BERS e BEI hanno per ora sospeso i loro finanziamenti alla costruzione di una diga in Georgia. In attesa di ulteriori valutazioni sulla violazione dei diritti della comunità locale svan
(Pubblicata originariamente da OC Media il 18 settembre 2020)
Il progetto della centrale idroelettrica di Nenskra, nella regione dello Svaneti, in Georgia, è stato ritenuto "non conforme" ad una serie di standard richiesti dalla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) e dalla Banca europea per gli investimenti (BEI), due dei principali investitori coinvolti.
Altri investitori in questo progetto da 1 miliardo di dollari sono la Asian Development Bank, la Asian Infrastructure Investment Bank e la Korean Development Bank. La BERS e la BEI hanno approvato prestiti rispettivamente per 214 milioni e 150 milioni di dollari. Tuttavia, nessuna delle due istituzioni ha ancora firmato il contratto di prestito definitivo.
Nel 2018 CEE Bankwatch Network , insieme all'organizzazione non governativa georgiana Green Alternative, aveva realizzato degli studi poi esaminati dalle due istituzioni grazie alle procedure volte a valutare la conformità agli standard richiesti. Ed è a seguito di quest'analisi che le due banche hanno ora affermato che vi è una "non conformità" per quanto riguarda questioni legate alle comunità locali, all'impatto ambientale e sociale, all'acquisizione di terreni, al reinsediamento involontario e allo spostamento economico, al patrimonio culturale, alla divulgazione di informazioni e al coinvolgimento delle parti interessate.
Il progetto della diga di Nenskra
Una volta completata, la centrale idroelettrica di Nenskra sarebbe la terza centrale idroelettrica più grande del paese con una produzione di 1.200 GWh di energia all'anno. L'impianto previsto consisterebbe in una diga alta 130 metri nella parte superiore del fiume Nenskra. Convoglierebbe anche le acque del vicino fiume Nakra, che verrebbe collegato alla diga attraverso un tunnel sotterraneo.
Secondo quanto affermato da Nenskra Hydro, la società che intende costruire l'impianto e che dovrebbe gestirlo, l'energia generata aiuterebbe in modo significativo a colmare il divario energetico che la Georgia attualmente vive nei mesi invernali, importando così meno energia dall'Azerbaijan e dalla Russia e, di fatto, producendo un surplus energetico poi venduto alla Turchia.
Nenskra Hydro è stata fondata nel 2015 come joint venture del Georgian Partnership Fund gestito dallo stato e della Korean K-water gestita dallo stato coreano, che detengono rispettivamente il 10% e il 90% del progetto. K-water sarà direttamente responsabile della centrale elettrica e incamererà per 36 anni gli introiti dell'energia venduta, dopodiché la piena proprietà dell'impianto passerà gratuitamente al governo della Georgia.
‘Niente vita senza il fiume”
I villaggi di Chuberi e Nakra, popolati da comunità indigene svan , da anni protestano contro la diga. Nel marzo 2018, i rappresentanti di tutte le 17 comunità dell'Alto Svaneti si sono riuniti per discutere della centrale di Nenskra e di altri progetti idroelettrici nella regione.
La dichiarazione emessa dal consiglio richiedeva che i costruttori di dighe riconoscessero le comunità svan come popolazioni indigene che esercitano i loro diritti consuetudinari sulla terra, cosa che nella valutazione iniziale dell'impatto ambientale e sociale per Nenskra non è stato fatto.
Gari Chkhvimiani, un preside di una scuola di Chuberi, è stato attivo sin dall'inizio nel movimento di protesta contro l'impianto di Nenskra. Nel 2018, ha dichiarato a OC Media che lo terrorizzava l'idea di intrappolare il fiume Nakra in un tunnel sotterraneo: "Non c'è vita qui senza il fiume", dichiarò. “Tutto scomparirà con esso: acqua potabile, acqua di irrigazione, aria fresca. Gli alberi moriranno. Non ci sarà abbastanza acqua”.
Chkhvimiani ha anche evidenziato una mancanza di unità all'interno della comunità svan, perché alcuni avevano sostenuto l'impianto, sperando di ottenervi lavoro.
Nenskra Hydro promette di impiegare almeno 364 persone dell'Alto Svaneti durante il periodo di costruzione, ma non è stato chiarito quanti di loro manterranno il posto al termine dei lavori. Un'indagine sul campo condotta dalla rete CEE Bankwatch nelle valli di Nenskra e Nakra ha evidenziato che, a seguito della costruzione della diga, oltre 200 persone perderanno le loro case o la terra e i pascoli che utilizzano.
Giorgi Tsindeliani, abitante del villaggio di Nakra, è tra coloro che si sono rifiutati di lasciare la propria casa in cambio di un risarcimento: "Abbiamo qui le nostre terre ancestrali che loro [il governo] stanno scambiando con altri come se fossero di loro proprietà, manipolando le persone con prospettive di lavoro".
Una valutazione errata
La valutazione dell'impatto ambientale e sociale di Nenskra Hydro è stata preparata da Gamma Consulting, un'agenzia indipendente che negli ultimi anni ha lavorato alla valutazione di quasi tutti i progetti di energia idroelettrica in Georgia.
È Gamma Consulting che si è occupata anche di relazionarsi alle comunità locali in merito alle proposte progettuali.
“Abbiamo un nostro gruppo che va sul posto e fa valutazioni casa per casa. La nostra legislazione [georgiana] in relazione agli argomenti sociali è sempre stata permissiva", ha dichiarato a OC Media un portavoce di Gamma Consulting. “Noi valutiamo i rischi e poi è il governo a decidere se ne vale la pena o meno”.
I gruppi ambientalisti hanno sottolineato l'aumento del pericolo di smottamenti e inondazioni che derivano dalla deforestazione necessaria per la costruzione della diga, un problema che è diventato particolarmente acuto dopo il luglio 2018, quando inondazioni hanno distrutto case e strade nel villaggio di Chuberi, nell'Alto Svaneti.
Gli esperti di Gamma Consulting che hanno parlato con OC Media hanno sostenuto che la diga, al contrario, potrebbe prevenire tali casi in futuro - e che in ogni caso tali pericoli sono avvenimenti naturali nelle zone montuose e non possono essere prevenuti del tutto, ma solo mitigati.
Cosa accadrà ora?
La costruzione della centrale idroelettrica di Nenskra è stata sospesa da quando la società di costruzioni Salini Impregilo ha lasciato il progetto nell'ottobre 2018.
Dato Chipashvili, coordinatore del Programma per le istituzioni finanziarie internazionali di Green Alternative, ha dichiarato a OC Media che spera che anche gli ultimi sviluppi ora ne ritardino la costruzione: "L'indagine del meccanismo di reclamo è stata piuttosto approfondita. Ha incluso non solo ricerche dettagliate sulla relazione da noi fornita ma anche visite in loco e incontri con le comunità Svan. Ha messo in chiaro che al progetto è stato dato via libera senza una ricerca approfondita sul fatto che si fossero soddisfatti gli standard delle banche relativi alle comunità indigene”.
Se tali ricerche fossero state fatte, ha ricordato l'attivista, si sarebbe realizzato che le banche avrebbero dovuto ricevere il permesso dei residenti locali prima ancora dell'inizio del progetto. La BERS e la BEI saranno ora costrette ad attuare un piano di gestione che deve tentare di porre rimedio alla situazione.
Chipashvili ha insistito sul fatto che l'intero processo non è semplicemente una formalità e che oltre ad assumere un esperto di popolazioni indigene e un etnografo locale, le banche dovranno anche lavorare con un rappresentante del consiglio locale degli anziani.
Fortunatamente nessuna delle banche ha effettivamente dato il via libera al finanziamento del progetto. “Hanno confermato i prestiti ma non sono ancora stati firmati contratti – conclude Chipashvili - altrimenti, sarebbe molto più difficile fermare l'intero processo”.
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