Zagrabria, Croazia, Sede del governo - Foto N. Corritore

Zagrabria, Croazia, Sede del governo - Foto N. Corritore

Come previsto l’esito del voto di mercoledì scorso per il rinnovo del parlamento croato è netto: ha vinto il premier uscente Andrej Plenković e il suo HDZ con 61 seggi sui 151 del Sabor. Un numero tuttavia non sufficiente per poter governare da solo

19/04/2024 -  Giovanni vale Zagabria

È il Primo ministro uscente Andrej Plenković il vincitore del duello con il presidente della Repubblica Zoran Milanović. Alle elezioni legislative che si sono tenute mercoledì in Croazia, l’Unione democratica croata (HDZ), il partito conservatore guidato da Plenković è arrivato in testa per la terza volta consecutiva dal 2016.

A nulla è valsa la retorica incendiaria del capo di Stato Milanović, che un mese fa aveva annunciato la sua discesa in campo a sorpresa (e senza dare le dimissioni) per guidare la coalizione dell’opposizione.

L’HDZ ha ottenuto 61 seggi su 151 al Sabor, il parlamento croato, mentre la coalizione “Fiumi di giustizia”, formatasi attorno al Partito socialdemocratico (SDP) e alla persona di Zoran Milanović, si è fermata a quota 42.

Ma se è evidente chi ha vinto lo scontro tra le due massime cariche dello Stato, non è altrettanto chiaro quale sarà la maggioranza che sosterrà il prossimo esecutivo. Per arrivare alla soglia di 76 deputati necessaria per governare, Plenković ha bisogno di alleati. Molto probabilmente potrà contare, come fatto finora, sul sostegno degli 8 deputati rappresentanti le minoranze nazionali. Ma dovrà comunque cercare altrove i 7 parlamentari mancanti.

L’estrema destra al governo?

Vediamo allora quali sono le altre forze in campo. In terza posizione, dopo le coalizioni di HDZ e SDP, è arrivato il Movimento patriottico (Domovinski Pokret, DP), una formazione di estrema destra nata nel 2020 da una costola dell’HDZ, perché in rottura con la leadership moderata di Plenković.

Il DP ha ottenuto 14 deputati ed è aperto al dialogo, pur avendo già imposto le sue condizioni. “Chiediamo che [il presidente serbo, nda.] Vučić ammetta chiaramente la responsabilità della tragedia degli anni '90 e che paghi le riparazioni di guerra. Per noi questo è un prerequisito per la normalizzazione delle relazioni. Qui Plenković ha un atteggiamento diverso, ma noi non vogliamo sacrificare i nostri interessi sull'altare dei valori europei”, ha detto giovedì Stjepo Bartulica del Domovinski Pokret.

Bartulica ha anche sostenuto che bisogna sradicare in Croazia i resti del "pensiero socialista”, così come ridurre (o tagliare completamente?) i finanziamenti alla minoranza serba. “Basta guardare quello che scrive su di me Novosti [il settimanale della minoranza serba, nda.]. Sono cose che non meritano di essere finanziate dai contribuenti”, ha aggiunto Stjepo Bartulica.

Il Movimento patriottico ha inoltre fatto sapere che non intende sostenere un governo in cui sia presente l’SDSS, il partito che rappresenta la minoranza serba in Croazia e che conta 3 deputati al Sabor (nell’ultimo governo Plenković, un rappresentante dell’SDSS era vicepremier).

Se accettate, queste condizioni riporterebbero inevitabilmente l’HDZ su posizioni molto nazionaliste, com’era il caso nel 2015/2016, prima dell’avvento al potere di Andrej Plenković. Tuttavia non è detto che il premier uscente debba dover negoziare con il DP in quanto blocco unico. Già la sera del voto, sono circolate voci di una possibile spaccatura interna al Movimento patriottico e in fin dei conti, all’HDZ non servono nemmeno tutti e 14 i deputati eletti in quota DP.

Il silenzio di Milanović

Dopo che per mesi ha martellato l’opinione pubblica con le sue dichiarazioni abrasive à la Donald Trump, il presidente Zoran Milanović non ha detto una parola mercoledì sera, lasciando al leader dell’SDP Peđa Grbin l’ingrato compito di commentare una sconfitta facendola passare per una mezza vittoria.

“Due terzi degli elettori hanno votato per un cambiamento”, ha detto Grbin, mettendo nello stesso sacco tutti i partiti croati escluso l’HDZ e suggerendo che una coalizione tra di loro sarebbe possibile pur di mandare il partito fondato da Franco Tuđman all’opposizione.

In realtà va ammesso che la retorica populista, nazionalista e a tratti filo-russa di Milanović ha avuto l’effetto di favorire la destra. “L’SDP ha lasciato l’intera campagna elettorale a Zoran Milanović, dopo di che l’HDZ ha conquistato solo cinque seggi in meno rispetto a quattro anni fa, il DP è diventato la stella delle elezioni e Most ha consolidato il suo status. Milanović è stato un doping, ma per la destra”, scrive Tomislav Klauški nel suo editoriale sul quotidiano 24Sata .

In effetti, anche il partito che è arrivato in quarta posizione alle elezioni legislative croate appartiene all’emisfero della destra. Si tratta di Most, una formazione cattolica e conservatrice fondata nel 2012 dall’allora sindaco di Metković Božo Petrov.

Most ha ottenuto 11 deputati, ma mercoledì sera ha fatto sapere che non intende allearsi con l’HDZ. Può darsi che il partito resterà fedele a questa posizione, ma a fine 2015 non fu così. Allora Petrov andò persino dal notaio per mettere agli atti la sua dichiarazione secondo cui non si sarebbe mai alleato con l’HDZ dopo il voto. Ma a inizio 2016 fu proprio Most a sostenere il governo Orešković assieme all’odiato HDZ. Un’esperienza che durò peraltro un anno solo.

Buone notizie per i verdi

Quinto partito del panorama politico croato, Možemo realizza un buon risultato. Ottiene 10 deputati in parlamento contro i 4 di cui disponeva nell’ultima legislatura (è la formazione che è cresciuta di più) e riesce a passare la soglia di sbarramento in diverse circoscrizioni elettorali, anche lontano dalla capitale, Zagabria, dove questo movimento ecologista e progressista nato nel 2019 ha le sue radici.

Il risultato fa ben sperare per le Europee del 9 giugno, ma soprattutto per le amministrative del prossimo anno. A Zagabria il sindaco Tomislav Tomašević, eletto nel 2021 in quota Možemo, cercherà infatti un secondo mandato. Per queste elezioni, tuttavia, i verdi saranno relegati, salvo colpi di scena, all’opposizione.

Mercoledì sera, la candidata premier di Možemo, Sandra Benčić ha insistito sul fatto che i numeri ci sono perché l’SDP formi un governo di minoranza, sostenuto da tutti gli altri partiti (estrema destra inclusa) con lo scopo di strappare all’HDZ le chiavi del potere. Ma il progetto pare difficilmente realizzabile e forse nemmeno tanto auspicabile.

Se infatti è vero che i due ultimi governi Plenković sono stati segnati da costanti scandali di corruzione e clientelismo (trenta ministri e sottosegretari hanno dovuto essere sostituiti in otto anni perché finiti nelle maglie della giustizia), è anche vero che su molti temi e in particolare in politica estera, un governo guidato da Zoran Milanović avrebbe rappresentato un salto nel buio.

Amico di Viktor Orban e Milorad Dodik, Milanović si è scontrato negli ultimi mesi con un’associazione femminista a Zagabria, ha preso posizioni dure contro i migranti e dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina non ha mai condannato Mosca, parlando di una “guerra americana e russa” in corso nel paese.

Più di recente, Milanović non ha rispettato l’avvertimento della Corte costituzionale che lo ha invitato a dare le dimissioni da capo di Stato per partecipare alle legislative.

Insomma, il “Trump croato”, come l’ha soprannominato una parte della stampa locale, avrebbe difficilmente portato a politiche di sinistra, ma più probabilmente a una destabilizzazione generale delle istituzioni e del paese.

Impegnata alla vigilia del voto sulla piazza centrale di Zagabria, la candidata premier di Možemo Sandra Benčić assicurava che “Milanović va a pescare l’elettorato là dove di solito pesca l’HDZ”. Le sue dichiarazioni populiste sarebbero solo “una tattica” – ha detto Benčić a OBCT – per sottrarre voti alla destra.

Ma ancora una volta si è confermata la teoria, già vista in azione in tanti paesi, che impostare la propria campagna elettorale su posizioni di destra difficilmente porta voti alla sinistra.

Možemo ha fatto un buon risultato proprio perché non ha inseguito l’HDZ sui suoi temi, mentre l’SDP per l’ennesima volta dovrà fare autocritica e ritrovare i suoi valori. L’HDZ intanto cementa un potere che sarà ormai difficile scalfire.


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