Nei mesi scorsi, in Croazia si è sollevato allarmismo in materia di ogm. A provocarlo, il dibattito riaperto in sede europea sulla concessione o meno dell'autorizzazione alla coltivazione del mais Pioneer 1507. Nel paese più giovane dell'Ue dove tutte le regioni si sono dichiarate "ogm free", vi è il timore che in futuro diventi più complesso difendere tale specificità
(Articolo pubblicato in collaborazione con la rivista La nuova ecologia)
È il più giovane paese dell’Unione Europea: gli abitanti sono poco più di quattro milioni e al Parlamento europeo manda appena undici eurodeputati. Eppure la Croazia, con i suoi 2,6 milioni di ettari di terreno coltivabile, potrebbe diventare il “granaio” d’Europa.
"Abbiamo quasi un milione di ettari di terra a maggese, pronta per la produzione biologica e che va difesa dagli ogm" spiega Katica Knezović della facoltà di Scienze dell’educazione dell’università di Zagabria. Già, perché da qualche mese in Croazia c’è allarmismo in materia. Ad accendere la miccia il dibattito europeo sull’autorizzazione alla coltivazione del mais ogm “Pioneer 1507”. La richiesta era stata presentata dalla multinazionale giapponese tredici anni fa, e lo scorso settembre la Corte di giustizia europea aveva bacchettato la Commissione europea per non aver ancora preso una decisione. Si è riavviata così la discussione: la Commissione si è espressa a favore, mentre nel Consiglio dell'UE 19 paesi, fra i quali la Croazia, hanno detto no (senza però raggiungere la maggioranza qualificata per vietare l'autorizzazione). Contrario anche il Parlamento europeo che ha chiesto alla Commissione di vietare tale mais ogm.
L’eurodeputata tedesca Dagmar Roth-Behrendt, responsabile di una relazione parlamentare sul tema, spiega i motivi del diniego: "L’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha evidenziato che farfalle e falene possono essere a rischio se esposte al polline del mais 1507. La Pioneer ha rifiutato per ora di presentare i documenti riguardanti la mitigazione del rischio per queste specie in pericolo". Diversa la motivazione del ministro degli Esteri croato, secondo Vesna Pusić non ci sono abbastanza strumenti che assicurino al singolo paese di poter decidere se consentire o meno l’utilizzo sul proprio suolo degli ogm autorizzati dall’Ue.
Per il biologo Hrvoje Fulgosi, presidente del Consiglio croato per gli ogm - organo governativo di monitoraggio e analisi, costituito da esperti di settore - si tratta invece di allarmismo infondato, utilizzato solo per creare sterile contrapposizione politica: "La nostra legislazione prevede una procedura molto complessa e rigida, oltre che continui controlli. Ad oggi non è stata autorizzata alcuna coltivazione di semi geneticamente modificati, e gli ogm autorizzati nei prodotti alimentari e nel cibo da allevamento devono essere inferiori alla soglia dello 0,9%. Gli ogm – continua Fulgosi – sono oggetto di continue ricerche e il loro utilizzo è sempre monitorato. Inoltre ogni Stato membro ha la possibilità di invocare la “clausola di salvaguardia”, che permette a ciascun paese di limitare temporaneamente l’uso o la vendita di ogm sul proprio territorio, se lo ritiene dannoso per l’ambiente e la salute".
Nessuno rischio allora per la Croazia, dove tutte le venti Contee - equivalenti alle nostre regioni - si sono dichiarate ogm free? Mirela Holy, attivista verde nonché deputata croata, fondatrice del neonato Partito per lo sviluppo sostenibile (OraH) che si presenta alle elezioni europee, ritiene che si debbano perseguire rigide politiche di tutela della biodiversità e sostegno all’agricoltura biologica e resistere alle pressioni delle multinazionali: "Le ricerche dimostrano chiaramente i danni che gli ogm provocano sulla biodiversità, per questo dobbiamo continuare ad attenerci con forza al protocollo di Cartagena, ratificato dal nostro paese nel 2002". La Holy considera la biodiversità come una delle maggiori ricchezze del paese: "Anche per questo OraH sostiene politiche molto restrittive sugli organismi geneticamente modificati e si batterà affinché la Croazia non adotti la “Strategia sulla coesistenza”, come fatto finora da quindici Stati membri, che prevede la coabitazione fra colture transgeniche e biologiche".
Il 61% dell’opinione pubblica croata è contraria all’utilizzo degli ogm, come emerge dall'Eurobarometer Biotechnology report del 2010, e l’Associazione agricoltori sostiene che puntare alla produzione agroalimentare bio e è l’unico modo per il paese di essere competitivo. Ante Ivanika, che coltiva a rotazione frumento, mais e girasole a Opatovac, vicino al Danubio, ne è convinto: "Abbiamo tanta terra incontaminata e siamo pochi abitanti, non serve la coltivazione intensiva. L’agricoltura biologica può diventare la nostra carta: piccoli ma forti fra i giganti dell’Unione Europea". Difficile dargli torto.
Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea, nel quadro dei programmi di comunicazione del Parlamento Europeo. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto BeEU - 8 Media outlets for 1 Parliament.
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