomma, le concessioni decise per un paio di decenni potrebbero trasformarsi in un passaggio di proprietà de facto. Questa, in ogni caso, è la preoccupazione di David Kabalin, che sull’isola di Rab (Arbe) ha fondato il movimento “Proteggiamo le spiagge di Rab”. “La verità è che le spiagge sono l’ultimo spazio che resta ancora da privatizzare in Croazia”, afferma Kabalin. E in un paese in cui le spiagge producono quasi il 20% del Pil, la battaglia per la loro gestione si annuncia lunga. Per il momento, Pokret Otoka ha annunciato il lancio di una raccolta firme.
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Dalla Croazia alla Grecia la vita sulle isole non è facile. Un reportage sulla vita dei guardiani dei fari: il futuro dei figli e la loro formazione, un sistema sanitario adeguato e regolari collegamenti con la terraferma sono le loro priorità, che coincidono con quelle di chi, sulle isole, vive tutto l'anno
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