Zagorje © Turističke zajednice Krapinsko-zagorske županij - Julien Duval

Zagorje © Turističke zajednice Krapinsko-zagorske županij - Julien Duval

Pacifiche, pittoresche e cariche di storia, le regioni collinari a cavallo tra Slovenia e Croazia sono diventate una meta di un turismo sostenibile e transfrontaliero. A guidare la trasformazione è stato Ride&Bike, un progetto delle politiche di Coesione europee

17/06/2024 -  Marco Ranocchiari

Colline dolci ricoperte di vigneti, punteggiate dal bianco dei castelli dai tetti rossi di terracotta, antiche sorgenti termali, e dove la campagna non è addomesticata, scuri tratti di bosco, a volte ripiegati in montagne che ospitano miniere abbandonate e testimonianze archeologiche.

All'altro estremo, le ampie anse della Sava, quelle più strette del Krka e della Sutla, i pioppeti. Resiste, in qualche tratto risparmiato dai ponti e, in generale, dalla modernità, qualche chiatta che fa il servizio traghetto per pescatori, contadini con un appezzamento sull'altra riva e famiglie con un ombrellone al braccio.

È un'area con evidenti tratti in comune, a cavallo tra due paesi e sulle diverse sponde di molti fiumi, ma non è una regione, perché sono molte: si comincia a nord di Zagabria con lo Zagorje, "oltre la collina", la Medvenica che ne ha permesso quel tanto di isolamento da conservare un peculiare dialetto kajkavo, pieno di influenze slovene, e una certa lentezza tanto amata dai tanti che vi si riversano, nei weekend, dalla capitale.

Un po' più a ovest la valle della Sava, con la pacifica Samobor, e alle spalle altre montagne boscose. E risalendo quello che fino a trent'anni fa era il grande fiume jugoslavo si passa il confine, tra la Bassa Carniola e la Stiria (nelle regioni di Savinia e Oltresava inferiore) con le sue fortezze, le cittadine abbarbicate, le industrie - naturalmente - e il gioiellino Kostanjevica na Krki, con le sue case costruite direttamente sull'acqua.

Luoghi di memorie storiche, come la grande rivolta dei contadini del 1573 (raccontata in un museo dedicato a Gornja Stubica nello Zagorje) e a volte antichissime, come gli oltre 900 resti neandertaliani scoperti a Krapina, cui è dedicato un altro museo.

Da qualche anno a unificare queste terre divise stanno pensando ciclisti, camminatori ed escursionisti a cavallo. Il turismo "lento", tra terme, cultura e prelibatezze enogastronomiche è una realtà in queste zone da molto prima che si chiamasse così, in alternativa al potenziale distruttivo di quello di massa.

Quello che mancava era la componente "attiva", basata sull'attività fisica, e soprattutto una connessione tra territori troppo piccoli per competere a livello internazionale. E le bici e i cavalli sembravano i mezzi ideali per avvicinare le tante meraviglie disseminate su un territorio aperto.

A tentare di ovviare a questa mancanza sono arrivate le politiche di Coesione europea, coniugate, in questa parte del continente, dal programma di cooperazione Interreg VA Slovenia-Croazia. Lo hanno fatto con Ride&Bike progetto articolato in due fasi diverse. La prima tra il 2007 e il 2013, e la seconda, Ride&Bike II, tra il 2018 e il 2021. "Senza un progetto europeo sarebbe stato difficile convincere gli amministratori locali che dovevano ragionare su scala più vasta", spiega Tanja Ivek, senior advisor all'Agenzia di sviluppo dello Zagorje, partner capofila dell'iniziativa.

"Servono inoltre fondi, una giusta mentalità e strategie per il marketing, tutte risorse che da soli i singoli territori non possiedono". Pensati su un lungo respiro che ha accompagnato l'area per quasi quindici anni, i progetti erano pensati per durare nel tempo. A tre anni dalla sua conclusione, molti di quei semi continuano a dare frutti.

Zagorje © Turističke zajednice Krapinsko-zagorske županij - Gomedia

Zagorje © Turističke zajednice Krapinsko-zagorske županij - Gomedia

Le fasi del progetto

In Ride&Bike I, cui il Fondo di sviluppo europeo ha contribuito per 336 mila euro, i partner si sono dedicati alla digitalizzazione dei tracciati esistenti, dalle piste ciclabili ai sentieri per escursionisti e appassionati di equitazione, e a realizzarne di nuovi.

Allo stesso tempo, è stata avviata una strategia di marketing comune in tutta l'area, sono state stampate mappe transfrontaliere dei percorsi per biciclette. Sono stati inoltre messi in campo percorsi di formazione per gli operatori turistici, un sito web aggiornato, un'app con le tracce dei sentieri e un lavoro capillare in un'area pilota.

Nella seconda fase, più corposa (875 mila euro il budget, 744 mila dei quali, l'85%, forniti dal Fondo europeo di sviluppo regionale) gli interventi si sono addirittura moltiplicati. Gli obiettivi vedevano infatti la realizzazione di una rete di piste ciclabili ed equestri nell’area transfrontaliera, digitalizzati, la realizzazione di infrastrutture tra cui quattro punti sosta cavalli, e 18 aree di sosta per i percorsi cicloturistici, workshop indirizzati alle guide e una formazione comune per gli operatori turistici - ma anche per gli amministratori - su entrambi i lati del confine. E un sito, con una mappa interattiva (e su cui è possibile percorrere anche dei tour virtuali), attivo anche a tre anni dalla chiusura del progetto.

I risultati

"Siamo decisamente soddisfatti di come è andata. Che non è tutto finito nel 2021 si vede dal sito rideandbike.eu , costantemente aggiornato, prova che i partner sono ancora in contatto", commenta Ivek. Tutte le realtà coinvolte, continua, hanno imparato a fare rete non solo tra di loro ma all'estero, pubblicizzando il loro progetto a livello internazionale, con vetrine di primo piano come le fiere a Londra e Berlino

E i risultati si vedono: mentre in passato nella zona andavano per la maggiore le attrazioni "puntuali" come le sorgenti termali o le brevi fughe dalla vita stressante dei capoluoghi, adesso sempre più persone scelgono itinerari lunghi, in particolare in sella a una bici.

Difficile, però, parlare di numeri: "La fase due si è sviluppata a cavallo dell'emergenza pandemica ed è finita poco dopo il suo culmine, nel febbraio 2021. Per cui le indagini dettagliate che avremmo voluto fare a fine progetto non sono state possibili".

Di sicuro, i siti storici e naturalistici hanno registrato alla fine del progetto circa 4500 visite in più. Un altro risultato notevole, continua Ivek, è stata la risposta del settore privato: "Il settore si è come risvegliato e sempre più persone hanno iniziato ad aprire agenzie e attività commerciali legate al ciclismo". Il turismo attivo, spiega, "offre nelle aree interessate benefici a tutto tondo, dall'aumento della spesa da parte dei visitatori alla creazione di posti di lavoro allo sviluppo delle piccole e medie imprese, che contribuiscono allo sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale di un'economia locale, migliorando così la qualità di vita complessiva di residenti e visitatori".

Per quanto riguarda l'equitazione, spiega, è però più difficile parlare di un aumento dei numeri rispetto a quelli del ciclismo: "Per fare un percorso lungo a cavallo devi essere già in grado di farlo. Per questo i maneggi in una regione come lo Zagorje non sono aumentati, ma lavorano meglio".

A diciassette anni dal concepimento del progetto, il turismo in bici e a cavallo ha imparato a stare in piedi sulle sue gambe. Un rischio, però, sussiste: quello che i territori riavvicinati dal progetto tornino a guardare ognuno dalla sua parte. "Le regioni hanno imparato a puntare in maniera massiccia sul turismo lento e attivo. Però lo stanno facendo soprattutto puntando sui rispettivi brand, compreso lo Zagorje. C'è ancora una certa paura a guardare oltre confine, verso realtà più ampie".

 

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Questo materiale è pubblicato nel contesto del progetto "Energy4Future" cofinanziato dall’Unione europea (Ue). L’Ue non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa. Vai alla pagina "Energy4Future"


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