Immagine dell'epoca che ritrare le migliaia di persone che si dirigono verso Bleiburg

Non si è ancora placata la polemica sollevata dalla messa tenutasi lo scorso 16 maggio nella cattedrale di Sarajevo per commemorare le vittime di quello che in Croazia viene chiamato massacro di Bleiburg, avvenuto nel maggio 1945

01/07/2020 -  Sven Milekić Zagabria

(Originariamente pubblicato da Balkan Insight , il 25 giugno 2020)

Migliaia di sarajevesi hanno protestato contro quello che hanno definito un palese tentativo di riabilitare il regime fascista della Seconda guerra mondiale e di creare nuove divisioni all’interno della società bosniaca.

Il massacro di Bleiburg avvenne nel maggio 1945 dopo la resa dell’esercito del regime ustascia, alleato della Germania nazista, alle truppe britanniche stanziate nell’Austria meridionale che consegnarono gli ustascia alle forze partigiane.

Tra i prigionieri consegnati ai partigiani c’erano migliaia di civili croati e bosgnacchi, in parte simpatizzanti e familiari degli esponenti del regime ustascia, ma anche gente comune che fuggiva temendo rappresaglie dei partigiani.

Stando alla maggior parte delle stime, i partigiani uccisero tra 70 e 80mila persone, di cui circa 50-55mila erano croati, compresi i civili.

A lungo nascosto dalla Jugoslavia comunista, negli anni Novanta Bleiburg divenne l’evento centrale nella creazione della nuova identità nazionale croata.

In risposta al tentativo della Serbia di appropriarsi delle vittime del campo di concentramento di Jasenovac – dove gli ustascia uccisero oltre 80mila persone (perlopiù serbi, rom, ebrei e antifascisti) – , la Croazia indipendente ha iniziato a commemorare Bleiburg come “la più grande tragedia del popolo croato”.

Il giorno della resa dell’esercito ustascia alle forze britanniche è stato proclamato Giorno della memoria delle vittime croate cadute nella lotta per la libertà e l’indipendenza.

Per molto tempo la commemorazione dell’anniversario di Bleiburg è stata organizzata su un prato nei pressi dell’omonima città austriaca, dove negli anni Cinquanta gli ex membri dell’esercito ustascia, riuniti in un’associazione nota come “Počasni Bleiburški vod” [Plotone d’onore di Bleiburg], cominciarono a commemorare l’evento.

Fino agli anni Novanta la possibilità di commemorare il massacro di Bleiburg in Austria ha rappresentato un vantaggio per gli organizzatori e partecipanti alla cerimonia, che hanno potuto rimpiangere non solo le vittime di Bleiburg ma anche la scomparsa dello Stato indipendente di Croazia (NDH) lontano dagli occhi delle autorità jugoslave.

La situazione è cambiata negli anni Novanta, quando il parlamento croato è diventato lo sponsor ufficiale della commemorazione e, di conseguenza, il luogo dell’evento è diventato una questione internazionale.

Con il passare degli anni l’Austria stava diventando sempre più stanca di dover tollerare un evento diventato noto come “il più grande raduno dell’estrema destra neonazista in Europa”.

Nel 2018, le autorità austriache hanno assunto un atteggiamento più duro nei confronti della commemorazione di Bleiburg, adoperandosi per introdurre il divieto di esibire simboli ustascia.

Poi nel 2019, la Chiesa austriaca, in un primo momento, ha rifiutato di autorizzare la celebrazione della messa che ogni anno si tiene nell’ambito della commemorazione di Bleiburg. Nonostante la messa alla fine si sia tenuta, dopo il disappunto espresso dalle autorità croate, era ormai chiaro che Bleiburg stava causando turbolenze internazionali.

A causa della pandemia da Covid 19, il Plotone d’onore di Bleiburg ha cancellato la commemorazione che anche quest’anno si sarebbe dovuta tenere a Bleiburg, decidendo di organizzare la messa commemorativa a Sarajevo. Così la commemorazione di quest’anno, pur non avendo inciso negativamente sui rapporti tra Croazia e Austria, ha contribuito a esacerbare ulteriormente le relazioni tra Croazia e Bosnia.

Mentre i gruppi antifascisti di tutta la Bosnia Erzegovina hanno condannato la messa per le vittime di Bleiburg celebrata nella cattedrale di Sarajevo, i nazionalisti croati hanno usato queste critiche come “prova” del fatto che in Bosnia Erzegovina i croati sono esposti a discriminazioni.

Le proteste pacifiche contro la messa sono presto diventate “una nuova via crucis” per i croati, come le ha definite un portale, mentre il malcontento popolare suscitato dalla messa è stato interpretato come “un attacco ai croati”.

Dopo che il cardinale Vinko Puljić, arcivescovo di Vrhbosna, ha espresso il suo sconcerto per la reazione dell’opinione pubblica, il quotidiano croato Večernji list si è schierato dalla parte di Puljić, titolando “Puljić brani Sarajevo” [Puljić difende Sarajevo], un’allusione al titolo del leggendario film partigiano “Valter brani Sarajevo” [Valter difende Sarajevo].

Oltre al sostegno ufficiale fornito dallo stato croato alla commemorazione di Bleiburg, che è già di per sé un problema, il lascito del conflitto degli anni Novanta tra Croazia e Bosnia rappresenta un ulteriore fardello che grava sui già fragili rapporti tra i due paesi.

È impossibile sfuggire all’impressione che la Croazia abbia un’agenda nascosta per destabilizzare ulteriormente la Bosnia Erzegovina – un’agenda in linea con lo sforzo bellico croato degli anni Novanta – o che almeno stia cercando di aiutare i nazionalisti croato-bosniaci nelle loro lotte interne.

A prescindere dalle argomentazioni pro o contro la messa di Bleiburg, è innegabile che questo evento abbia inasprito le tensioni etniche.

La messa per le vittime di Bleiburg funziona come una profezia che si auto avvera: prima ha provocato intenzionalmente una forte reazione da parte di un gruppo di persone, e poi questa reazione è stata usata come prova della discriminazione e oppressione nei confronti di un altro gruppo.

Il principale partito dei croato-bsoniaci, l’Unione democratica croata della Bosnia Erzegovina (HDZ BiH, un partito di destra), ha cercato di sfruttare la messa per Bleiburg tenutasi a Sarajevo per mobilitare l’elettorato a pochi mesi dalle elezioni amministrative in Bosnia Erzegovina.

Nonostante le dispute ideologiche sulle vicende storiche del XX secolo oggi abbiano un impatto meno forte rispetto al passato, sono ancora in grado di catturare l’attenzione degli elettori.

Anche l’Unione democratica croata (HDZ) sta cercando di mobilitare l’elettorato alla vigilia delle elezioni politiche in Croazia [fissate per il prossimo 5 luglio], facendo leva sull’appartenenza etnica.

Nonostante i tentativi del leader dell’HDZ Andrej Plenković di trasformare l’HDZ in un partito conservatore moderato, i suoi esponenti temono che la nuova alleanza di destra, guidata dal cantante Miroslav Škoro, possa conquistare uno dei tre seggi del parlamento riservati ai rappresentanti della diaspora croata, compresi quindi anche i croato-bosniaci.

Da quando è diventato primo ministro, Plenković sta cercando di bilanciare una politica liberale filoeuropea con l’appoggio alle istanze dell’estrema destra, come la commemorazione di Bleiburg.

Per di più, l’HDZ ancora tende a percepire la Bosnia Erzegovina come parte storicamente integrante del territorio della Croazia, che le è stata sottratta dalle potenze mondiali e dalla Jugoslavia.

Franjo Tuđman, fondatore dell’HDZ ed ex presidente della Croazia, in un’occasione ha definito la Bosnia Erzegovina come “un’entità coloniale” e – in linea con l’ideologia ustascia – ha cercato di inglobare l’intera Bosnia Erzegovina entro i confini della Croazia, pur riconoscendo i bosgnacchi come un popolo a sé stante.

A differenza degli ustascia, che negli anni Quaranta cercarono di creare uno stato che avrebbe incluso al suo interno oltre 3 milioni di bosgnacchi e 2 milioni di serbi, Tuđman era più interessato ai territori della Bosnia dominati, effettivamente o apparentemente, dai croati.

Negli anni Novanta, i croato-bosniaci, con l’appoggio di Tuđman, crearono uno staterello noto come l’Herceg Bosna, come una realizzazione parziale dell’ideale ustascia di uno stato etnicamente pulito. Così l’Herceg Bosna divenne un importante tassello del tentativo di creare una versione più “realistica”, dal punto di vista etnico, della Grande Croazia.

Questa ideologia è legata alla controversa messa di Bleiburg. I principali esponenti del Plotone d’onore di Bleiburg, come Vice Vukojević, incarnano sia il revisionismo ustascia che il tentativo di creare l’Herceg Bosna.

Oltre ad aver partecipato attivamente alla creazione dell’Herceg Bosna, Vukojević negli anni Novanta era alla guida di una commissione parlamentare che aveva sminuito i crimini commessi a Jasenovac.

Sia l’HDZ che la sua filiale bosniaca (HDZ BiH) per anni hanno invitato solo i croato-bosniaci a partecipare alla commemorazione di Bleiburg, mentre i bosgnacchi erano rappresentati solo dai membri della comunità islamica della Croazia. Nonostante il principale partito bosgnacco della Bosnia Erzegovina (Partito di azione democratica, SDA) affondi le sue radici nell’anticomunismo, la presenza dei bosgnacchi provenienti dalla Bosnia Erzegovina alla commemorazione di Bleiburg non era gradita perché era in contrasto con la narrazione dominate sul conflitto tra croati e bosgnacchi.

Dal momento che la commemorazione di Bleiburg in Croazia avrebbe reso più difficile un eventuale tentativo da parte di Plenković di formare, dopo le prossime elezioni politiche, un nuovo governo con partiti centristi, la leadership croata ha deciso di organizzare la commemorazione in Bosnia, traendone comunque benefici.

Lo scopo era evidentemente quello di mobilitare i croato-bosniaci alla vigilia delle elezioni politiche in Croazia e di dimostrare ancora una volta che tutti, dal Congresso ebraico mondiale ai leader politici bosniaci e serbi e gruppi antifasciti, sono contro i croati.

Solo il tempo dirà quanto questo ennesimo incidente internazionale provocato dalla Croazia contribuirà a macchiare ulteriormente la sua reputazione e a deteriorare le sue relazioni con la Bosnia.


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