Mentre la Croazia si avvicina gradualmente ad assumere il semestre di presidenza del Consiglio Ue, nel gennaio 2020, Zagabria registra un record negativo: è l’unico paese europeo in cui la TV pubblica fa causa ai suoi dipendenti
"Chi scrive contro la Croazia dovrebbe ricevere un proiettile in testa", ha detto un tassista di Zagabria alla giornalista Gordana Grgas di Jutarnji List. "Morte ai giornalisti", si legge su un graffito apparso pochi giorni fa di fronte alla redazione della televisione N1 e dei portali Telegram.hr e Net.hr. Una scritta identica è spuntata a poca distanza, in un’altra via del centro della capitale croata.
Questo mese di marzo ha registrato diversi segnali preoccupanti per lo stato di salute della libertà di espressione in Croazia. E questi sono solo alcuni degli esempi. Cosa sta succedendo al mondo del giornalismo nell’ultimo stato membro dell’Unione europea? Assistiamo forse al deterioramento di una libertà fondamentale, nel momento in cui Zagabria sta per assumere la presidenza del Consiglio dell’UE il prossimo primo gennaio 2020?
"Lavoriamo in un clima di minacce"
La vicenda riportata da Gordana Grgas e il caso dei graffiti sono sintomatici di un’atmosfera generale, che vede la figura del giornalista diventare sempre meno popolare. Un fenomeno che non è appannaggio esclusivo della Croazia, ma contro il quale l’Associazione dei giornalisti croati (HND) ha più volte puntato il dito. "È un’altra prova del clima di minacce in cui lavorano giornalisti e media", spiega Hrvoje Zovko, presidente dell’HND.
"Da tempo, avvertiamo che la libertà dei giornalisti e dei media è in pericolo in Croazia", prosegue Zovko, che si chiede: "Chissà se anche dopo queste minacce, il premier Andrej Plenković continuerà a sostenere che le valutazioni sul peggioramento della libertà di espressione in Croazia sono ridicole". "Perché in realtà ciò che è ridicolo per il premier, non lo è per nessun altro", conclude il presidente dell’HND.
La polizia sta ancora investigando sulle scritte apparse nei pressi delle redazioni dei giornali, mentre contro il tassista incontrato da Gordana Grgas è già stata aperta un’inchiesta. Nel frattempo, la App estone Bolt (nota in precedenza con il nome di Taxify), per la quale lavorava il tassista, ha immediatamente sospeso il profilo del guidatore, prendendo ufficialmente le distanze dal suo comportamento.
Cause temerarie e poliziotti nelle redazioni
Sintomatici di una situazione più generale, i recenti incidenti si iscrivono in un contesto difficile per il giornalismo croato. A inizio mese, l’Associazione dei giornalisti croati è scesa in piazza per protestare contro la pratica diffusa delle cause temerarie (oltre mille manifestanti). Ad oggi, l’HND conta 1163 processi in corso contro giornalisti e media: la causa per diffamazione è diventata un modo per far pressione sui reporter.
Nella guerra della cause, un ruolo particolare è svolto dalla televisione pubblica, HRT, che ha fatto causa a 35 giornalisti , anche tra i suoi stessi dipendenti. L’importo che la HRT esige dalle persone e dai giornali citati in giudizio ammonta ad oltre 2 milioni di kune (quasi 300mila euro), un importo non in linea con quanto stabilito di recente della Corte europea dei diritti dell’uomo , contraria alle richieste di risarcimento eccessive.
La televisione pubblica se la prende con quei giornalisti che denunciano «un clima di censura» e delle «pressioni politiche» in seno alla HRT, reagendo appunto con delle cause per diffamazione. Per tutta risposta, una trentina di associazioni hanno decretato un boicottaggio della HRT, rifiutandosi di invitarne i giornalisti alle proprie conferenze stampa. L’Unione europea di radiodiffusione (EBU) ha criticato questa decisione .
Ma la HRT non è l’unico ente pubblico ad abusare delle cause per diffamazione. La stessa Università di Zagabria ha citato in giudizio diversi media, così come hanno fatto alcuni giudici. Si tratta di una pratica non nuova, ma che si è accentuata a partire dal 2013, quando è stato introdotto il nuovo reato di “shaming”, che allarga il ventaglio delle possibilità per cui si può fare causa a un giornalista.
Inoltre, ciò che ha sorpreso in questo mese di marzo, oltre al numero vertiginoso dei processi in corso, è anche il fatto che la polizia croata sia entrata nella sede di un portale (Net.hr) per verificare l’identità e l’indirizzo di una giornalista contro cui un politico aveva fatto causa per diffamazione. Al proposito, è intervenuto anche Harlem Désir, il Rappresentante per la libertà dei media presso l’OSCE. "Sono preoccupato per la visita della polizia al portale Net.hr […] Questo fatto può essere visto come una pressione nei confronti dei giornalisti e non deve diventare una prassi", ha dichiarato Désir su Twitter. Il Rappresentante dell’OSCE ha commentato anche il caso della HRT, invitando i vertici della TV pubblica a "un dialogo costruttivo e al di fuori dei tribunali con i giornalisti al fine di risolvere le dispute in corso".
Tentativi di dialogo e attenzione internazionale
Harlem Désir si è rallegrato del fatto che la HRT abbia effettivamente iniziato un processo di discussione con le altre parti in causa per arrivare ad una risoluzione extra giudiziaria dei contenziosi. Per il momento, questa pratica non è però stata iniziata con tutti i media e giornalisti citati in giudizio. In particolare, rimane il nodo delle cause fatte da HRT nei confronti di Hrvoje Zovko e dell’Associazione dei giornalisti.
Il problema delle cause temerarie è nel frattempo arrivato al Consiglio d’Europa (COE), al quale la Federazione europea dei giornalisti (EFJ) ha segnalato la possibile minaccia alla libertà di espressione. La stessa EFJ ha pubblicato a metà marzo un comunicato duro in cui interpella direttamente il premier croato Andrej Plenković e gli chiede se ritiene «normale» la situazione nel paese.
In patria, l’esecutivo ha fino ad ora respinto le lamentele dei giornalisti croati, parlando di «esagerazioni» sia per quanto riguarda le denunce di censura e di pressioni politiche in seno alla HRT, sia per quanto concerne il generale peggioramento della libertà di espressione nel paese. "Non vedo in questo paese alcun problema con i media", ha dichiarato il Primo ministro croato a inizio marzo .
Con l’avvicinarsi del semestre europeo, tuttavia, c’è da sperare che il governo croato prenda più sul serio le preoccupazioni dei giornalisti e in particolare la crisi in corso tra l’Associazione dei giornalisti e la televisione pubblica. Come hanno fatto notare diversi osservatori internazionali, la Croazia registra in questo momento un record: è l’unico paese europeo in cui la TV pubblica fa causa ai propri dipendenti.
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