Sfide europee: difendere il giornalismo, proteggere gli informatori

10 ottobre 2017

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"Difendere giornalisti in pericolo: solidarietà, sostegno e protezione”. Questi il titolo e i temi della conferenza che l’European Centre for Press and Media Freedom (ECPMF) – consorzio di cui OBCTranseuropa è membro fondatore – ha organizzato a Lipsia il 5 ottobre scorso. Un’occasione di confronto internazionale su una tematica senza confini qual è la libertà d’espressione al tempo di internet.

Aprendo i lavori, i rappresentanti OSCE Harlem Désir e Frane Maroevic hanno ricordato come il problema della libertà di stampa non possa risolversi all’interno della sfera statale: “Non è compito dei governi stabilire cosa sia una ‘fake news’ – ha dichiarato Maroevic –, e al contempo il problema della diffusione di notizie non attendibili non verrà risolto finanziando i diversi social media. Autoregolamentazione non può significare che ogni social network si regola da sé, bisogna creare corpi intermedi e istituzioni: spetta anzitutto ai giornalisti trovare una soluzione e ricreare rispetto attorno alla loro professione”.

Ad animare il primo panel le testimonianze di giornalisti sul campo: la presentatrice greco-svedese Alexandra Pascalidou ha condiviso con il pubblico le minacce che subisce dall’età di 25 anni a causa delle proprie origini – “sono la testimonianza vivente del fatto che la libertà d’espressione riguarda anche i paesi democratici come la Svezia” –; il reporter greco Will Vassilopoulos ha presentato il proprio lavoro sulle migrazioni, partendo dai dilemmi deontologici posti dal soggetto – “la distanza tra la miseria che vivi nei campi profughi e la tua colazione in hotel crea un grande imbarazzo morale, e a volte non consente il distacco professionale necessario” –; il giornalista ucraino Aleksei Bobrovnikov ha relazionato sulle interviste raccolte nel Donbas, nelle zone grigie della guerra russo-ucraina, confessioni costate la vita a diversi suoi testimoni.

Ma come proteggere, allora, i giornalisti, i testimoni, e tutte le voci di frontiera? Dedicati ai recenti sviluppi giuridici in materia di protezione degli informatori e alla ricerca di soluzioni pratiche, il secondo e il terzo panel hanno cercato risposte europee ai difficili interrogativi emersi dal primo. Secondo Anna Mayers, giurista e direttrice del Whistleblowing International Network , per proteggere i whistleblowers bisognerebbe anzitutto ridefinire la nozione di interesse pubblico: “Per interesse pubblico noi intendiamo cibo, ambiente, salute, capitale sociale, merito, lotta alla corruzione; materie che non sempre la ragion di stato riesce a vedere, perché parte dalla definizione di interesse pubblico come mero interesse nazionale”.

Dal canto suo, la ricercatrice kosovara Flutura Kusari ha fornito un efficace excursus giuridico, ricordando come in materia di whistleblowing a diverse iniziative di eurodeputati non sia mai seguita l’iniziativa legislativa della Commissione. A rappresentare l’esecutivo di Bruxelles, c’era in sala Georgia Georgiadou, vicepresidente dell’unità Fundamental rights policy della DG Giustizia. Incalzata dall’europarlamentare verde Benedek Jávor, che, dal pubblico, ha domandato come mai la Commissione si dimostri così lenta su un tema cruciale, Georgiadou ha risposto che l’argomento è complesso e richiede una riflessione approfondita: “Stiamo lavorando a una proposta bilanciata, a tutela del ‘whistleblowing responsabile’; è verosimile che il prossimo anno vedremo i primi risultati”.

Intanto, il prossimo 23 ottobre, il Parlamento europeo riunito in seduta plenaria sarà chiamato a votare su una proposta del gruppo Greens/EFA , che già nel maggio 2016 aveva lavorato a una bozza di direttiva in materia.

Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto European Centre for Press and Media Freedom, cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto