Gay pride a Zagabria (foto G. Vale)

Gay pride a Zagabria (foto G. Vale)

Diritti civili e lotta politica: il 15esimo Gay Pride croato ha rilanciato non solo le rivendicazioni della comunità LGBT, ma anche la sfida al governo conservatore, che appare oggi al collasso

14/06/2016 -  Giovanni Vale Zagabria

“Vogliamo essere liberi di leggere quello che vogliamo, di ascoltare la musica che vogliamo e di dormire con chi vogliamo!” Dall’alto della scalinata che conduce all’ingresso del museo di arte moderna “Mimara”, Petra Tomašić e Antonio Dominik scandiscono al megafono le rivendicazioni del quindicesimo Gay Pride di Zagabria. Alla proclamazione dei diritti della comunità LGBT, si aggiungono quest’anno degli appelli alla difesa di tutte le libertà, così come attacchi frontali al governo conservatore.

“La Croazia non si è ancora arresa!”, urlano all’unisono gli organizzatori e i partecipanti. È lo slogan che dà il via al corteo, nonché il titolo del “Zagreb Pride” di quest’anno: un verso preso in prestito da una canzone del 1832 “Još Hrvatska ni propala”. Da inno del movimento illirico per l’emancipazione culturale della Croazia nell’Impero austro-ungarico, il verso diventa così motto della comunità LGBT nel 2016, in chiave questa volta non patriottica, ma al contrario anti-nazionalista.

Dal Mimara al parco Ribnjak, passando per le vie del centro, il Gay Pride di quest’anno marcia infatti con una chiara connotazione politica. Ed è proprio per questo che a prendervi parte, in una lunga colonna colorata scortata da due file di poliziotti, sono circa 10mila persone, il doppio rispetto all’edizione dell’anno scorso.

Si sfila per il diritto alla scelta (in risposta alla marcia antiabortista tenutasi il 21 maggio scorso), a favore della riforma dei programmi scolastici (che il governo vorrebbe interrompere e per la quale c’è già stata una manifestazione con più di 40mila partecipanti) o ancora in difesa della libertà di espressione, facendo eco, qui, alle decisioni del ministro della Cultura Zlatko Hasanbegović, colpevole di aver tagliato i fondi a diversi media ed iniziative culturali a lui sgradite. Si sfila dunque in difesa di un’idea della Croazia, al punto che la folla si riappropria anche della bandiera croata, temporaneamente sottratta al campionario del simbolismo conservatore.

Slogan e celebrità

Oltre alla tradizionale creatività del Gay Pride, che mette in scena quest’anno un enorme sottomarino di cartone con la scritta “Da Fiume con amore” o un fantomatico gruppo di “queer femministe anti-capitaliste” (con tanto di logo falce e rossetto), i cartelli e gli striscioni che attraversano Zagabria ricordano perlopiù gli eventi delle ultime settimane. “Nel nome di TUTTE le famiglie!” si legge ad esempio su un manifesto che fa riferimento all’associazione filocattolica “Nel nome della famiglia” di Željka Markić, all’origine del “family day croato” dello scorso maggio e del referendum contro il matrimonio gay del 2013. Un’altra bandiera recita “i nostri bambini meritano di meglio” (seguito della protesta del 1° giugno “la Croazia merita di più”), mentre gli slogan nazionalisti sono smontati e ricomposti in chiave libertaria: il grido ustascia “Za dom spremni!” (Per la patria pronti) lascia spazio ad un variopinto “Za freedom spremni!”.

Per un Gay Pride così politico e in un clima già teso tra la società civile e l’esecutivo croato, il corteo attira inevitabilmente anche diverse personalità dello spettacolo, della cultura e del mondo politico croato. Dalla cantante Severina alla leader dei Verdi Mirela Holy (ORaH), passando per l’ex ministro dell’Interno Ranko Ostojić (SDP), l’attrice Urša Raukar e il regista Ivica Buljan, questi ultimi due tra i primi firmatari della petizione che chiede le dimissioni di Hasanbegović. “Siamo qui per dire che la Croazia non si è ancora arresa all’omofobia e al fascismo”, commenta Nenad Livun, presidente della sezione giovani del Partito socialdemocratico (SDP), che aggiunge: “Per fortuna, questo governo sta per cadere e ci saranno presto nuove elezioni”.

Governo in bilico

La crisi politica croata, che nelle ultime settimane ha vissuto una serie di colpi di scena portando il Primo ministro e i suoi due vice a richiedersi l’un l’altro le dimissioni, sembra in effetti essere entrata nella sua fase conclusiva. Questa settimana, la commissione per il conflitto di interessi si esprimerà sul caso di Tomislav Karamarko (presidente dell’HDZ e attuale vice-Premier), sospettato di aver ricevuto dei soldi da un lobbista dell’impresa ungherese MOL, contro cui la Croazia si batte in sede di arbitrato internazionale per i diritti di gestione della compagnia nazionale INA.

Karamarko ha assicurato di non voler dare le dimissioni come inizialmente richiesto da Božo Petrov (leader di Most e secondo vice-Premier) ma negli ultimi giorni si è visto sfiduciato da diversi colleghi di partito e persino dalla Chiesa, che lo ha attaccato sabato dalle colonne del settimanale cattolico Glas Koncila.

L’HDZ, che per il momento sostiene Karamarko, ha l’intenzione di sfiduciare il Premier Tihomir Orešković e formare una nuova maggioranza, per la quale ha già proposto l’attuale ministro delle Finanze Zdravko Marić come nuovo capo di governo. L’incognita rimane tuttavia quella del numero di deputati che sarebbero favorevoli a questa soluzione, mentre l’opposizione socialdemocratica - rincuorata dagli ultimi sondaggi che la danno in testa - preme perché si vada ad elezioni anticipate.

Mentre la decisione rimane per il momento nelle mani dell’HDZ, che può ancora salvare l’esecutivo sacrificando il suo presidente di partito, due nuove manifestazioni sono già state annunciate. Dopo il Gay Pride di sabato, toccherà ora agli organizzatori della protesta del 1° giugno ripetere questo giovedì il loro appello per le dimissioni del ministro dell’Educazione Predrag Šustar, mentre mercoledì sarà il partito di sinistra Radnička Fronta ad invitare i cittadini ad un corteo più prosaico dal titolo “Karamarko, vattene”.


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