Dopo l'eliminazione dagli europei di calcio, la Croazia si trova ad affrontare un problema più serio: le conseguenze del voto irlandese sul proprio percorso di adesione all'UE. L'ottimismo ufficiale e l'umore della popolazione, lo strappo della Chiesa. Il commento
Mentre la maggior parte dei croati ancora piange per l'esclusione dagli Europei ad opera della Turchia, la Zagabria ufficiale pensa ad un problema più serio, sempre relativo all'Europa: l'Irlanda. Un'euforia calcistica mai vista aveva travolto la nazione per la serie di vittorie registrate durante la prima fase degli Europei, spegnendosi dopo la partita contro la Turchia. Anche l'euforia politica, alimentata dal governo, sull'ormai prossimo ingresso della Croazia nell'Unione, è stata spiacevolmente smontata dal rifiuto irlandese al Trattato di Lisbona.
Il "no" irlandese al Trattato di Lisbona è riecheggiato in piazza S.Marco a Zagabria, dove si trova la sede del governo croato, e il premier Ivo Sanader è rimasto di stucco proprio come i suoi colleghi europei. Mentre la preoccupazione di questi ultimi riguarda però la crisi istituzionale dell'Unione - e il fatto che l'Europa dovrà occuparsi nuovamente dei suoi problemi - i crucci di Sanader riguardano la seria minaccia portata contro il principale obiettivo della sua politica estera: l'ingresso del paese nell'Unione Europea.
Il risultato negativo del referendum irlandese è una doccia fredda per la Croazia, in quanto il Trattato di Lisbona rendeva possibile l'allargamento dell'Unione a nuovi Stati, cosa che ora è messa seriamente in discussione. La Croazia, che continua a spedire a Bruxelles plichi di documenti per aprire i rimanenti capitoli di negoziato (tra i quali anche il più difficoltoso, quello sulla giustizia) con una velocità da "quinta marcia" - come ama dire Sanader - sperava di portare a termine le negoziazioni entro la fine del 2009. Questo avrebbe permesso al paese di entrare nell'Unione entro il 2011. Ora, però, tutto è stato messo in dubbio.
Il presidente francese Nicolas Sarkozy, il cui paese avrà la presidenza dell'UE a partire dal primo luglio, è stato molto chiaro: "Nessun paese potrà essere accolto nell'Unione fintanto che il Trattato di Lisbona non sarà ratificato, e questo vale pure per la Croazia. Senza ratifica non ci sarà alcun allargamento, perché questo dovrà avvenire all'unanimità. Sarebbe strano che l'UE non riuscisse ad accordarsi sulle proprie istituzioni, ma che trovasse un accordo sulla questione dei 28 o 29 Stati membri".
La stessa motivazione è stata addotta dalla cancelliera tedesca Angela Merkel: "Il Trattato di Nizza prevede un'Europa a 27 e non si può modificare. L'ingresso della Croazia nell'Unione non è possibile fino a quando non verrà ratificato il trattato di Lisbona".
Il responsabile croato per i negoziati d'adesione all'UE, Vladimir Drobnjak, ritiene però che la dichiarazione del presidente francese sia rivolta principalmente ad alcuni membri dell'Unione, a cui la Francia manda a dire che non ci si può astenere dal ratificare il Trattato di Lisbona:
"Ritengo che le dichiarazioni di Sarkozy siano un'ulteriore spinta a continuare il processo di ratifica del Trattato di Lisbona. In questo modo la Francia vuole tenere sul tavolo di discussione il Trattato, e su questo basare le prossime riforme dell'Unione".
Anche il ministro degli Esteri croato Gordan Jandroković ha cercato di mantenere toni ottimistici, affermando che l'UE sarà pronta ad accogliere la Croazia, quando la Croazia stessa sarà pronta per l'Unione: "Ciò che per noi è importante è procedere con i negoziati e con le riforme, cercando di portare a termine il processo entro la fine del mandato della Commissione Europea, nell'autunno 2009, e io mi auguro che la decisione degli elettori irlandesi, che noi ovviamente rispettiamo, non rallenti il percorso della Croazia verso l'UE".
Passata la bufera provocata dal rifiuto irlandese, la Croazia sta cominciando a ricevere segnali sulla possibilità di trovare una formula che permetta di fare un'eccezione, per superare le attuali difficoltà in cui è incappata l'UE e per tenere conto degli sforzi finora fatti dal Paese, oltre che di quanto è stato promesso. I tormenti del premier Sanader, tuttavia, non si placano.
Alla Croazia potrebbe infatti succedere di abbandonare la strada verso l'Europa spontaneamente, in quanto i dati più recenti relativi all'Eurobarometro indicano che soltanto il 30% dei croati ritiene che l'UE sia la giusta soluzione per la Croazia. Il 39% dei cittadini non sa se l'adesione rappresenti un bene per il Paese oppure no, e addirittura il 31% è convinto che non lo sia. Non era mai stata registrata una percentuale così bassa di sostegni al progetto europeo.
Anche la Chiesa cattolica, molto influente in Croazia, risulta essere tra i principali euroscettici. Durante la messa celebrata per la Festa della Repubblica, il 25 giugno, cui hanno partecipato anche i vertici delle istituzioni, il cardinale Josip Bozanić ha lasciato intendere nell'omelìa che l'UE è pericolosa per la Croazia e per gli altri piccoli Stati. "Non possiamo permetterci di abbandonarci all'influenza di messaggi menzogneri, che dicono che sarà meglio per noi se rinunciamo a ciò che è nostro, e lasciare la nostra verità agli altri", ha detto Bozanić.
A prescindere dalle difficoltà che si sono presentate lungo il suo percorso, e sulle quali il Paese non ha alcuna influenza, secondo gli analisti la Croazia si trova in una situazione svantaggiosa a causa della posizione dei propri cittadini. Se ora si tenesse un referendum sull'adesione all'UE, infatti, il risultato sarebbe negativo come quello irlandese sul Trattato di Lisbona.
Gli analisti fanno notare che il problema croato prima di tutto sta nel fatto che il governo ha fatto davvero poco per promuovere l'idea di adesione alla grande famiglia europea, concentrando tutti gli sforzi sui negoziati. Questa potrebbe rivelarsi come una scelta sbagliata perché, una volta che i negoziati saranno conclusi, quando l'Unione troverà infine una soluzione per accogliere la Croazia, la stellina europea potrebbe essere spenta dai croati stessi.
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