In base al rapporto 2019-2020, Amnesty International ha pubblicato la panoramica regionale dedicata alla situazione dei diritti in Europa. Emerge che i governi hanno violato i diritti delle persone reprimendo sempre più severamente le proteste, cercando di intaccare l’indipendenza del sistema giudiziario e mettendo sotto pressione difensori dei diritti umani e giornalisti
Fonte: Amnesty International
Nota: questa è la quinta di sei panoramiche regionali sulla situazione dei diritti umani nel 2019, realizzate dal Segretariato Internazionale di Amnesty International. Le precedenti hanno riguardato le regioni Asia e Pacifico, Medio Oriente e Africa del Nord, Americhe, Africa Subsahariana. Le panoramiche saranno tradotte e pubblicate da Amnesty International Italia nel suo Rapporto 2019-2020.
È stato pubblicato di recente il rapporto di Amnesty International sull’Europa: i governi europei e quelli dell’Asia centrale hanno violato i diritti delle persone reprimendo sempre più severamente le proteste e cercando di intaccare l’indipendenza del sistema giudiziario per evitare di dover rispondere del proprio operato.
L’organizzazione ha elogiato le persone coraggiose scese in strada per difendere i propri diritti e quelli degli altri ma ha anche denunciato che i governi continuano a perpetrare violazioni dei diritti umani impunemente in tutta la regione.
“Nel 2019, in Europa e Asia centrale le persone hanno subito minacce, intimidazioni e accuse, sono state oggetto di uso eccessivo della forza da parte della polizia e sono state discriminate. Tuttavia, la mobilitazione locale di persone coraggiose che hanno osato opporsi e chiedere che gli stati rispondessero delle proprie azioni offre uno spiraglio di speranza per il futuro“, ha dichiarato Marie Struthers, direttrice di Amnesty International per l’Europa.
L’indipendenza del sistema giudiziario sotto minaccia
In Polonia, l’indipendenza del sistema giudiziario, fondamentale per garantire processi equi e per la difesa dei diritti umani, è stata sfrontatamente minacciata da parte del partito al potere con azioni volte a controllare giudici e tribunali.
Giudici e procuratori si sono ritrovati a rischiare un procedimento disciplinare per aver fatto sentire la propria voce in difesa del sistema giudiziario e di diventare a loro volta vittime di violazioni dei diritti umani. Molti sono stati oggetto di campagne diffamatorie sui mezzi di comunicazione di stato e sui social.
Sono altresì aumentate le preoccupazioni sull’indipendenza del sistema giudiziario in paesi quali l’Ungheria, la Romania e la Turchia. I giudici ungheresi hanno ricevuto attacchi da più direzioni con continui tentativi da parte del governo di minare l’indipendenza del sistema giudiziario. A maggio, la Commissione europea ha ammonito la Romania ad affrontare le interferenze dell’esecutivo con il potere giudiziario o avrebbe rischiato una sospensione di alcuni diritti di stato membro per la violazione reiterata dei valori fondanti dell’Unione europea. In Turchia, il parlamento ha approvato un pacchetto di riforme giudiziarie, che non sono riuscite ad arginare la grande pressione politica sul sistema giudiziario o a mettere fine ad accuse e condanne inique e con motivazione politica.
Libertà di riunione pacifica
Nel 2019 gli stati hanno posto pesanti restrizioni alle dimostrazioni in Francia, Polonia e Turchia, mentre molti altri stati hanno avviato procedimenti penali sui dimostranti e tribunali indipendenti che sono stati fondamentali per salvaguardare le libertà individuali quando l’ingerenza dello stato è diventata eccessiva.
Si sono svolte importanti manifestazioni contro le misure di austerità e contro la corruzione, in difesa della giustizia sociale e dell’indipendenza del sistema giudiziario in numerosi paesi in tutta Europa, fra cui Austria, Francia, Polonia, Romania, Repubblica Ceca e Ungheria. Proteste e scioperi per chiedere con forza ai governi di prendere le misure contro il cambiamento climatico sono divenuti un appuntamento ricorrente nelle principali città europee.
Molti stati hanno represso le manifestazioni violando i diritti alla libertà di riunione pacifica e di espressione. In Francia, Austria e Spagna centinaia di persone sono rimaste ferite durante gli scontri con la polizia. La polizia ha fatto ricorso all’uso eccessivo della forza in Francia e ha interrotto con violenza assembramenti pacifici in Turchia, dove il divieto assoluto di assembramenti è stato spesso utilizzato per negare il diritto alla libertà di assemblea pacifica. Gli stati spesso falliscono nel portare le proprie forze di sicurezza di fronte alla giustizia per rispondere delle violenze commesse durante le proteste.
Le autorità polacche hanno attaccato o rimosso alcuni giudici impegnati in casi relativi alle proteste.
A Mosca e in altre città della Russia il più alto numero di dimostranti pacifici da molti anni a questa parte ha protestato contro il diniego delle autorità di consentire ai candidati dell’opposizione di partecipare alle elezioni comunali. La conseguente repressione ha portato alla condanna penale di una ventina di partecipanti, solo per aver esercitato il proprio diritto di protesta.
“La rappresaglia nei confronti di coloro che hanno preso parte alle proteste di massa a Mosca ha dato avvio a una campagna di solidarietà senza precedenti che segnala l’ulteriore risveglio della consapevolezza dei diritti umani e del potere del popolo in Russia“, ha commentato Marie Struthers.
Le migrazioni
Gli stati europei continuano a evitare di rispondere delle violazioni dei diritti umani che derivano dalle politiche migratorie che “esternalizzano” il controllo delle frontiere a paesi con una dubbia situazione in materia di diritti umani. Nel 2019, le politiche in tema di migrazioni hanno continuato a dare priorità alla protezione delle frontiere piuttosto che a quella delle vite umane. I paesi europei hanno continuato a cooperare con la Libia per contenere migranti e richiedenti asilo nel paese, nonostante il peggioramento dello stato della sicurezza nell’area.
A novembre, il governo italiano ha prolungato con la Libia, di altri tre anni, il suo accordo relativo ai migranti nonostante le costanti prove di sistematiche violazioni dei diritti umani, tra cui le torture nei centri di detenzione libici.
Le segnalazioni di gravi violazioni dei diritti umani nei confronti di richiedenti asilo e rifugiati, unitamente alla reiterata negazione di accesso alla protezione, non hanno portato l’Unione europea a recedere dall’accordo Ue-Turchia del 2016, stretto per frenare le migrazioni. Prima dell’incursione della Turchia nel nordest della Siria nell’ottobre 2019, Amnesty International aveva condotto decine di colloqui secondo i quali centinaia di siriani sarebbero stati deportati dalla Turchia tra maggio e settembre, con presunti “rientri volontari“. L’accordo sta anche provocando un sovraffollamento senza precedenti nei centri delle isole dell’Egeo, dove decine di migliaia di persone vivono in condizioni di indigenza.
Difensori dei diritti umani sotto attacco
Società civile, giornalisti e persone responsabili di aver chiesto ai governi di rispondere del proprio operato hanno subito pressioni.
“I difensori dei diritti umani, i giornalisti, le Ong e coloro i quali si sono impegnati per una società più equa e giusta sono stati i più bersagliati delle repressioni dei governi nel 2019“, ha detto Marie Struthers.
“Il loro lavoro per far rispondere le autorità del proprio operato sarà ancora più fondamentale durante la crisi del Covid-19 e nel periodo successivo ad essa. L’umanità e la solidarietà che mostrano nei confronti delle persone più emarginate della nostra società sono necessarie ora più che mai e continueranno a essere indispensabili durante la ripresa post Covid-19“, ha concluso Marie Struthers.