Recentemente il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sul pluralismo e la libertà dei media. Quanti hanno votato a favore e quanti contro? C'è stato un impatto geografico sul voto? E ideologico? Una breve analisi
Il 3 maggio 2018 il Parlamento europeo ha approvato una la risoluzione dedicata al pluralismo e alla libertà dei media nell'Unione europea.
Il testo del documento – che muove da crescenti preoccupazioni in seno al Pe sulla sempre maggiore concentrazione della proprietà dei media in diversi paesi europei, sugli omicidi dei giornalisti Daphne Caruana Galizia e Jan Kuciak, e sulle sempre maggiori difficoltà per i giornalisti di svolgere appieno il proprio lavoro – affronta, tra le varie questioni, i rischi connessi al mondo digitale come il bullismo online e la pedopornografia; il suo potenziale diffusivo di disinformazione e discorsi d’odio; inoltre inquadra i giornalisti e i whistleblowers - o informatori civici - come soggetti che le istituzioni europee dovrebbero tutelare direttamente a motivo del loro fondamentale ruolo per la difesa dei valori europei di libertà, pluralismo e cittadinanza.
Centro e periferie dell'Europa
La risoluzione è passata ad ampia maggioranza, con il 75,66% di voti favorevoli, 17,67% astenuti e 6,67% di contrari.
I più compatti nel votare contro e nell'astenersi sono stati i Conservatori e Riformisti europei (ECR), con solo un 9,52% di voti favorevoli, un 17,46% di voti contrari e ben 73,02% di astenuti e ancora di più il gruppo Europa delle Nazioni e della Libertà (ENF), con un 21,88% di contrari e un 78,13% di astenuti.
Il voto spacchettato per appartenenza nazionale evidenzia che la maggioranza di chi ha votato contro o si è astenuto è da ricercarsi tra i parlamentari europei di Regno Unito, Polonia, Ungheria e Slovacchia e, in numero minore, Grecia. Un dato che sembra evidenziare come vi sia nel consesso europeo un "centro" più coeso dal punto di vista ideologico e una "periferia" che contesta al centro l'intenzione di erodere la sovranità nazionale e imporre una gerarchia di valori non condivisa da tutti.
Gli europarlamentari
Il testo finale della Risoluzione è stato votato con commenti favorevoli per l'importanza e l'urgenza dei temi affrontati, ma come spesso accade, al termine dei vari passaggi è risultato, nell'arrivo finale in aula, indebolito rispetto alle intenzioni iniziali della relatrice Barbara Spinelli.
Lo ha sottolineato in modo netto durante il dibattimento l'europarlamentare spagnola Estefanía Torrez Martines, del gruppo Sinistra Unitaria Europea/Sinistra Verde Nordica (GUE-NGL) a cui ha fatto eco il portoghese João Ferreira, che si è astenuto dal voto sostenendo che non si affrontasse adeguatamente il problema della concentrazione della proprietà dei media. Dello stesso gruppo ma dall'Irlanda, il parlamentare Matt Carthy ha posto l'attenzione sul problematico equilibrio tra diritto di espressione e contrasto alle "fake news", sollevando il rischio di un eccesso di sorveglianza e autoritarismo, a scanso dei quali ha invocato l'applicazione di garanzie istituzionali quali la sorveglianza della magistratura.
Nel gruppo dei Socialisti e Democratici ha rimarcato l'identità dell'Unione europea quale "comunità di valori" con al centro l'essere umano il cipriota Demetris Papadakis, che ha commentato anche che "la società digitale ha trasformato il cittadino da consumatore a fabbricatore di notizie e ne è nata una nuova forma di democrazia partecipativa; tale dialogo democratico dev'essere tutelato, quindi ben venga la risoluzione proposta"
Nello stesso gruppo l'europarlamentare slovacca Monika Benova e l'italiano Nicola Caputo hanno sottolineato il ruolo di giornalisti e media quali attori cruciali per il pluralismo e la libertà nella società mentre i colleghi romeni Doru-Claudian Frunzulica e Maria Grapini hanno richiamato all'equilibrio tra la libertà di espressione e la responsabilità di coloro che producono informazione. A favore della previsione di tutele attive per giornalisti e whistleblowers si sono schierati l'eurodeputato francese Edouard Martin e la romena Maria Gabriela Zoana, che ritiene giusto prevedere a tale scopo lo stanziamento di risorse Ue
I liberali di ALDE, come visto, hanno votato quasi tutti a favore. Il MEP francese Jean Arthuis ha sottolineato le varie forme assunte dalle violenze subite dai giornalisti, spia della crescente erosione dei loro diritti; il catalano Ramon Tremosa i Balcells ha puntato il dito esplicitamente contro gli stati membri e i soggetti privati come attentatori alla libertà e pluralismo dei media, affermando che tali attacchi si rivelano poi anche minacce ad alcune grosse comunità dentro gli stati, come i catalani in Spagna o i migranti in Polonia.
In seno al Partito dei Popolari c'è stata positiva coesione rispetto alle logiche da cui muove e alle proposte della risoluzione; è uscito dalle fila tra gli altri l'ungherese Andrea Bocskor che si è astenuta dal voto ed ha denunciato nelle proposte del testo la presenza di un bersaglio politico specifico contro Ungheria e Polonia.
Astenuti e contrari
Pareri più negativi vengono dal gruppo dei Conservatori e Riformisti. Si è astenuto ad esempio lo slovacco Richard Sulik, che ha sottolineato di ritenere necessario che della materia si occupino gli stati membri, sostenendo al contempo che lo stato non dovrebbe interferire con la questione della proprietà dei media. Un'altra nota critica arriva dalla croata Ruža Tomašić, secondo cui l'Ue dimostra scarsa attenzione rispetto alle fatiche specifiche di questi paesi rispetto a sfide come la libertà dei media, e di conseguenza ha optato per l'astensione.
Ancora più critici i commenti dei membri di Nazioni e Libertà, che hanno votato no o si sono astenuti. Ha prevalso la valutazione della risoluzione come di una misura di contrasto politico a determinati partiti europei. Lo hanno sottolineato ad esempio i MEP francesi Marie-Christine Arnautu e Bernard Monot che si sono astenuti, sollevando anche la questione che gli stessi giornalisti siano spesso attori politici.
In seno al gruppo Europa della Libertà e della Democrazia Diretta si è registrata in proporzione l'opposizione maggiore alla risoluzione: dei suoi membri, il 48% ha votato contro. Tra questi, l'inglese Jonathan Arnott, che pur dicendosi a favore della libertà dei media ha espresso la propria sfiducia nella capacità dell'UE di tutelarla ritenendo che su tale materia l'UE non dovrebbe interferire con la sovranità nazionale. Dello stesso gruppo ma a favore della risoluzione si sono schierati gli italiani Ignazio Corrao e Laura Ferrara, sottolineando in particolare l'importanza di garantire aspetti quali l'accesso a internet, la salvaguardia della privacy, la neutralità della rete e l'indipendenza dell'editoria.
Questa pubblicazione/traduzione è stata prodotta nell'ambito del progetto Il parlamento dei diritti, cofinanziato dall'Unione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea.
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