Studenti

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Tagli agli stipendi degli insegnanti, classi sovraffollate, docenti in sciopero, università croate praticamente assenti dalle liste di merito internazionali. Il mondo dell'istruzione e dell'università in Croazia è in subbuglio. Nasce nel frattempo il primo sindacato che unisce i lavoratori del mondo universitario

26/11/2012 -  Francesca Rolandi Zagabria

 “Croazia, paese del sapere”. Questo era lo slogan della campagna lanciata nel 2003 da Dragan Primorac, allora ministro delle Scienze, dell'Istruzione e dello Sport. Prometteva una riforma radicale del sistema dell'istruzione e dell'università. A distanza di quasi dieci anni, con un taglio della spesa pubblica destinata all'istruzione che nel 2012 si aggira intorno al 3,3% del PIL – in netto calo dopo gli anni 2008 e 2009, nei quali aveva superato il 4,3% –, le parole dell'ex ministro Primorac del governo conservatore dell'HDZ, fatte proprie dal suo successore nel governo socialdemocratico (SDP) Željko Jovanović, suonano sarcastiche. E si scontrano con un malcontento generale che accomuna diverse categorie.

Il 5 ottobre scorso si è svolta in un clima teso la "Giornata dell'insegnante", durante la quale è stato proclamato uno sciopero per l'11 ottobre. Il braccio di ferro tra il governo e gli insegnanti si era protratto nei mesi precedenti, ed era passato attraverso un referendum nel quale il 90% dei membri dei sindacati aveva votato contro le proposte di modifica del contratto di lavoro. A metà settembre alla fine, con decisione unilaterale, il governo ha sospeso il contratto collettivo dei dipendenti pubblici (con durata prevista fino a luglio 2013), basandosi su una clausola che permette l'annullamento dei contratti collettivi in casi di forti cambiamenti nella situazione economica. Gli stipendi degli insegnanti da dicembre perderanno determinati incentivi che, a seconda delle categorie, ammontano fino al 10% dell'intero salario.

Gli insegnati non ci stanno

L'11 ottobre gli insegnanti, insieme ad alcuni lavoratori del settore sanitario, sono scesi in piazza, rimproverando al governo di centro-sinistra e al ministro Jovanović – che in maggio aveva dichiarato che si sarebbe dimesso nel caso fossero stati tagliati gli stipendi degli insegnanti – di averli traditi. Non sono bastate a calmare gli animi le promesse del premier Zoran Milanović di aumentare gli stipendi appena la situazione economica si sarà stabilizzata.

“Questi tagli nel mondo della scuola si sommano a una crisi che dura da vent'anni. Il personale si scontra con innumerevoli difficoltà organizzative, le classi possono arrivare in alcuni casi fino a 35 alunni e all'insegnante si richiede anche di essere psicologo, assistente sociale”, sottolinea Dalibor Perković, insegnante di fisica con un passato da giornalista per Novi List e Vjesnik e da scrittore di fantascienza. Dalibor è dal 2009 un membro attivo di un forum di insegnanti da cui è nata l'associazione “Nastavnici organizirano ”, della quale oggi è presidente. “Abbiamo compreso che non si poteva più aspettare e che bisognava alzare il livello di attenzione su alcuni problemi per cercare di risolverli”, spiega ancora Dalibor a Osservatorio Balcani e Caucaso.

Nel mondo dell'università l'approvazione di una riforma – che avrebbe dovuto, secondo le dichiarazioni del ministro, adeguare l'università croata alle richieste del mercato del lavoro e rompere privilegi costituiti – è naufragata per disaccordi interni al partito di governo. L'opposizione ai tentativi di riformare l'università è da qualche anno a questa parte forte, sia tra gli studenti, che tra i docenti, e si è manifestata anche in modi del tutto nuovi.

Nascono i sindacati universitari

Nel 2011 è nata Akademska solidarnost , il primo sindacato croato basato sul principio della democrazia diretta, che riunisce lavoratori del mondo universitario. Non c'è un presidente, le cariche vengono ricoperte a rotazione, tutte le decisioni vengono prese in assemblea e ogni sezione ha completa autonomia. Akademska solidarnost è stata protagonista delle battaglie contro l'adozione della riforma proposta dal precedente governo, al cui centro si trovava la controversa questione delle tasse universitarie – attualmente tra le più alte in Europa, per una cifra media che oscilla tra i 672 e i 1.344 euro all'anno, con esenzione di studenti con miglior profitto  –, il finanziamento della ricerca tramite progetti e un maggiore controllo statale a discapito dell'autonomia di ogni ateneo.

È del mese scorso una Risoluzione congiunta sloveno-croata – i due paesi, come si sottolinea nella dichiarazione, si trovano di fronte a sfide molto simili – contro la privatizzazione del sistema pubblico universitario, firmata da Akademska solidarnost da parte croata e dal Sindacato Universitario della Facoltà di Filosofia di Lubiana e dal gruppo “Angazirani” da parte slovena. Nella Risoluzione vengono messi all'indice la penetrazione del settore privato nel campo dell'istruzione, che porterebbe a una serie di distorsioni: competizione per i fondi pubblici, possibilità di conflitto di interesse e corruzione, riorientamento delle università verso quei settori che hanno un interesse commerciale più spiccato e potenziamento dell'insegnamento a discapito dell'attività di ricerca. 

Cambia governo ma non la politica

Alla domanda se esistano differenze tra la linea dell'attuale governo e quella del governo HDZ,  Hrvoje Jurić e Marijana Hameršak di Akademska solidarnost negano con decisione: “Né nel campo della politica economica, né in quello della ricerca e dell'istruzione. La riforma che ha cercato finora senza successo di promuovere il ministro Želiko Jovanović dell'SDP è nelle tematiche, come addirittura in alcuni passaggi testuali, uguale a quella che ha promosso il ministro dell'HDZ Fuchs l'anno scorso. L'SDP si trova in una posizione schizofrenica, proponendo riforme alle quali quando era all'opposizione si era opposto. Il che indica l'esistenza di interessi di fondo, indipendentemente dai legami con i due principali partiti. Di questo passo scompariranno tutti quei progetti scientifici, quelle riviste e quelle istituzioni che non hanno un valore di mercato e non possono produrre profitti, e sopravviveranno i più forti, che veranno finanziati dallo Stato, uno Stato corporativo, che ha rinunciato al principio del bene comune” .

Le disfunzioni del sistema appaiono essere numerose. “A causa dell'aumento del numero di studenti e con l'implementazione del sistema di Bologna che necessitava un maggior numero di quadri che tenessero corsi ed esercitazioni, dal 2004 in poi si è ricorso in massa all'assunzione di collaboratori (novaci), con l'idea che coniugassero didattica e ricerca” spiega a Osservatorio Balcani Caucaso Marija Brajdić Vuković, ricercatrice presso l'Istituto per le ricerche sociali di Zagabria.

“In realtà la maggior parte di loro non riescono a dedicarsi al lavoro di ricerca perché oberati dagli impegni di didattica, con il risultato che tra il 2002 e il 2009 solo il 23% dei dottorandi che lavoravano in facoltà ha portato a termine il proprio percorso di studi nei tempi previsti dal contratto. E la loro produttività scientifica ne risente, mentre negli istituti di ricerca la situazione è un po' migliore. Inoltre, nel 2013 e del 2014 scadranno i contratti a due generazioni di novaci, ma le assunzioni sono bloccate e l'unica possibilità che costoro avranno sarà quella di sostituire chi andrà in pensione”, sottolinea Vuković.

Questa situazione incerta è probabilmente uno dei motivi che spiega la non invidiabile posizione delle università croate nelle classifiche internazionali, che si basano generalmente sulla produttività scientifica. Nella classifica dei 2012 dei migliori atenei del mondo compilata dall'Università di Shangai, l'unica presente nei primi cinquecento posti è l'università di Zagabria, che si posiziona tra il 401 e il 500, dietro alle vicine Università di Lubiana e di Belgrado.


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