A sessant'anni dalla firma dei Trattati di Roma una riflessione su Unione europea, diritti delle donne e democrazia

(Pubblicato originariamente da esharp.eu)

Probabilmente è un fatto sconosciuto a molti ma l’uguaglianza di genere è parte integrante della storia dell’Unione Europea sin dal suo principio come valore fondante nonché come politica, sancita dal Trattato costitutivo della Comunità Economica Europea. L’articolo 119 del Trattato di Roma stabilì il principio di parità di retribuzione a parità di lavoro per donne e uomini. Nonostante l’obiettivo dell’articolo, al tempo, fosse quello di armonizzare i costi del lavoro, l’articolo rientrava nella fase di espansione dei diritti umani di uomini e donne avviatasi nel secondo dopoguerra.

La promozione dell’uguaglianza di genere nell’Unione Europea è stato un percorso lungo e difficile. I diritti del lavoro delle donne faticano a far valere la parità di retribuzione e l’assenza delle donne nei consigli direttivi è impressionante tanto quanto ampia. Mentre in teoria esistono numerose iniziative europee che si sforzano di rendere mainstream la questione di genere - assicurando che “tutte le fasi del processo politico (definizione, pianificazione, implementazione, monitoraggio, valutazione e verifica) abbraccino una prospettiva di genere" - il numero basso di donne che ricoprono posizioni decisionali, incluse di potere politico, continua a privare il processo di definizione delle politiche di prospettive di valore perlomeno differenti, se non più genderizzate.

L’anniversario del Trattato di Roma offre l’opportunità per l’Unione Europea di rinnovare l’impegno all’uguaglianza di genere specialmente in un momento in cui le donne subiscono un contraccolpo ai loro diritti in Europa e nel mondo. Lo stato di avanzamento dei diritti delle donne resta ineguale negli stessi paesi dell’Unione Europea. E ciò che più preoccupa è che sta avvenendo una loro retrocessione. In Polonia e negli Stati Uniti vengono messe in discussione le scelte riproduttive delle donne e il ruolo dello stato nella loro protezione, mentre in Russia è stata di recente decriminalizzata la violenza domestica. E’ diventato normale - di nuovo - che i dibattiti politici denigrino le donne e altre minoranze, dando legittimità a misoginia, razzismo e hate speech.

C’è bisogno di molto di più per proteggere e promuovere i diritti delle donne. Le istituzioni europee e i policy-makers europei non hanno sempre poteri legislativi in merito a questioni nazionali, nonostante siano soggetti transnazionali, tuttavia possono utilizzare metodi creativi per sostenere i diritti delle donne. La violenza (domestica) di genere è un’area che rientra in queste competenze limitate dell’Unione Europea ma è di grande rilevanza in Europa dove 1 donna su 4 ha subito violenza. L’UE potrebbe spingere gli stati membri e le loro istituzioni a raccogliere e condividere in modo più rigoroso dati sulla violenza domestica e richiedere un’armonizzazione dei metodi di acquisizione dei dati. Alcuni stati membri registrano progressi più accentuati di altri nella promozione dell’uguaglianza di genere: l’UE è allora il posto giusto e sarebbe un esempio a livello mondiale nella condivisione delle migliori pratiche e per promuovere una revisione tra pari delle iniziative volte a combattere in modo efficace la violenza di genere. Definire degli standard nella collaborazione tra vari settori (applicazione della legge, giustizia e servizi alla salute per esempio), è una modalità attraverso la quale l’UE potrebbe rinvigorire il proprio impegno.

Tuttavia, le istituzioni non sono i soli agenti di cambiamento. Una reale opportunità risiede nell’alleanza tra gruppi della società civile e istituzioni per agire insieme e combinare gli sforzi e l'impatto. Quando nell’autunno del 2016 il governo polacco provò a cambiare in chiave anti-aborto la legislazione, numerose cittadine e cittadini polacchi e organizzazioni reagirono mettendo in atto proteste pubbliche. La stessa commissaria Jourova contribuì alla protesta presentandosi al Parlamento europeo vestita di nero come le manifestanti e condannando l’azione del governo polacco. Il legame creatosi tra la mobilitazione delle donne e le lotte passate per la libertà in Europa centrale ha dato alla protesta un significato più ampio, contribuendo al suo successo. In un momento in cui le società diventano sempre più frammentate e le élite soffrono di una crisi di fiducia, creare alleanze tra diversi attori e istituzioni è cruciale per assicurare che la lotta per i diritti delle donne (e per società democratiche più inclusive) continui ad essere sostenuta.

L’anniversario del Trattato di Roma giunge in un momento in cui non è più possibile dare per scontate le nostre democrazie e i diritti dei cittadini e delle cittadine. In Europa, le donne al potere o vicine ad esso possono giocare un ruolo strumentale per assicurare che l’ideale europeo continui a focalizzarsi sui propri cittadini e cittadine e ricordi alle persone che la questione di genere e i diritti delle donne hanno un ruolo fondamentale nel mantenere le società luoghi sicuri, pacifici e di prosperità.

La partecipazione equilibrata di donne e uomini è un requisito essenziale per la democrazia. L’Europa, e noi che ne siamo parte, può rivestire un ruolo di modello nell’assicurare la definizione, promozione e protezione dei diritti delle donne nell’UE e nel mondo; nel promuovere politiche che mirano alla creazione di eguali opportunità; nella rimozione di tutte le forme di violenza e della violenza di genere; nell’implementazione e ulteriore sviluppo della diffusione della questione di genere in tutti i settori delle politiche europee; nei controlli e nell’implementazione dei trattati internazionali e delle convenzioni che interessano i diritti delle donne. Tutti e tutte noi abbiamo una responsabilità e un’opportunità per reimpegnarci!

Questa pubblicazione/traduzione è stata prodotta nell'ambito del progetto Il parlamento dei diritti, cofinanziato dall'Unione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea.


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