Si apre domani la 67° Berlinale. Tra i paesi dei Balcani e del Caucaso soprattutto film dalla Romania e dalla Georgia. Una rassegna
Poca Italia, la solita Romania a correre per un altro premio importante, tre film dalla piccola ma cinematograficamente influente Georgia e un paio di film dall'area dell'ex Jugoslavia. Se in chiave tricolore la 67° Berlinale in programma da 9 al 19 febbraio si presenta molto povera, l'area Balcani e Caucaso è abbastanza rappresentata in una manifestazione che per tradizione è attenta a questa parte del pianeta. Nel complesso l'edizione 2017 non si annuncia esaltante, con pochi nomi di sicuro richiamo: tra i film più attesi “T2 Trainspotting” di Danny Boyle, “Final Portrait” di Stanley Tucci con Geoffrey Rush, che ritirerà il premio Berlinale Kamera, e “The Lost City of Z” James Gray.
Solo due gli italiani presenti nel programma: la costumista Milena Canonero riceverà l'Orso d'oro alla carriera, con un omaggio in dieci film realizzati con Stanley Kubrick, Francis Ford Coppola e altri grandi, e “Call Me by Your Name” di Luca Guadagnino sarà presentato nella sezione Panorama. Tra le 10 Shooting Star, gli attori europei in rampa di lancio, ci saranno il romeno Tudor Aaron Istodor (“The Fixer”), la slovena Maruša Majer (“Ivan”) e l'italiano Alessandro Borghi (esploso con “Non essere cattivo”).
In concorso, tra i 18 in lizza per l'Orso d'oro tra i quali spicca “The Other Side Of Hope” del finlandese Aki Kaurismaki, c'è “Ana, mon amour” di Călin Peter Netzer. Il regista romeno potrebbe fare il bis del premio vinto con “Il caso Kerenes – Pozitia Copilului” nel 2013: stavolta è la storia di una coppia innamorata il cui legame è messo in crisi dalla malattia mentale di lei. Gli altri due film, entrambi premiati nei festival, nella carriera del quarantunenne regista sono “Maria” (2003) e “Medalia de onoare” (2009).
Nella sezione Panorama c'è “Hostages”, coproduzione Russia, Georgia e Polonia, quinto lungometraggio di Rezo Gigineishvili con Merab Ninidze (visto ne “Il ponte delle spie” e “Under Electric Clouds”), Darejan Kharshiladze, Tina Dalakishvili, Irakli Kvirikadze. Ancora il debutto “Kaygı - Inflame” del turco Ceylan Özgün Özçelik con Algı Eke e Özgür Çevik: una trentenne, dopo aver vissuto per svariate notti lo stesso incubo, si chiede se i suoi genitori siano davvero morti in un incidente stradale. Coproduzione tra ben cinque paesi - Serbia, Bulgaria, Macedonia, Russia e Francia - è “Rekvijem za gospodju J. - Requiem for Mrs. J.”, secondo film di Bojan Vuletić (che aveva esordito nel 2011 con “Praktican vodić kroz Beograd sa pevanjem i plakanjem”), una commedia con Mirjana Karanović, Jovana Gavrilović, Danica Nedeljković e Vučić Perović. Un ritorno che merita attenzione è quello della macedone Teona Mitevska (nota per “Jas sum od Titov Veles- I am from Titov Veles” e “The Woman Who Brushed Off Her Tears”) con “When the Day Had no Name”, coproduzione Macedonia, Belgio e Slovenia, con Leon Ristov, Hanis Bagashov, Dragan Mishevski e Stefan Kitanovic.
Nella sezione Forum è molto atteso “Chemi bednieri ojakhi - My Happy Family” di Nana Ekvtimishvili e Simon Gross, produzione Francia, Georgia, Germania. Tre generazioni di una famiglia sotto lo stesso tetto raccontati dalla coppia di registi che cercano il bis del bellissimo “In Bloom”, rivelazione della Berlinale del 2013. Selezionato anche il documentario “Mzis qalaqi - City of the Sun” dell'altro georgiano Rati Oneli.
Nella sezione Generation dedicata ai ragazzi c'è la coproduzione tra Ucraina e Germania “Shkola nomer 3 - School Number 3” di Yelizaveta Smith e Georg Genoux. Un documentario su paure e speranze di 13 adolescenti di una scuola ricostruita del Donbass, con la guerra che si avverte in lontananza. Nella stessa sezione anche i corti “U Plavetnilo - Into the Blue” di Antoneta Alamat Kusijanović, coproduzione Croazia, Slovenia, Svezia, e “Li.le” della georgiana Natia Nikolashvili.
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